Mai annuncio, quello del titolo, pronunciato da un’altissima fonte, fu più negletto di quanto non lo sia nel tempo in cui viviamo. Si tratta delle parole pronunciate da un angelo in occasione della nascita di Gesù che appropriatamente, nella profezia di Isaia pronunciata secoli prima della sua nascita, era stato anche definito “principe della pace”. Mi sembra evidente, e la storia ce ne dà conferma, che sotto questo aspetto la missione del Nazareno si dimostrò — e purtroppo continua a dimostrarsi — un fallimento. E quindi se ne deduce, ovviamente per chi ripone fede nelle Sacre Scritture, che la terra non è popolata prevalentemente da uomini di buona volontà, e che questo “principe” non è riuscito nemmeno per un solo giorno a esercitare il suo dominio. Continuando, ma solo per inciso, a sfruttare le antiche Scritture, non possiamo che essere d’accordo con le parole attribuite a Dio poco prima di scatenare il diluvio universale: “Dio vide che la malvagità dell’uomo era abbondante sulla terra e che ogni inclinazione dei pensieri del suo cuore era solo male in ogni tempo”. Non abbiamo voluto citare alcuni brani della Bibbia perché essi siano di alcun valore nel rispondere ai nostri perché, ma soltanto a conferma del fatto che, sin dalla notte dei tempi, come confermano gli anonimi redattori di quelle antiche parole, l’inclinazione del genere umano è stata caratterizzata dalla violenza. Essi misero per iscritto ciò che era sotto gli occhi di tutti, anche se, poi, la teologia e l’esegesi, nel corso dei secoli, hanno voluto attribuire questa caratteristica a interventi soprannaturali e non, com’è oggi riconosciuto, ad un’eredità biologica frutto di una lunghissima evoluzione che alcune decine di migliaia di anni fa produsse il suo risultato finale con il genere Homo (non molto Sapiens).
Noi conosciamo ancora pochissimo del nostro sconfinato universo e mai potremo conoscerne tutti i misteri, ma una cosa, almeno per il momento, la sappiamo. Nell’universo non c’è pace. È tutto un susseguirsi, da miliardi di anni, di creazione e di distruzione, con intere galassie di innumerevoli stelle che esplodono in catastrofi immani, in un susseguirsi senza fine di distruzione e di ricostruzione; di conseguenza, anche per il ciclo della vita, sul piccolo granello disperso nello spazio che è il nostro pianeta, le cose vanno allo stesso modo. La lotta per la vita, per la sopravvivenza, la vittoria del più forte, sono i tratti caratteristici, sin dagli albori, che hanno accompagnato l’evoluzione della specie umana. Ciò che è cambiato sono gli strumenti — sempre più micidiali — che vengono impiegati per l’opera di distruzione.
Non possiamo fare a meno di chiederci quando e se finirà mai questa spirale di odio che costringe gli abitanti della terra, da sempre, a uccidersi, a sopraffarsi a incrudelire sui loro simili e anche sulla natura incolpevole che li circonda; sì, perché la morte e la distruzione non riguardano soltanto la specie umana, ma anche tutte le altre forme di vita, animali e vegetali che fecero di questo pianeta, quando ancora non era stato contaminato dall’uomo, un vero e proprio paradiso terrestre nel quale miliardi di esseri viventi si sono susseguiti in migliaia e migliaia di generazioni lottando, sì, per nutrirsi, ma mai mettendo in pericolo la sopravvivenza delle specie. Poi, con il trascorrere dei millenni sorse una nuova specie animale, una specie che si differenziò da tutte le altre per delle caratteristiche che la posero ad un livello più alto: la capacità di comunicare con le parole, del ragionamento, di pensare anche in astratto, cosa sconosciuta alle altre specie viventi. Ma, insieme a queste capacità che la rendevano “superiore” alle altre, se ne accompagnò un’altra che non l’ha mai abbandonata: l’odio, la ferocia, la crudeltà che, da sempre, caratterizzano la vita sulla terra.
In questi giorni si parla molto di ciò che avvenne a Dachau, ad Auschwitz e in tutti gli altri campi di sterminio che caratterizzarono il periodo del nazismo, quando emerse in tutto il suo orrore ciò che l’uomo è capace di fare all’uomo. Abbiamo conosciuto il sadismo, la brutalità per il solo piacere di infliggerla, e tutto questo in una nazione che era stata un faro di civiltà e grande pensiero, di arti, di letteratura, ma che per un lungo periodo, fino alla sua sconfitta, ha mostrato al mondo il peggio del genere umano. E non dimentichiamo che stiamo parlando di una nazione “cristiana”, di una nazione che avrebbe dovuto considerare gli ebrei come i loro “genitori”, perché dagli ebrei era venuto il loro “salvatore” ed ebrei erano tutti gli autori di quelle Scritture che essi e metà del mondo consideravano sacre, e che in teoria avrebbero dovuto indirizzare gli uomini alla pace e alla fratellanza. E invece quella “razza” era adesso diventata la nemica del genere umano, così come lo sono, oggi, tutti i diseredati della terra che, spinti dal bisogno, dalla fame, dalla ricerca di un po’ di pace e di sicurezza, si riversano sulle coste delle nazioni occidentali e “ricche” in cerca di protezione e di rifugio, ma che noi trattiamo come rifiuti dell’umanità soltanto perché non parlano la nostra lingua, spesso hanno un colore della pelle diverso e culture lontane da quella occidentale.
Con la sua consueta schiettezza e lucidità di visione, Concita De Gregorio interviene sull’argomento, per spiegarci che tutto l’ambaradan sollevato dal caso Almasri, un assassino liberato dal nostro Governo senza alcuna ragionevole motivazione, se non quella del ricatto della Libia nei confronti del nostro Paese, e dice: “Si tratta di politiche migratorie, o meglio di ostacolo alla migrazione. L’idea di gestione dell’universale movimento di esseri umani da luoghi altamente inospitali verso luoghi che offrano una prospettiva di vita migliore è il seguente: impedir loro di farlo, alzare muri, cingerli di filo spinato, lasciarli morire in mare o nei deserti, non farli approdare, recluderli in campi di detenzione, rimpatriarli, favorire col denaro chi evita che partano. È un’idea completamente priva di visione, inutile prima ancora che crudele. Inutile perché la migrazione globale nasce da un’urgenza di vivere di chi si mette in movimento e non si fermerà mettendo un dito nella diga contro la quale la marea umana preme”. E poi, in estrema sintesi, riassume il retroscena della liberazione dell’assassino, e cioè voi libici (dice il Governo) non fate partire i disperati, con qualunque mezzo, e noi in cambio vi consegniamo libero come l’aria il macellaio torturatore.
Veramente singolare questo atteggiamento del Governo di destra, guidato da cattolici devoti, le misure repressive assunte contro gli ultimi del mondo, l’odio profondo nei loro confronti. In particolar modo da un Vice primo ministro, madonnaro a oltranza, e da una Premier che nel corso di un incontro con il Primo ministro ungherese affermò: “dobbiamo combattere una grande battaglia per difendere l’identità della famiglia, difendere Dio”. Sembra di essere tornati ai secoli passati dei quali la storia ci tramanda il ricordo dei “defensor fidei”, ma qui la nostra premier è andata anche oltre: ha parlato espressamente di «difendere Dio», quasi un livello superiore sul piano terminologico perché il difensore per definizione può tutelare qualcuno che non è in grado di farlo da solo. E oltre a Dio c’è anche la grande battaglia per difendere l’identità della famiglia (ovviamente quella composta esclusivamente da maschi e femmine). Dio non ha bisogno d’essere difeso, ma lo è suo figlio, che in una sorta di testamento spirituale disse: “Ebbi fame e mi deste qualcosa da mangiare; ebbi sete e mi deste qualche cosa da bere. Fui estraneo e mi accoglieste in modo ospitale; nudo e mi vestiste. Mi ammalai e aveste cura di me. Fui in prigione e veniste da me … In verità vi dico: in quanto l’avete fatto a uno di questi miei minimi fratelli l’avete fatto a me”. Non credo che a qualcuno riesca difficile comprendere chi siano i “minimi fratelli” di cui lui parla e sui quali è fondata l’intera intelaiatura del cristianesimo. A questo punto mi permetterei di suggerire ai nostri preminenti politici, così devoti a parole, un’opportuna ripassata al catechismo, magari impartita dallo stesso Papa. Fra potenti ci si intende …
A questo triste e doloroso argomento, il nostro Luciano Canfora, qualche anno fa dedicò un suo saggio, intitolato Fermare l’odio, odio che è alla radice di ogni male e che è inoltre insensato. L’odio è insensato perché si scatena contro persone che non ci hanno fatto niente, che nemmeno conosciamo, che ci viene detto di odiare e basta! Agli odiatori di professione non sfiora la mente il pensiero che l’odio fa male anche a essi stessi, perché è una caratteristica dell’odio quella di generarne altro. Dice Canfora che “L’ondata migratoria è ormai il fenomeno dominante: dalle Americhe all’Africa, dal Medio Oriente all’Australia. Essa ha reso chiaro, soprattutto agli analisti pensanti che i problemi nazionali non possono più avere soluzioni unicamente nazionali. E potrebbe costituire la base di una nuova, e certo, più impegnativa declinazione della plurimillenaria pulsione verso l’uguaglianza”. Dopo aver sottolineato che le forze un tempo dette “di sinistra” oggi paiono afone di fronte a uno scenario che sperano sia solo un brutto sogno destinato a svanire al risveglio, mentre invece non è un sogno, è la realtà; mentre quelle dette “di destra” spinte dalla xenofobia sovranista si illudono che la soluzione sia quella di “sollevare il ponte levatoio”, o costruire muri di centinaia di chilometri, egli conclude: «La vicenda degli spostamenti di masse umane coincide con la storia stessa del genere umano. È puerile volervi porre un freno “a mano armata”. Gli stessi Stati europei che ora indossano l’elmetto per chiudere le porte e i porti traggono origine da migrazioni di popoli che nei secoli trascorsi risultò inutile cercare di fronteggiare con la forza militare».
Sappiamo bene che la soluzione di questo problema planetario non è a portata di mano, ma questo non giustifica l’inerzia. Ed è lo stesso Canfora che in chiusura del suo saggio, ancora una volta, pur non illudendosi troppo, guarda all’Europa. Egli dice: “Forse è giunto il momento di capovolgere la prospettiva. È tempo di considerare l’ondata migratoria come avamposto di un mondo in accordo col quale la (ancora) ricca Europa potrebbe dar vita a una struttura federale euro-africana gravitante sul Mediterraneo, effettivamente paritaria, e in prospettiva, sempre più integrata … Le difficoltà di attuazione di un siffatto progetto sono tali da farlo apparire utopico … Ma non è sensato liquidare una strada seppur difficile e ricca di incognite, che però non ha alternative, se non — per dirla con la prima pagina del Manifesto di Marx — «la comune rovina» delle parti in lotta”. Utopia, si è detto, ma quando non vi è altra strada è d’obbligo tentare l’impensabile. E sebbene gli “uomini di buona volontà”, che desiderano la pace in terra a prescindere se a chiederlo è “qualcuno in alto” o è la stessa natura umana che, alla fine, dovrà svegliarsi dall’incubo dell’odio e della violenza per intraprendere un sentiero virtuoso, non rappresentino certamente la maggioranza del genere umano, devono adoperarsi per perseguire questo fine, perché non vi è alternativa se non quella, come preconizzò Einstein, che abbiamo citato in un recente articolo, di trovarci a combattere la quarta guerra mondiale con pietre e bastoni, perché l’odio avrà vinto.