
Il 24 febbraio 2022 il mondo è cambiato. In quel giorno le truppe di Putin, zar di tutte le Russie, invasero il territorio confinante dell’Ucraina, con la cosiddetta “operazione militare speciale”, che introdusse un elemento nuovo e disorientante in tutto il vecchio continente: per la prima volta, dopo 80 anni di pace, in Europa era tornata a risuonare una parola che sembrava essere stata bandita per sempre: Guerra! Da allora, e sono ormai tre anni, il conflitto si è inasprito, con alterne fortune, ma con una preponderanza delle forze russe che sono immensamente più potenti e più fornite di uomini di quelle ucraine.
Di fronte a questo nuovo elemento fortemente destabilizzante per l’equilibrio europeo e mondiale sia gli Stati Uniti che l’Europa dei 27 sono rimasti inizialmente disorientati, per poi prendere iniziative che consentissero alla piccola Ucraina di fronteggiare l’orso russo; questo, però, ha anche creato lacerazioni sia all’interno delle singole nazioni e all’interno delle forze politiche di ciascuna d’esse, sia fra le nazioni stesse, divise sulle iniziative per far cessare la guerra. Tanto per comprenderci, di fronte al piano di Ursula von der Leyen di riarmare le nazioni europee vi è stata una risposta multiforme da tutti gli Stati dell’Unione, con l’Ungheria di Orbàn in testa, che si è schierata senza se e senza ma al fianco dell’aggressore. In Italia, invece, dove il Parlamento vede schierati alcuni partiti politici in perenne conflitto tra di loro, vi è stata la solita bagarre fra chi non vuole assolutamente il riarmo e chi, invece, lo ritiene indispensabile per contenere le mire pericolosamente espansionistiche di Putin.
Una cosa è certa nella sarabanda che sta coinvolgendo in minore o maggior misura tutte le nazioni occidentali, ovvero che l’orientamento prevalente dell’Occidente, e segnatamente quello degli Stati Uniti, è quello di cercare un appeasement con Putin, trascurando il fatto che niente e nessuno potrà farlo recedere dalla sua posizione, che è quella di rifiutare qualunque accordo che possa mettere in forse il suo disegno di annettersi l’Ucraina, o parte d’essa. Non ci sarà nessuna telefonata fra i due oligarchi che possa risolvere il problema, anche perché — e questo va detto — come spiega un giornalista francese esperto di relazioni internazionali, «C’è una collusione ideologica tra Donald Trump e Vladimir Putin, sorprendente sia per la sua profondità che per la sua rapidità. L’allineamento fra la Casa Bianca e il Cremlino si basa sul culto dell’uomo forte, visione del mondo in sfere d’influenza e una logica di arricchimento rapido e personale».
Non c’è niente di ciò che accade fra gli esseri umani che non abbia un suo retroscena, una ragion d’esistere. Ed è così anche per il conflitto russo-ucraino. L’invasione dello Stato centroeuropeo affonda le sue radici in un tempo lontano, quando esisteva ancora l’Unione Sovietica, che per la maggior parte del XX secolo ha controllato l’Eurasia dalla Germania orientale al Pacifico, dal Caucaso all’Hindu Kush. Dopo il 1991 (e la caduta del muro di Berlino) la Russia ha arretrato di quasi mille chilometri la sua frontiera occidentale, dal confine tedesco occidentale alla frontiera con la Bielorussia. In questo modo il potere di Mosca è indietreggiato verso oriente più di quanto fosse mai accaduto nel passato.
Questa nuova situazione geopolitica è stato lo stimolo per Kiev, cioè per l’Ucraina, di tentare con una lunga marcia, contrastata e non rettilinea, di arrivare a un allineamento con l’Europa occidentale e gli Stati Uniti e al suo allontanamento dalla Russia, che invece la considera parte integrante del Paese, anche perché parlano la stessa lingua. Questi movimenti in direzione occidentale avevano avuto inizio già alcuni anni prima, con la rivoluzione ucraina. Ora, pur non avallando in minima parte il comportamento della Russia e la sanguinosa guerra cui ha dato avvio, si può cercare di capire perché tutto questo stia accadendo. Il comportamento dell’Ucraina, con la sua svolta a occidente dopo la rivoluzione, ha presentato un punto di rottura nella storia russa che ha interpretato ciò che è accaduto in Ucraina come il tentativo degli Stati Uniti di spingere l’Ucraina nella Nato e, quindi, di preparare il terreno per la definitiva disintegrazione della Russia come Grande Potenza. Se agli Stati Uniti di Trump, ma ancor di più all’Europa dei 27, riuscisse veramente di inserire stabilmente l’Ucraina nel blocco occidentale, includendola nella UE e nella Nato, la Russia diverrebbe automaticamente indifendibile in quanto il confine meridionale con la Bielorussia e la frontiera sud-occidentale non offrirebbero infatti alcun ostacolo a un potenziale invasore. Ecco il perché dell’apparente, e insensato, attacco russo all’Ucraina. La defenestrazione nel 2014 del presidente ucraino filorusso Viktor Yanukovyc è stata per l’ex Unione Sovietica la prova che le cancellerie occidentali stavano tramando nell’ombra per minare le basi geostrategiche della sicurezza russa. E da questo la reazione di Putin, per cercare di riguadagnare il territorio e il prestigio perduti, a qualunque costo.
Tutto questo, lo si ricordi, risale ad alcuni anni fa, quando sulla scena mondiale non aveva ancora fatto la sua apparizione colui che ha scompaginato tutto, rimettendo tutto in discussione. Stiamo parlando di Donald Trump, che sta rivoluzionando la politica interna e quella estera, addirittura pensando di darla vinta a Putin, consegnandogli l’Ucraina dopo aver cessato di inviarle aiuti vitali per la sua difesa. Siamo ad un mutamento profondo della politica estera degli Stati Uniti che non può non avere ripercussioni sull’assetto mondiale, costringendo, come non accadeva più da tempo, le varie nazioni a schierarsi da una parte o dall’altra. Che i due autocrati, Putin e Trump, stiano stringendo un patto d’acciaio lo si comprende dalla limitazione dei diritti che va sempre più prendendo piede in entrambi i paesi. Se in Russia è stata varata una legge contro la “propaganda omosessuale”, in sintonia il Tycoon ha cancellato tutti i programmi sulle differenze di genere e ha cercato di espellere dall’esercito tutti i transgender (anche se il colpo non gli è riuscito per l’opposizione della magistratura). In Ungheria, poi, Viktor Orbàn ha vietato la marcia del Pride in calendario a Budapest. Ma se queste iniziative da parte dell’est del mondo ci dispiacciono ma non ci meravigliano, ciò che ci disorienta è il profondo mutamento di registro da parte di quella che consideravamo la più grande democrazia del mondo, e vedremo adesso il perché.
Intanto dobbiamo partire da un riconoscimento e cioè che Putin è il tiranno di un paese che non ha mai avuto una piena libertà di espressione, reprime le minoranze anche religiose e le dissidenze politiche con procedimenti giudiziari arbitrari, violenza, torture in carcere, una nuova legislazione transfobica e la condanna del «movimento Lgbt» come “estremista”. Dall’altra parte dell’oceano Trump sta invece provando a trasformare l’America in una democrazia crudele e farà molti danni. Per esempio, è dal Medioevo che non si assisteva al rogo dei libri “sgraditi” alle gerarchie al comando, e questo è proprio ciò che sta accadendo nell’America trumpiana, dove le scuole pubbliche hanno messo al bando oltre 10.000 libri nell’ultimo anno, in seguito all’approvazione di nuove leggi sulla censura in Stati governati dai repubblicani. Secondo un’indagine di PEN America i divieti di libri sono quasi triplicati a livello nazionale. Insomma ciò che sta accadendo nel Paese di Trump è una vera e propria ondata di “censura reazionaria”, volta a silenziare le voci delle minoranze. Una rapida occhiata ai libri censurati mostra che si tratta di una censura di stampo tradizionalista e conservatore che prende di mira contenuti specifici, come riferimenti diretti o indiretti alla sessualità. Ma è anche la scienza a cadere sotto la mannaia della censura letteraria. Per esempio i libri di scienza come quelli di Stephen Hawking e i classici della letteratura novecentesca come Isabel Allende o George Orwell (al cui modello di 1984 l’America sembra avvicinarsi sempre di più). Sono banditi i libri che parlano di evoluzionismo, dato l’enorme arretramento in questo campo da parte di Donald Trump che, essendo un “cristiano rinato”, accetta il racconto biblico della creazione come una verità incontrovertibile, in buona compagnia di una gran parte dei suoi connazionali. Quindi via i libri e i materiali didattici che affrontano temi «potenzialmente legati all’ideologia di genere o ad argomenti discriminatori che propongono l’ideologia dell’equità». Basta titoli su empowerment delle donne, persone di colore, migranti, transgender, parità, sessualità. Come nella peggiore delle distopie, la disposizione è stata recapitata a bibliotecari, sovrintendenti e presidi dalla divisione educazione del Dipartimento della Difesa statunitense, che gestisce 67mila studenti in 161 scuole del Paese. Sembra assurdo, ma è stato messo al bando in America anche Le avventure di Tom Sawyer per il linguaggio razzista e il ritratto negativo dei nativi americani. Anche quello che è forse il romanzo di formazione più famoso — Il giovane Holden — è stato messo al bando in moltissime scuole degli Stati Uniti perché il protagonista, espulso da scuola, fumatore, viene considerato portatore di messaggi negativi.
Per concludere vorremmo sottoporre ai lettori una semplice considerazione che ci riporta in Italia, paese nel quale il premier in carica ha definito il piccolo libro di Rossi, Spinelli e Colorni un libro “pericoloso”, dichiarando apertamente che “Ventotene non è la mia Europa”, aggiungendo che “Spero che quelli che erano alla manifestazione in piazza del Popolo non l’abbiano mai letto, perché l’alternativa sarebbe spaventosa”.
Ecco, questa è la sarabanda in cui si trova oggi intrappolato il mondo in cui viviamo. Non c’è più né testa né coda. Vecchi equilibri che avevano contribuito a mantenere la pace si sono rotti, nuovi governanti smontano tutto quello di buono che è stato costruito dai loro predecessori e nel nostro paese un libro che è l’inno europeo alla libertà e all’unione viene definito “spaventoso da leggere”. Non sappiamo quando finirà questo vorticoso movimento di smantellamento di ciò a cui eravamo abituati, ma speriamo che intervenga qualcosa, anche con il nostro contributo di cittadini, a por fine all’insensata sarabanda.