L’Iran e i diritti umani

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Stare fra l’incudine e il martello è un’espressione che si può appropriatamente applicare alla situazione del Governo italiano in questi giorni, impegnato com’è nelle trattative per il rilascio della giornalista Cecilia Sala. L’incudine è la soggezione del nostro Governo a quello degli Stati Uniti, dalla cui ombra soffocante sembra che non riusciremo mai a scrollarci, il martello è quello degli enormi interessi finanziari dai quali l’Italia è strettamente legata all’Iran, nostro fornitore di gas e petrolio, e verso il quale l’export italiano rappresenta una vera e propria miniera d’oro, è quindi necessario che questi proficui scambi commerciali non vengano meno. Non scontentare nessuno dei due è l’amletico dilemma per il quale non sembra ancora intravedersi una soluzione prossima e soddisfacente e, nel frattempo, la nostra connazionale vive un incubo quotidiano rappresentato dalla detenzione nelle carceri iraniane in condizioni pressoché disumane, pur senza essere ancora stata accusata di aver commesso alcun reato, se non quello generico e inconsistente di “aver violato le leggi dell’Islam”. E tanto per essere chiari, l’Islam non è un partito politico, né uno strumento giuridico, bensì una religione, cosa che fa dell’Iran uno stato teocratico, nel quale cioè è la religione a dettare legge e la cui infrazione non riguarda la giurisprudenza ma la fede. In tutto questo bailamme di opposte fazioni, gli Stati Uniti da una parte, l’Iran dall’altra ci si è dimenticati totalmente di uno dei più importanti trattati internazionali, che coinvolge quasi tutti gli Stati del mondo, ovvero la Dichiarazione universale dei diritti umani, alla quale, a suo tempo, anche l’Iran aveva aderito.

Molto appropriatamente Luigi Manconi su la Repubblica del 3 gennaio ha scritto: “Per avere un’idea, la più autentica e concreta possibile, di cosa siano i diritti umani, la loro mancata applicazione e la loro sistematica violazione, si provi a pensare di trascorrere un giorno e una notte nella cella di quel carcere di Evin, in Iran, dove Cecilia Sala è reclusa dal 19 dicembre scorso. E si immagini di dormire, sempre che dormire sia possibile, sulla nuda terra; e di essere privati dei beni di prima necessità, come gli occhiali da vista. E ancora si immagini di precipitare in un incubo inquisitorio dominato dall’insensatezza”.

Diritti umani, dicevamo. Di cosa stiamo parlando? La Dichiarazione universale dei diritti umani, anche nota come Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, è un documento sui diritti della persona, adottato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nella sua terza sessione, il 10 dicembre 1948, a Parigi con la risoluzione n°219077. Questo documento, di fondamentale importanza, è frutto di una elaborazione secolare, che parte dai primi principi etici classico-europei stabiliti dal Bill of Rights e dalla dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti d’America, ma soprattutto dalla dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino redatta nel 1789 durante la Rivoluzione francese, i cui elementi di fondo (i diritti civili e politici dell’individuo) sono confluiti in larga misura in questa carta. Purtroppo, anche se la maggior parte dei paesi vi aderì, Iran (o Persia come si era chiamato fino al 1935) compreso, essa non è mai stata considerata favorevolmente dai paesi arabo-musulmani. Infatti, alcuni decenni fa i paesi di religione islamica ne hanno varata una loro, ovvero la Dichiarazione islamica dei diritti dell’uomo, proclamata il sabato 19 settembre 1981 presso l’UNESCO a Parigi, che rappresenta la versione islamica della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e, a differenza della sua omologa del 1948, è una fonte di diritto gerarchicamente inferiore al Corano e alle tradizioni islamiche. Essa scaturì da varie critiche dirette da paesi prevalentemente islamici – come Sudan, Pakistan, Iran ed Arabia Saudita – verso la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo per la mancanza di considerazione per le “esigenze religiose e culturali” dei paesi islamici. Essa fu preceduta da un intervento presso le Nazioni Unite da parte del rappresentante iraniano Saʿid Rajaie Khorasani, secondo il quale la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo rappresentava “una interpretazione laica della tradizione giudaico-cristiana” che non avrebbe potuto essere attuata dai musulmani senza violare la legge dell’Islam. Pertanto la teocrazia della Repubblica Islamica dell’Iran non si sente obbligata a fornire alcuna motivazione dell’arresto in quanto la sua natura totalitaria non prevede diritti umani fondamentali in capo all’individuo, quindi per l’accusato non esiste alcuna autonomia che gli sia riconosciuta nel campo dei diritti, delle garanzie, delle libertà.

Perciò, in estrema sintesi, per l’intero mondo musulmano non esistono leggi internazionali, accolte dalla quasi totalità delle nazioni, le cui norme e regole possano essere in esso applicate perché, al di sopra di tutte le leggi umane, vi è la supremazia del Corano. Potremmo fare un paragone dicendo che le nazioni “giudaico-cristiane” (come esse le definiscono), se ragionassero come loro, dovrebbero applicare con precedenza su tutte le legislazioni nazionali, comunitarie e internazionali le leggi e le norme della Bibbia ebraica, specificamente quelle del Vecchio Testamento con i suoi statuti arcaici e spesso disumani e fuori da ogni logica giuridica oggi vigente in quasi tutto il mondo.

Ecco perché nel caso Sala stiamo assistendo ad una farsa della giustizia che nell’Iran coranico è quella, e solo quella, codificata nel Corano del loro Allah. E i diritti umani? A questo argomento, di cruciale importanza, ha dedicato un intero saggio uno dei nostri più grandi filosofi moderni, Norberto Bobbio, intitolato L’Età dei diritti, (Einaudi, 1997), che è di fondamentale importanza se vogliamo almeno tentare di capire di cosa stiamo parlando, e di fronte a quale epocale disputa ci troviamo a confrontarci. Secondo Bobbio, infatti, “il riconoscimento e la protezione dei diritti dell’uomo stanno alla base delle costituzioni democratiche moderne. La pace è, a sua volta, il presupposto necessario per il riconoscimento e l’effettiva protezione dei diritti dell’uomo nei singoli stati e nel sistema internazionale … Diritti dell’uomo, democrazia e pace sono tre momenti necessari dello stesso movimento storico: senza i diritti dell’uomo riconosciuti e protetti non c’è democrazia; senza democrazia non ci sono le condizioni minime per la soluzione pacifica dei conflitti. Con altre parole, la democrazia è la società dei cittadini, e i sudditi diventano cittadini quando vengono loro riconosciuti alcuni diritti fondamentali”.

Fra questi diritti ve ne sono alcuni in particolare che rivestono un’importanza di primo piano: Articolo 1: Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.

Articolo 2: Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione.

Articolo 3: Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona.

Articolo 9: Nessun individuo potrà essere arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato.

Articolo 10: Ogni individuo ha diritto, in posizione di piena uguaglianza, ad una equa e pubblica udienza davanti ad un tribunale indipendente e imparziale, al fine della determinazione dei suoi diritti e dei suoi doveri, nonché della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta.

Articolo 11: Ogni individuo accusato di un reato è presunto innocente sino a che la sua colpevolezza non sia stata provata legalmente in un pubblico processo nel quale egli abbia avuto tutte le garanzie necessarie per la sua difesa. Nessun individuo sarà condannato per un comportamento commissivo od omissivo che, al momento in cui sia stato perpetrato, non costituisse reato secondo il diritto interno o secondo il diritto internazionale.

È facile rendersi conto, dalla lettura di questi soli articoli, che la nazione islamica dell’Iran li ha violati tutti e, nel caso Sala, in maniera lampante e arbitraria. La violazione dell’articolo 10 della “Dichiarazione” è una delle tante prove di rifiuto di riconoscerne il valore. A Cecilia Sala non è stato infatti contestato alcun reato se non quello generico e inconsistente di “aver violato la legge della Repubblica islamica”, ma in che cosa consista questa violazione non è ancora stato indicato, e il motivo è semplice: non c’è nessuna violazione di nessuna legge, se non quella, forse, di non avere indossato il velo e altre facezie simili che fanno dell’Iran e del mondo islamico in generale un mondo a parte di usi non condivisibili.

In realtà qui ci troviamo di fronte a un vero e proprio ricatto travestito da violazione della legge. Si parte dal fatto che gli Stati Uniti hanno chiesto all’Italia l’estradizione di un cittadino iraniano presso di noi trattenuto nel carcere milanese di Opera, Mohammad Abedini Najafabadi, ingegnere accusato di terrorismo per aver violato le leggi americane sull’esportazione di componenti elettronici sofisticati dagli Usa all’Iran e per aver fornito materiale a un’organizzazione terroristica straniera. È del tutto ovvio che la giustizia italiana, che non risponde certamente ai diktat americani, prima di concedere la sua estradizione è obbligata a procedere agli accertamenti di legge riguardanti il suo trasferimento in America. Quest’ultima esige che ciò sia fatto immediatamente, mentre l’Iran pretende il suo immediato rientro in patria e, non avendolo ancora ottenuto, ricatta, come abbiamo già detto, il nostro Paese, rivalendosi sull’incolpevole Cecilia Sala. Ritornando a Bobbio, ci sembra opportuno concludere con le sue parole: “Scendendo infine dal piano ideale a quello reale, altro è parlare di diritti dell’uomo, altro è assicurare loro una protezione effettiva … Sappiamo tutti che la protezione internazionale è più difficile che quella all’interno di uno stato di diritto. Si potrebbero moltiplicare gli esempi del contrasto fra le solenni dichiarazioni e la loro attuazione … Riflettendo sul tema dei diritti dell’uomo, mi è parso di cogliervi un segno del progresso morale dell’umanità. Ma è l’unico senso? Quando rifletto su altri aspetti del nostro tempo, ad esempio sulla corsa vertiginosa ad armamenti che mettono in pericolo la vita stessa sulla terra, dovrei dare una risposta completamente diversa … Rispetto alle grandi aspirazioni degli uomini di buona volontà siamo già troppo in ritardo. Cerchiamo di non accrescerlo con la nostra sfiducia, con la nostra indolenza, con il nostro scetticismo. Non abbiamo molto tempo da perdere”.

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