È l’autunno della Repubblica?

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L’Europa, forse pian piano fra mille difficoltà, sta cominciando a rendersi conto di quanto fosse veritiero, premonitore e indispensabile ciò che auspicò nel lontano 1946 Winston Churchill quando preconizzò “gli Stati Uniti d’Europa”. Per quanto possa sembrare singolare, in questo momento drammatico per il nostro continente e per il mondo intero, sono due i personaggi che stanno operando attivamente verso questo obiettivo. La singolarità sta nel fatto che uno d’essi è il leader d’oltre Manica, Keir Starmer, il cui paese, dopo la Brexit, non fa più parte dell’Unione. L’altro è il presidente francese Emmanuel Macron, ormai al termine del suo mandato. Entrambi questi uomini hanno ben chiaro in mente ciò che dev’essere fatto senza indugio, se non vogliamo che la Russia, ora che l’America ha tolto il suo appoggio all’Ucraina, fagociti l’intero Paese, come antipasto per l’ambita portata dell’annessione di tutti gli altri stati al suo confine occidentale. Stessa cosa, anche se con altri mezzi, sta cercando di fare il suo alter ego Usa, con la Groenlandia, il Canada e il Canale di Panama; siamo veramente in buone mani!

E l’Italia? Noi, purtroppo, abbiamo la somma sfortuna di avere un governo squinternato dove un “quisque de populo” come Salvini si permette di dare del “matto” e di definire “uno qualunque” il Presidente d’oltralpe. È veramente grottesco e anche scandaloso che, in momenti così drammatici per le sorti del mondo, noi ci si debba preoccupare per le guasconate di questo personaggio dall’ignoranza abissale e del tutto fuori asse rispetto al Governo di cui fa parte, addirittura come vice premier. Salvini va a ruota libera, incurante degli effetti devastanti che hanno le sue parole — più chiacchiere da osteria che linea politica — quando, oltre al Presidente francese, che rispetto a lui è un gigante, attacca anche la presidente Ursula von der Layen, per le loro iniziative per la costituzione di un esercito a guida europea e non ad un frammentato riarmo delle singole nazioni. Probabilmente esiste un termine per definire il capo leghista, che con le sue fanfaronate contribuisce a mettere il nostro Paese in una posizione minoritaria, a bordo campo per così dire, accentuandone le divisioni interne al punto che l’altro vice premier, Antonio Tajani, ha definito del tutto in opposizione con lo smargiasso (ecco il termine appropriato!) che quella della von der Layen «è una proposta seria per rafforzare la sicurezza della Ue, che il governo italiano sostiene … perché “sicurezza” — voglio spiegarlo a chi pensa che al governo ci siano due guerrafondai, io e il presidente del consiglio — significa anche sicurezza nella vita di ognuno di noi che vive in Europa».

Ma il “cazzaro verde” non demorde e, come se fosse all’opposizione e non al governo, rincara la dose, creando profondi malumori in Francia nei confronti del nostro Governo. Proprio ieri, a Bologna, è tornato a criticare sia la strategia di Ursula von der Layen per riarmare l’Europa (che ha il placet di Meloni e Tajani) sia bersagliare Macron. Nel suo intervento in piazza, com’è suo solito, il desso ha affermato: “Io non penso che sia un Macron qualunque a ottenere la pace … Ci hanno spiegato per 3 anni che la Russia era in ginocchio e ora rischia di invadere l’Italia e l’Europa?” È evidente che le informazioni di cui dispone questo individuo sono solo quelle che gli trasmettono i suoi giornali di partito e quelle che a lui piace ascoltare. Se, invece, ascoltasse voci ben più qualificate, come quelle dell’ex comandante della Nato, Phil Breedlove, probabilmente la smetterebbe di parlare a vanvera e farebbe la scelta migliore di starsene zitto. In una recente intervista, infatti, l’ex comandante ci informa che “la verità è che in questo momento è Mosca ad avere un bisogno disperato di un cessate il fuoco”. E, alla domanda su cosa ne pensa delle concessioni fatte dal presidente Trump a Putin, prima ancora di iniziare il negoziato, dice: “Il mondo ci percepisce ora come mediatori, ma in realtà da una parte c’è un criminale aggressore, che trattiamo con i guanti, e dall’altra una nazione invasa, che è chiaramente la vittima, ma la martelliamo. Abbiamo fatto a Vladimir Putin due enormi concessioni, che inseguiva da anni. Primo, riconoscere che la Russia sta al di sopra dell’Europa, e quindi può deciderne il futuro senza gli europei, discutendolo solo con gli Stati Uniti; secondo, definire il futuro dell’Ucraina senza coinvolgere gli ucraini. Così non andiamo al negoziato in una posizione di forza”. E, in quanto alle sorti della guerra combattuta in campo ci spiega: “Credo che in questo momento la Russia abbia bisogno di un cessate il fuoco più di chiunque altro. Stanno facendo marcia indietro negli ultimi due giorni nel Donbass e nel Kursk, hanno chiesto due volte alla Corea del Nord di inviare soldati per aiutarli a riconquistare la sovranità in territorio russo. Questo dovrebbe dirvi molto sullo stato del loro esercito. Hanno disperatamente bisogno di un cessate il fuoco e vogliono che noi lo garantiamo, affinché possano riorganizzarsi e ricostruire. Ci vorranno tre, quattro, forse anche cinque anni per essere di nuovo pronti, perché il loro esercito è stato decimato così gravemente. Ma torneranno, a meno che non si imbattano in qualcosa di duro, che è esattamente quello che francesi, inglesi e Bruxelles si accingono a proporre, ovvero riarmare l’Europa per garantire la propria difesa”.

Bisogna colpire finché il nemico è indebolito, ed è ciò che sta facendo, per esempio, Macron, fornendo i suoi Mirage 2000 all’Ucraina per garantire un ombrello aereo dopo il ritiro di Trump dal sostegno a Kiev. È ovvio che al momento attuale nessuno può dire con certezza come andrà a finire, troppi interessi in campo e troppi egoismi nazionali e personali, come quello di Trump che vuole intestarsi il merito (se accadrà) di aver posto fine al conflitto russo ucraino, lasciando però l’Ucraina nelle tristi condizioni di un satellite della Russia, senza più una sua sovranità nazionale e la dignità di nazione libera e autonoma.

Fin qui ci siamo occupati di ciò che sta al di fuori dell’Italia, ma cosa accade al suo interno? Con le forze politiche attuali, lacerata fra di loro e l’una contro l’altra armate, con interessi contrastanti, fra i quali quello comune che dovrebbe essere l’unico loro interesse, quello del nostro Paese, relegato ai margini della scena europea, possiamo ben dire che quello che stiamo vivendo è l’Autunno della Repubblica, come dal titolo di un saggio estremamente interessante di Maurizio Viroli.

Una Repubblica che all’articolo 2 della sua Costituzione recita: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. A quasi ottant’anni dalla sua nascita la nostra Repubblica sembra vivere il tempo malinconico dell’autunno nel quale, senza che ce ne accorgiamo, vi è un progressivo sfaldamento delle istituzioni repubblicane; un dato per tutti, del quale ci siamo già occupati, è l’aspro conflitto che oppone il potere esecutivo a quello giudiziario, che rappresenta un serio pregiudizio per la tenuta repubblicana del Paese. Se gli italiani saranno convinti a pensare che i giudici davanti ai quali vengono chiamati per rispondere delle loro trasgressioni, decideranno non in base ai codici ma alla loro appartenenza politica, allora il potere della magistratura è morto. Non che questa condizione sia una novità per l’Italia. Già cinque secoli fa un illustre italiano, Niccolò Machiavelli, tracciò un quadro della realtà che non si discosta molto da quello di oggi: “Veramente nelle città di Italia tutto quello che può essere corrotto e che può corrompere altri si raccozza: i giovani sono oziosi, i vecchi lascivi, e ogni sesso e ogni età è piena di brutti costumi; a che le leggi buone, per essere da le cattive usanze guaste, non rimediano. Di qui nasce quella avarizia che si vede ne’ cittadini, e quello appetito, non di vera gloria, ma di vituperosi onori, dal quale dependono gli odi, le nimicizie, i dispareri, le sette; dalle quali nasce morti, esili, afflizioni de’ buoni, esaltazione de’ tristi” (Istorie fiorentine, III, 5).

Ritorniamo adesso al tempo presente e alla situazione di instabilità planetaria nella quale stiamo vivendo. La vera tragedia di questo primo scorcio di secolo è stata senza dubbio la doppia elezione dell’uomo meno adatto del mondo al ruolo di presidente della repubblica americana. Su la Repubblica del 9 marzo scorso troviamo un’accurata analisi di ciò che questo ha significato: “Trump si muove in una realtà inventata, ma qui incontra comunque i suoi elettori, perché allo scenario virtuale fa seguire i fatti, con l’ideologia che crea la realtà. Sa di essere stato sbalzato fuori dalla Casa Bianca dal voto popolare; ha preferito mostrarsi vittima piuttosto che sconfitto, e ha violato il suo dovere di fedeltà alla repubblica incoraggiando la ribellione eversiva che assaltava il Campidoglio, fondando il movimento Maga su una genesi insurrezionale. Ha quindi accettato il nuovo responso delle urne perché aveva vinto, ma ha immediatamente avviato la guerra finale contro la liberal democrazia, in nome di un potere verticale che trasferisce ogni sovranità dal popolo all’eletto, subordinando ogni altro potere”. Da questo, e da molto altro, deriva che, per ritornare all’inizio di questo articolo, e ai commenti di Mauro “è chiaro che l’Europa deve dotarsi di un sistema di difesa, riarmandosi esattamente in nome della democrazia e del suo diritto alla pace. Ed è evidente che deve dotarsi di un’autorità politica finalmente visibile e riconoscibile, in grado di spendere il suo accumulo di storia nelle crisi che ci assediano. Nel rovesciamento del mondo, la sinistra può diventare il sostegno decisivo della democrazia, dell’Europa, dell’Occidente, tutte e tre sotto attacco. È un compito storico enorme, addirittura una missione. Ignorarlo non sarebbe un errore ma un tradimento”. Se non vogliamo che il nostro autunno diventi presto un inverno per tutto l’Occidente, dobbiamo riprendere in mano il nostro destino, e solo gli elettori hanno il potere di farlo.

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