Anche questa è Napoli?

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Foto del Parco di Villa Letizia a Barra (A. Nacarlo)

A Barra, quartiere della periferia orientale di Napoli, c’è un cancello chiuso che nessuno si decide ad aprire. Dietro, il Parco di Villa Letizia: un’area verde di oltre 20.000 metri quadrati, recuperata con fondi pubblici, pulita, sistemata e pronta per essere restituita ai cittadini. Ma i cancelli restano sbarrati, come a dire che qui, in questa parte di città, le promesse non valgono nulla. Il Parco di Villa Letizia rappresenta un emblema delle promesse mancate e dell’abbandono istituzionale che affliggono le periferie della città. Nonostante gli ingenti finanziamenti stanziati nel corso degli anni per la sua riqualificazione, il Parco rimane chiuso al pubblico, privando i residenti di uno spazio verde fondamentale per la comunità.

Eppure la residenza principesca del XVII secolo fa parte del prestigioso complesso delle Ville Vesuviane del Miglio d’Oro tutelate dalla legge n°578/1971, che ne riconosce il valore storico e ne vincola la conservazione. L’Ente Ville Vesuviane, istituito dalla stessa legge, ha il compito di restaurarle e valorizzarle, ma la mancanza di fondi e interventi concreti ha lasciato molte di queste residenze in stato di degrado.

Nel tempo, Villa Letizia e il suo parco hanno subìto un progressivo abbandono, culminato con l’occupazione dell’area da parte dei “bipiani” costruiti dopo il terremoto del 1980. Solo negli anni ’90 si iniziò a parlare di recupero, ma senza una visione integrata che tenesse conto del valore storico e culturale del complesso. Nel 2016 la Giunta comunale approvò un progetto di riqualificazione del Parco, con l’obiettivo di restituirlo alla cittadinanza. Tuttavia, i lavori iniziarono solo nel 2022, finanziati con 330.000 euro dal Piano Strategico della Città Metropolitana. Durante l’esecuzione emersero “criticità tecniche” che richiesero una variante suppletiva da 55.000 euro, causando ulteriori ritardi. Nella primavera del 2024 il Parco fu finalmente ripulito e le strutture rinnovate, ma, nonostante ciò, i cancelli rimasero chiusi, presumibilmente a causa della mancanza di personale di custodia.

Oltre al Parco, un’altra promessa non mantenuta riguarda la realizzazione di una stazione dei Carabinieri all’interno della Villa stessa. Nel 2019 il Consiglio della VI Municipalità approvò il documento preliminare per i lavori necessari all’adeguamento degli spazi destinati al presidio delle forze dell’ordine. Nel 2022 furono stanziati 506.000 euro per questo progetto, ma ad oggi la caserma non è stata realizzata, lasciando il quartiere privo di un presidio di sicurezza promesso da tempo. La situazione è ulteriormente aggravata dalla carenza di servizi essenziali nel quartiere. Ad esempio, non è presente un bancomat, costringendo i residenti a recarsi nei quartieri limitrofi per prelevare contanti. Inoltre, la biblioteca comunale, che potrebbe rappresentare un importante centro di aggregazione culturale, è chiusa da tempo e i centri culturali esistenti sono poco frequentati, segno di una disconnessione tra le strutture e le esigenze della comunità. In questo contesto di abbandono, l’opinione pubblica si stupisce quando emergono notizie di giovani coinvolti in episodi di violenza nel quartiere. Tuttavia, basterebbe osservare la realtà di Barra per comprendere come la mancanza di servizi, spazi di aggregazione e opportunità possa alimentare il disagio sociale. Il Parco di Villa Letizia, con la sua chiusura assurda, è l’immagine perfetta di questo quartiere dimenticato. Un simbolo di come a Barra si possa anche fare qualcosa di buono, ma poi lo si lascia morire per mancanza di volontà, per sciatteria, per l’incapacità di chi dovrebbe amministrare. È la fotografia di una periferia che non interessa a nessuno, buona solo per le passerelle elettorali e per i proclami vuoti. A pochi passi da Villa Letizia, l’area che un tempo ospitava un campo rom è oggi una discarica abusiva di materiali pericolosi. Qui vengono sversati rifiuti tossici e cancerogeni, che puntualmente prendono fuoco, sprigionando fumi nocivi e mettendo a rischio la salute dei residenti. Un quadro che ricorda le peggiori zone della “Terra dei fuochi”, dove l’abbandono istituzionale si misura anche nell’aria irrespirabile. Come nei teatri di guerra, nel cuore di Barra, un tendone di Save the Children campeggia nel cortile di una scuola elementare. Un simbolo inequivocabile del fallimento dello Stato, costretto a lasciare alle ONG internazionali il compito di garantire ai bambini un’istruzione e una protezione minima. Un’immagine che stride con la narrazione ufficiale: Napoli città turistica, capitale della cultura. Ma qui, nella sua periferia dimenticata, la realtà è quella di un limbo di emergenza permanente, dove si lotta per diritti basilari che altrove sono scontati. Comune, Municipalità, Regione, Stato: chi deve aprire quel cancello? Chi si prenderà la responsabilità di dire, una volta per tutte, che anche Barra è Napoli?

2 commenti su “Anche questa è Napoli?”

  1. Ho letto il tuo articolo. Sarebbe veramente triste pensare che sia un problema solo della periferia est di Napoli. La dura realtà invece ci dimostra che l’intera città vive uno stato di perenne abbandono e che l’emergenza si è trasformata nell’ordinario. Qui dove abito, a due passi dallo skyline più conosciuto dal mondo, il degrado regna sovrano e decine di denunce non sono servite a far rimuovere siringhe e rifiuti che giacciono nei giardinetti di via Posillipo. cordialità da Strato

  2. Antonio Nacarlo

    Buona sera professore, grazie per il commento. Credo che la sua analisi, sempre lucida, ci dà il polso della situazione Napoli: troppo degrado, nessuno rispetto per il bene pubblico. Quello che fa più tristezza è che gli attori principali (le istituzioni) sono tra quelli meno interessati ai beni demaniali. Un caro saluto

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