Finalmente! La tregua a Gaza apre uno spiraglio alla pace; concede spazio alla speranza. Speranza e paura sono sentimenti che il futuro ci ispira; credo, tuttavia, che la speranza sia più forte della paura, perché in un certo qual modo la contiene.
La speranza è quel sentimento che ci aiuta ad affrontare difficoltà e angosce, ci consente di sopportare il dolore, fa nascere attese e aspirazioni, offre la capacità di vedere con occhi “nuovi” le persone, le situazioni, le cose, dà senso alla vita. Il futuro, essendo ignoto, implica cambiamenti della realtà esistente; la speranza, colorando di ottimismo questa trasformazione, fa da contraltare alla paura d’essa.
Sono sostanzialmente due gli approcci alla speranza: quello dei materialisti, che la intendono come l’illusione di quanti vogliono evadere dalla realtà; quello dei romantici, per i quali la speranza è la meravigliosa facoltà di attuare ciò che ancora non c’è, che visualizza l’ideale, pone lo spirito in quella libertà che va oltre i pregiudizi e le limitazioni, che anticipa il nuovo e il possibile, che impedisce di sprofondare miseramente nel materialismo, che si batte contro il nichilismo e il negativismo.
Per dirla con Kierkegaard, la speranza è la passione per il possibile; sperare non significa avere molte speranze, ma essere aperti alla speranza: è dalla scontentezza per le condizioni contingenti che l’apertura verso il futuro trova la sua ragion d’essere. La speranza consente di ritenere ogni momento dell’esistenza come una tappa del cammino che si deve percorrere per raggiungere la migliore esplicazione possibile di se stessi e della propria collocazione nel mondo.
Quindi, animati da questa speranza, affrontiamo la complessità e la contraddittorietà che caratterizzano quest’inizio di terzo millennio.