Di recente abbiamo parlato della triste vicenda che ha portato al calor bianco lo scontro fra la Magistratura e il Governo. Le accuse irripetibili, al limite del penalmente perseguibile, con le quali la Premier ha sommerso questo pilastro dell’ordinamento statale, con la sua ultima iniziativa hanno toccato vertici fino ad oggi impensabili. Ha addirittura autorizzato un sondaggio fra iscritti e militanti, nel quale si chiede: “Volete voi che Fratelli d’Italia organizzi «manifestazioni pubbliche» per difendere l’autonomia della politica dalle influenze di alcuni magistrati?” Non ricordo se nella storia della nostra Repubblica, nata dalla Resistenza, il principale partito di governo abbia chiamato sulle barricate i propri elettori per contrastare e contemporaneamente delegittimare l’ordinamento giudiziario, uno dei tre poteri portanti dello Stato, con una “chiamata alle armi” che sa di aperto conflitto sociale. Più che il capo del governo di una nazione democratica, la nostra “sorella d’Italia” sembra Robespierre e, comunque, un capopopolo che vuol convincere gli italiani che la democrazia, cioè lei, sia sotto attacco da parte dei poteri forti che si servono dello strumento giudiziario per estrometterla dal governo: non ci sono riusciti con le urne e adesso tentano la via del complotto e del loro potere.
In realtà questo appello al popolo contro una magistratura “politicizzata” è semplicemente un escamotage per distogliere l’attenzione dal vero problema, cioè dalla situazione drammatica che stiamo attraversando. Gli italiani si stanno impoverendo con il caro bollette, le imprese devono sostenere rincari energetici per miliardi, sta esplodendo la cassa integrazione, abbiamo 22 mesi consecutivi di calo di produzione industriale e la crescita si è fermata nonostante i fondi del PNRR. Per dirlo con schiettezza, questo si sta rivelando il governo meno efficace degli ultimi decenni, ma è anche il più arrogante: nulla per i più deboli (consideriamo un’offesa vergognosa l’aumento di 3 euro delle pensioni minime) mentre ha aumentato i fondi per gli stipendi dei ministri e dei sottosegretari non parlamentari. Quindi, quello che è in atto, dietro lo schermo di una scaramuccia con i magistrati, è un ben orchestrato diversivo che si basa su un’incalzante e martellante propaganda. Ha occupato mezzi d’informazione e, infine, c’è il diversivo più pericoloso: quello della guerra alle toghe che serve loro per eliminare il controllo di legalità mediante una torsione autoritaria del nostro sistema, giovandosi dell’appoggio di buona parte del sistema mediatico.
Al coro delle “vittime” di una magistratura deviata, si aggiunge anche la voce autorevole di un missino di vecchia data e dal prestigioso pedigree, quella di Nello Musumeci, attuale ministro della Protezione civile, secondo il quale “quando manca la politica, i magistrati si prendono quello spazio e vogliono governare. Accade da trent’anni”. Secondo Musumeci si sta ripetendo lo stesso schema di trent’anni fa. “Mi sembra di rivivere con Giorgia Meloni quello che è accaduto a Berlusconi. Ma guardate, è così dalla caduta della prima Repubblica nel 1992-94. Prima con Tangentopoli poi con i governi Berlusconi. Non c’è nessuna novità di rilievo. Da allora la magistratura tende a occupare, e in parte ci è riuscita, gli spazi di competenza della politica. Questo è avvenuto nel momento in cui la politica è arretrata. Quindi non mi meraviglia che accada anche adesso. C’è una parte della magistratura che è ideologizzata, che si è formata in certi atenei o magari nella Fgci. È evidente che in Italia non si accetta un governo come il nostro e c’è chi pensa che bisogna mandarlo a casa. Nessun magistrato deve pensare di sostituirsi alla politica, soprattutto adesso che la politica è tornata a occupare il suo spazio. Una politica onesta, pulita e trasparente. Oggi con il governo Meloni siamo tornati autorevoli e la magistratura questo lo deve capire e accettare. Come dice la premier, se qualcuno oggi vuole governare si deve candidare, non deve cercare altre strade”. E alla domanda sul come la pensa dell’iniziativa del Governo di mobilitare le piazze contro i magistrati, la sua risposta è: “Dico una cosa: le piazze appartengono al nostro codice genetico, per noi di destra la piazza era l’unico luogo in cui poter parlare agli italiani. Quindi ci siamo affezionati”. Dice il vero, Musumeci. Anche chi è giovane e non ha vissuto quei tempi, non dimentica certamente che l’uditorio preferito dal nostro indomito “M” erano le “folle oceaniche” radunate nelle piazze per ascoltare il verbo del “Capo”, che sapeva benissimo come soltanto con l’euforia suscitata da una folla osannante e non pensante, le si può fare approvare qualunque cosa, anche la più oscena, come quando alla domanda “volete la guerra”, la piazza, il popolo, i suoi adoratori risposero con un sonoro “sì!”
Un’analisi accurata di quanto sta accadendo sotto gli occhi semichiusi degli italiani, la troviamo nelle parole di Corrado Augias in una sua descrizione estremamente appropriata della nostra Premier e del percorso che sta seguendo: “Per biografia, per apprendistato politico, forse per temperamento, la presidente del Consiglio conosce una sola tattica: l’attacco — è la sua unica risposta alle insidie ma anche alle critiche che deve affrontare un governante. È questa visione del conflitto che rende le sue reazioni più simili a quelle di leader di una fazione che a quelle del capo di un Governo. Da quando Giorgia Meloni siede a Palazzo Chigi mai una volta si è espressa con quelle parole che segnano la differenza di visione tra un politicante e uno, o una statista. Gli esempi da imitare non mancherebbero, da De Gasperi nei suoi drammatici interventi in Italia e all’estero tra le rovine del dopoguerra, nella generale ostilità, al presidente Ciampi, da Romano Prodi con la sua denuncia delle difficoltà del momento, al presidente Mattarella. Anche se forse l’esempio più illustre è quello di Winston Churchill che, diventato primo ministro, inaugurò il mandato con austera franchezza promettendo agli inglesi solo lacrime, sudore, sangue in cambio della vittoria finale contro il nazismo”. Potremmo dire, con una frase fatta, che “uomini di quello stampo non se ne fanno più”, ma non è vero. Ciò che è vero è che chi sta oggi al governo è il frutto di un’Italia il cui assetto democratico vacilla da tempo, in particolare da quando, dopo il primo esecrabile ventennio, abbiamo avuto il secondo, con “B” al posto di “M”, che ha fatto scempio degli ultimi scampoli di democrazia, instaurando un governo basato su leggi ad personam, sulla mancanza del senso dello Stato, sul contrasto ai “magistrati bolscevichi”. In questa Italia anestetizzata da due decenni di una tal guida non era difficile dare ascolto al primo, o alla prima, che dopo anni di malgoverno prometteva un nuovo periodo di abbondanza, di lavoro, di ordine e sicurezza, con in cambio soltanto il ritorno all’epoca della buonanima, quando l’Italia si fece conoscere nel mondo.
Continua Augias nel suo penetrante tratteggiamento della nostra Premier, dicendo: “La nostra presidente del Consiglio sembra aver appreso, forse per naturale inclinazione, solo la lezione di Silvio Berlusconi; anche lui, ogni volta che si vedeva costretto in un angolo, politico o giudiziario che fosse, reagiva colpendo chiunque fosse a testa bassa … Nel tentativo di trovare una spiegazione a una tale tattica, al di là di quella opinabile della psicologia, si può ipotizzare che la presidente del Consiglio, dotata com’è di una notevole astuzia, abbia fiutato che una reazione gridata, un vittimismo aggressivo, il presentarsi come oggetto di complotti da sventare coraggiosamente «senza arretrare di un millimetro», in fin dei conti renda in termini di favore popolare — anche perché aiutata dalla potenza informativa di una larga maggioranza dei media”. In questo bailamme che ci assorda e ci confonde, non dobbiamo trascurare il fatto che stiamo attraversando, e non solo noi, un periodo di smarrimento, troppi gli sconvolgimenti in atto, troppo lungo il salto che la velocità dei nuovi tempi chiede a regole democratiche fissate quasi due secoli fa. Occorre una solida vocazione alla democrazia — che non gode di buoni precedenti in Italia — per scansare la tentazione di risolvere tutto con una specie di “dittatura della maggioranza”, operazione che il Governo ha fretta di portare a termine prima che l’urgenza o la vera dimensione dei problemi venga allo scoperto. Confondere le acque aiuta, aiuta a offrirsi come un possibile salvatore che farebbe molto di più se non venisse ogni giorno bersagliato dal nemico attraverso critiche e complotti (ecco il perché della necessità della costruzione di un “nemico”). L’attuale battaglia politico-giudiziaria sembra rivolta esattamente ad alimentare le paure degli italiani che vedono nei magistrati il “nemico” che vuole sconfiggere la nostra campionessa di democrazia. Ma purtroppo, come ho più volte ripetuto, è la base elettorale che non va bene, a tal punto che mi sentirei di avallare l’idea di Platone che non condivideva il suffragio universale e riteneva che solo i cittadini capaci e informati dovessero avere il diritto di voto (epistocrazia). Ma Platone è morto e speriamo che non faccia la stessa fine anche la nostra debole e periclitante democrazia.