Questo nostro pianeta, insignificante e sperduto nell’infinita grandezza del cosmo, ospita sulla sua superficie ben otto miliardi di abitanti. Sono un numero veramente imponente, che sarebbe impossibile perfino concepire nella mente. Ciascuno di loro, però, pur appartenendo alla stessa famiglia umana, ed essendo tutti in grado di riprodurre la loro specie a prescindere dal gruppo etnico a cui appartengono, condividendone i tratti essenziali, è diverso l’uno dall’altro. Non esistono due individui identici, ci somigliamo, ma non siamo uguali. Uno per uno tutti gli otto miliardi hanno caratteristiche distintive. Si prendano, per esempio, le impronte digitali: ce ne sono otto miliardi l’una assolutamente diversa dall’altra, tanto è vero che tramite esse si può individuare con certezza il proprietario, senza tema d’errore, e così può dirsi anche del DNA. Ogni organismo vivente, infatti, possiede un proprio patrimonio genetico diverso da quello di chiunque altro o un cervello dissimile da tutti gli altri. Il cervello sembra uguale per tutti nella sua apparenza esterna, nella sua anatomia macroscopica ma, dentro, ogni cervello è diverso, le sue reti neurali, che generano il funzionamento, sono differenti per ogni individuo. Ogni persona è fatta a suo modo, ognuno ha la sua mente, il suo carattere, la sua personalità, il suo modo di essere, di funzionare, la sua “mentalità”; questo dipende dal “suo” cervello, da quel cervello che si è formato a seguito delle “sue” esperienze, fin da quando era feto e poi neonato. Soltanto una piccolissima parte del nostro cervello ha modi di funzionamento uguali per tutta la specie umana, e questa parte viene trasmessa per via genetica, ma tutto il resto è imparato. Ogni cervello impara: l’apprendimento corrisponde alla formazione di reti neurali che regolano il modo con cui questo cervello potrà funzionare. Ogni mente è diversa perché ogni cervello ha imparato a funzionare in un certo modo. Per questo tutto il cervello “è” memoria; soprattutto memoria di tutte le funzionalità che ha imparato lungo la vita, di come metterle in funzione al momento giusto, nonché di come impararne di nuove. Non si può dire che la natura manchi di fantasia, essendosi sbizzarrita a creare tanta multiforme varietà pur nell’ambito della stessa specie.
Ovviamente, questa è una eccezionale caratteristica di ogni essere umano, che ci permette di essere solo ed esclusivamente noi stessi anche se viviamo in un ambiente che tende a plasmarci in modi del tutto simili. L’ambiente famigliare, le scuole di ogni ordine e grado che frequentiamo, le nostre letture, le nostre compagnie e tant’altro contribuiscono a fare di noi un essere unico e inimitabile.
Ma, c’è un ma, ed è di grandissima importanza. Un “ma” che ha esercitato una enorme influenza sulla psicologia di ciascun essere umano, al punto da modificarne comportamenti, modi di pensare, di agire, di reagire; al punto di cambiare quasi completamente una determinata persona in un’altra del tutto diversa. In che consiste questo “ma”? Con il sostegno di uno dei più illustri etnologi e psicologi francesi del XX secolo, Gustave Le Bon, possiamo asserire che l’artefice di questo cambiamento è la “folla”, che lui definisce “nuova potenza, ultima sovrana dell’età moderna” (Psicologia delle folle, Edizioni Clandestine, 2014). Cos’è la “folla” e qual è il suo effetto sui singoli individui, sì da trasformarne radicalmente pensiero e comportamenti? Credo che in un modo o nell’altro siamo tutti consapevoli di cosa stiamo parlando. Per non andare troppo a ritroso nel tempo, potremmo riportare alla nostra memoria le adunate “oceaniche” che si raccoglievano intorno ai duci del nazismo e del fascismo, disposte a tutto pur di compiacere i loro capi. O le folle straripanti artefici di morte e distruzione nelle rivolte di diversi paesi sudamericani, o in tante altre parti del mondo, fino ad oggi, in cui folle impazzite, devastano, rubano, sterminano sotto l’egida dell’una o dell’altra bandiera e sotto l’incitamento dei caporioni che come il pifferaio magico riescono a guidare la volontà delle moltitudini come se fosse quella di un uomo solo.
Le persone che compongono le folle non sono persone diverse da tutti gli altri, non lo sono affatto. L’uomo isolato sa bene che non gli è permesso incendiare un edificio o saccheggiare un negozio; l’idea di farlo neppure lo sfiora. Ma quando è parte di una folla egli, acquisita consapevolezza della forza conferitagli dal numero, cederà immediatamente alla prima suggestione che vorrà spingerlo verso ogni sorta di nefandezza. Ogni ostacolo posto tra la massa e l’obiettivo che essa si è data sarà abbattuto con veemenza. Ed è dalla folla che provengono i torrenti di sangue che il trionfo di ogni “ideale” esige. Ideali che possono essere della più svariata natura: da quelli religiosi che spingevano le masse a bruciare sul rogo persone colpevoli soltanto di essere stati accusati da qualcuno di essere streghe, o demoni in forma umana, a quelli politici che spingono le folle, vessate da regimi dittatoriali che trovano il momento adatto a fare scoccare la scintilla della rivolta che acceca chiunque ne faccia parte. La folla, inoltre, dà libero sfogo a sentimenti repressi che sono stati tenuti celati fino a quel momento per paura delle conseguenze se messi in atto. Nelle masse, lo stolto, l’ignorante, l’invidioso sono liberati dal sentimento della loro nullità e impotenza, che viene sostituito presto dalla consapevolezza di disporre di una forza brutale, transitoria ma immensa.
Ed è qui che si manifesta in pieno la capacità di affabulazione e di convincimento dei “guru”, qualunque sia l’ideologia da essi propugnata, che si manifesta coltivando l’arte di impressionare l’immaginazione delle folle, che significa possedere la capacità di governarle. Poco fa abbiamo accennato alle motivazioni religiose come una delle spinte più potenti a impressionare e reclutare le folle. Ed è utile comprendere che non si è religiosi soltanto quando si adora una divinità, ma anche quando si mettono tutte le risorse del proprio spirito, tanto la volontà quanto gli ardori del fanatismo, al servizio di una causa o di un uomo diventato lo scopo e la guida dei nostri sentimenti e delle nostre azioni. Non di rado il sentimento religioso è accompagnato da intolleranza e fanatismo, elementi in quanti si ritengono depositari del segreto della felicità terrena o eterna. Un esempio che, purtroppo, spesso abbiamo sotto gli occhi è quello della cieca obbedienza di circa 8 milioni di persone del movimento dei Testimoni di Geova che, sotto la guida — per loro di origine divina — di un gruppetto di ierofanti autoproclamatosi rappresentanti di dio, si astengono dalle trasfusioni di sangue, per rifiutare le quali sono perfino disposti a sacrificare la vita dei loro figli o la loro stessa vita. Il loro fanatismo opererebbe allo stesso modo a prescindere da ciò che verrebbe loro richiesto, ma poiché sarebbero acclamati come una sorta di eroi dalla massa dei loro correligionari, sono disponibili a passare sopra la ragione e gli affetti più cari pur di non venir meno alla fedeltà verso chi li guida.
Adesso ci chiediamo: come si originano le folle? Quando un certo numero di esseri viventi si riunisce, che si tratti di animali o uomini, si pone istintivamente sotto l’autorità di un leader che riconosce quale guida. I trascinatori di folle, il più delle volte, non sono intellettuali, ma uomini d’azione, poco avvezzi a configurarsi scenari a lunga portata, e la forza conferita loro dal ritenere giuste le proprie posizioni conferisce un grande potere suggestivo a ogni parola che essi pronunciano. La folla ascolta sempre l’uomo spinto da una volontà irriducibile, perché gli individui confluiti in una moltitudine, persa la propria, si volgono istintivamente a chi mostra di possederne una. Chi non ricorda, per esempio, il discorso di Mussolini da palazzo Venezia nel giugno del 1940, quando una folla inebriata e festante acclamò il Duce che dichiarava l’entrata in guerra dell’Italia, il quale catechizzò l’enorme folla radunata con il suo famoso “vincere, e vinceremo!”, suscitando l’entusiastica adesione di persone che non si rendevano conto di dire di si alla loro morte e a lutti e sofferenze inenarrabili. E questo purtroppo accade e continuerà ad accadere perché l’anima delle folle è sempre dominata dal bisogno di servitù, non da quello di libertà. La sete di obbedienza fa sottomettere d’istinto a chi si eleva a padrone.
In conclusione non possiamo non menzionare le folle elettorali, che per il momento più ci interessano. In generale esse sono caratterizzate da scarsa tendenza al ragionamento, da mancanza di spirito critico, da irritabilità e semplicismo; e la prima qualità che il candidato deve possedere è il prestigio, deve cioè essere considerato dagli elettori una persona di capacità superiori alle loro, capace di portarli fuori da una vita difficile e desideroso di vedere soddisfatte le proprie bramosie e le sue vanità; pertanto, il candidato deve coprirli delle più stravaganti piaggerie e non esitare a far loro illusorie promesse. Un esempio recentissimo lo abbiamo avuto nella interminabile orazione della nostra premier, a sentir la quale l’Italia sotto la sua guida è diventato il paese del bengodi, con in vista memorabili riforme nei settori più carenti, senza tema d’essere smentita dai fatti (come in realtà è) perché le folle hanno scarsa memoria e le esagerazioni del momento non sono vincolate al loro adempimento perché la folla ha una memoria labile. Non ci rimane che un “piccolo” rilievo, e cioè una riflessione sul suffragio universale che crediamo costituisca la base della nostra democrazia, ma i cui inconvenienti sono troppo visibili per essere misconosciuti, anche se crediamo di goderne, ma che in realtà è soltanto una finzione. È verità incontestabile che le civiltà sono opera di una piccola minoranza di spiriti superiori (superiori certamente non in moralità o etica) che costituisce il vertice di una piramide, i cui piani allargandosi a mano a mano che decresce il valore intellettuale dei loro rappresentati, costituiscono gli strati profondi di una nazione. La grandezza di una civiltà o di una nazione non può certamente dipendere dal suffragio di elementi inferiori che rappresentano soltanto il numero. E qui, mi dispiace dirlo, ma la penso come Platone, il più antidemocratico dei pensatori greci, secondo il quale nel popolo che comanda “è la massima ignoranza, indisciplina e perversità perché la miseria lo spinge all’immoralità”. Platone disprezzava la folla e i suoi capi, che la conquistano per adoperarla a proprio vantaggio, usando l’arte della retorica. I suffragi delle folle sono, indubbiamente, molto pericolosi. Suggerirei, al riguardo, di leggere attentamente Il capo e la folla di Emilio Gentile (Laterza, 2016) che dedica molto spazio a questo argomento con la sua consueta dovizia di informazioni e la lucidità del suo pensiero, e in particolare lo fa anche in un imperdibile libretto dal titolo “In democrazia il popolo è sempre sovrano”, Falso! (Laterza, 2016). L’argomento trattato non è psicologia spicciola, e a ben considerarlo ci riguarda tutti perché molto spesso sono folle come quelle descritte che decidono anche il nostro destino e questo dovrebbe interessarci.