
Secondo il primo dei due racconti della creazione contenuti nei primi due capitoli della Genesi, caratterizzati dalla profonda diversità l’uno dall’altro, Dio, dopo aver creato tutti gli animali sia acquatici che terrestri, decise di procedere alla creazione dell’uomo: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza … e Dio creava l’uomo a sua immagine, lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina e diede loro l’incarico di riprodursi e di popolare la terra di loro discendenti… E Dio formava l’uomo dalla polvere della terra e gli soffiava nelle narici l’alito della vita, e l’uomo divenne un’anima vivente”. Questo è il primo racconto nel quale è facile rendersi conto che non viene detto nulla circa le modalità della creazione dell’uomo, che è l’ultimo ad essere creato dopo tutti gli altri esseri viventi; in esso viene semplicemente detto che Dio creò l’uomo maschio e femmina.
Ma una mano anonima come quella del primo ne redasse un secondo profondamente diverso nel quale Dio questa volta specifica come procedette alla creazione dell’uomo (solo dell’uomo questa volta, senza la donna); rendendosi conto che non era bene che l’uomo stesse solo (ma non aveva creato anche la donna in contemporanea?) decise di fargli avere una nutrita compagnia e procedette alla creazione del mondo animale che, nel primo racconto, era già stato creato prima ancora che l’uomo venisse all’esistenza, mentre nel secondo gli animali vengono creati dopo Adamo al quale viene affidato il compito di dar loro un nome. Poi, trascurando il fatto che la donna era già stata creata insieme ad Adamo e che aveva avuto l’incarico di generare prole per riempire la terra, dimentico di questo fatto, Dio procedette alla creazione della donna che, questa volta, non fu tratta dalla polvere della terra come nel caso di Adamo, ma fu tratta da una sua costola nel corso di un intervento chirurgico in anestesia totale, durante il quale essa fu tratta dal corpo dell’uomo.
Adamo ed Eva ebbero poi un altro figlio, chiamato Set, in sostituzione di Abele, ucciso da suo fratello, e non vi è alcuna menzione della creazione di altri esseri umani, per cui rimane irrisolta la domanda su chi fossero gli abitanti del paese di Fuga dai quali Caino prese moglie, e su chi fossero le persone di cui Caino aveva paura che incontrandolo lo uccidessero, confermando così che in qualche modo a noi non noto, e nemmeno agli estensori della narrazione biblica, la terra era popolata di persone che non erano figli della prima e unica coppia umana. Da dove provenivano? È possibile ipotizzare che si trattasse di una specie umana venuta all’esistenza senza l’intervento divino, per esempio i Neanderthal? Ma queste sono solo ipotesi che lasciano il tempo che trovano dato che il racconto biblico è così pieno di contraddizioni che è praticamente impossibile trarne una narrazione coerente.
È anche interessante notare che, prima della stesura del racconto della Genesi, stesse saghe esistevano presso diversi popoli della terra, vissuti secoli prima che venisse all’esistenza il popolo ebraico fondato dal patriarca Abramo. Esistono racconti della creazione dell’uomo nelle leggende babilonesi, in quelle greche, in quelle egizie e persino fra gli aborigeni australiani che difficilmente avrebbero potuto avere contatti con gli eruditi ebrei che avevano dato alla luce il loro racconto. Ed esistevano ancor prima della nascita stessa della Bibbia. Lo stesso può dirsi di altre storie contenute nel Libro dei Libri. Per esempio, nelle leggende dell’antica Grecia la storia di Mosè o l’episodio di un eroe abbandonato nell’infanzia e miracolosamente tratto in salvo affinché sopravviva e realizzi il suo glorioso destino si trova ripetutamente. Sono innumerevoli, pertanto, gli episodi che molti ritengono esclusivi della narrazione veterotestamentaria, ma che invece sono patrimonio di molti popoli vissuti prima che Israele venisse all’esistenza, e che hanno tutti una matrice in comune, anche se differiscono nei particolari. Come spiega Mario Nordio in La Bibbia, “il mito è uno dei più importanti e significativi del Genesi … I miti biblici, come tutti i miti del mondo, nascono da una domanda di sacro e tendono a darle una risposta. Ciò che li rende «diversi» dagli altri è la loro «non genuinità». Essi non appartengono al patrimonio culturale dei figli d’Israele, o nella migliore delle ipotesi, non alla loro cultura già strutturata ma sono importati dalle tradizioni accadiche, assire, egiziane … sono cioè miti che, essendo patrimonio culturale e religioso dei popoli vicini a Israele, vennero assimilati nell’Antico Testamento”.
È evidente, nella redazione dei due racconti di Genesi, che essi sono in contraddizione fra loro, e che chi si assunse il compito di fonderli insieme non si curò affatto di armonizzarli l’un l’altro ma li assemblò così come li aveva ricevuti da documenti precedenti, anch’essi redatti da mani anonime, probabilmente nel VI secolo a.C. durante l’esilio babilonese del popolo ebraico. Gli studiosi generalmente ritengono che il libro non fu scritto da un singolo individuo, ma che, come il resto del Pentateuco, provenga da diverse antiche fonti, ciascuna composta in epoche differenti nel corso della storia dell’antico Israele, ed edite insieme in una singola narrazione nel sesto secolo a.C., circa 700 anni dopo la morte di Mosè. Tutto questo, secondo la cronologia biblica, nella quale una parte considerevole del genere umano ripone la massima fiducia, avrebbe dovuto aver luogo all’incirca 6.000 anni fa, ovvero 4.000 anni prima della nascita di Cristo. Una non insignificante differenza, visto che secondo il pensiero concorde dei paleoantropologi, l’uomo (Homo Sapiens) comparve per la prima volta in Africa circa 200.000 anni fa e si trasferì in Europa 40.000 anni fa, continente nel quale da circa 300.000 anni già viveva una specie umana molto simile a quella moderna e molto più antica d’essa, che fu chiamata “uomo di Neanderthal” i cui antenati anch’essi provenivano dall’Africa, la terra madre di tutte le specie umane; quindi dobbiamo supporre, anche se nelle Scritture non esiste alcuna indicazione geografica precisa, che il “giardino d’Eden” fosse una località del continente africano e non del medio oriente come spesso si è giunti a pensare.
Vi fu quindi un lungo periodo di vita in comune fra i neanderthaliani e i Sapiens, durante il quale non vi è dubbio che, essendo entrambi specie umane, erano interfertili e diedero origine a una progenie mista contenente i geni di entrambe le specie, che si rintracciano chiaramente ancor oggi nel genoma umano. Possiamo pertanto dire con Giorgio Manzi (L’ultimo Neanderthal racconta) che “i Neanderthal sono ancora qui”. E se lo sono adesso ciò è vero ancor di più decine di migliaia di anni fa, quando “Adamo” s’incontrò con loro e ci convisse per migliaia d’anni, a dimostrazione che egli non fu una creazione speciale, ma un rappresentante della specie dominante che rimase sola sulla terra dopo l’estinzione dei Neanderthal. Essendo, quindi, i racconti della creazione scientificamente inattendibili, si può estendere alla narrazione genesiaca l’antico proverbio latino “Falsum in uno, falsum in toto”, che si applica ai primi capitoli della Bibbia, compresa la narrazione del Diluvio universale.
Ciò che bisogna aver chiaro nel leggere il racconto genesiaco è che il libro della Genesi non è un libro di scienze e che i suoi autori non avevano la minima conoscenza della narrazione scientifica moderna riguardante come l’universo e la vita umana vennero all’esistenza secondo la testimonianza delle rocce e dei fossili, né della fisica quantistica. Si tratta semplicemente di un antico libro con un punto di vista che rispecchia l’era in cui fu scritto, certamente non un libro di scienze attuale. Nonostante alcuni fra gli strenui difensori della veridicità letterale della Bibbia insistano sul cosiddetto “disegno intelligente”, che vorrebbe che i cosiddetti giorni creativi fossero in realtà periodi geologici di milioni di anni, la realtà è che la Bibbia dice: “E fu sera e fu mattina, il primo giorno” e, poiché anche gli antichi ebrei avevano un giorno di 24 ore, quando il racconto dice primo, secondo o terzo giorno, intende dire giorni di 24 ore come oggi ancora li calcoliamo.
Abbiamo parlato di discrepanze nel racconto biblico che — teniamolo ben presente — non è una narrazione scientifica, ma la storia della fede di un popolo e, quando si parla di fede, la scienza dev’essere messa da parte. Si prenda, per esempio, il fatto che “la sera e la mattina” in questo racconto ebbero luogo prima che fossero creati il sole, la luna, le stelle e la vita vegetale, ed è noto a tutti che senza la luce del sole nessuna vita vegetale è possibile. Come abbiamo già detto, anche la narrazione del Diluvio è del tutto inattendibile perché una terra interamente coperta d’acqua è fisicamente impossibile a prescindere da quanta pioggia cada, ed in pieno contrasto con le registrazioni geologiche. Sull’argomento si è espresso significativamente James George Frazer, autore del notissimo Ramo d’oro, il quale nel suo Foklore nell’Antico Testamento scriveva: “dev’essere dunque considerata semplicemente una favola”. D’altra parte non è solo la Bibbia che ci parla di un diluvio che coprì l’intera terra, perché questo racconto è diffuso in quasi tutte le civiltà antiche, con le opportune varianti ma con lo stesso risultato. Tra tutte le leggende di un diluvio universale riscontrabili nella letteratura, la più antica è certamente quella babilonese o piuttosto quella sumerica, poiché sappiamo ora che, per quanto fosse antica la versione babilonese della storia, i babilonesi la ereditarono dai loro ancor più antichi predecessori, i sumeri, dai quali gli abitanti semitici di Babilonia pare abbiano tratto i principali elementi della loro civiltà. E poiché, come abbiamo visto, si ritiene che le Scritture Ebraiche furono composte da eruditi ebrei durante l’esilio babilonese, anche la narrazione del diluvio entrò a far parte dell’Antico Testamento, insieme agli altri miti e leggende che ne costituiscono la maggior parte.
In conclusione possiamo dire che, quando l’Adamo biblico venne all’esistenza 6.000 anni fa, la terra già pullulava di suoi simili, fra i quali i più vicini all’uomo moderno come lo conosciamo oggi, cioè il Sapiens, erano i Neanderthal, parenti molto stretti della specie che poi conquistò il mondo. Solo che la loro presenza e quella di molti altri come l’homo Heidelbergensis, risaliva a centinaia di migliaia di anni prima di Adamo che, se era solo nel giardino dell’Eden, non lo era certamente nella rimanente parte del pianeta. Quando, perciò, qualcuno insiste nell’affermare che il primo essere umano ad essere creato fu Adamo, dobbiamo tener conto che si tratta di un mito, e che non è ad una creatura mitologica che dobbiamo la nostra esistenza, ma a esseri in carne e ossa che possiamo correttamente definire “umani”, come l’uomo di Heidelberg a altri ceppi che, in seguito a lunghissimi periodi creativi, si andarono formando fino a che non comparve l’ultimo esemplare della catena: l’Homo Sapiens, che ancora costituisce la specie che popola la terra ma che non sappiamo cosa diverrà fra milioni di anni di evoluzione, che è ancora in corso.