Occidente, dove vai?

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Alcide De Gasperi, Amintore Fanfani, Antonio Segni, Aldo Moro, Sergio Mattarella e suo fratello Piersanti (ucciso dalla Mafia), Giovanni Spadolini, Carlo Azeglio Ciampi, Nilde Iotti, Tina Anselmi, Susanna Agnelli. A chi, come il sottoscritto, ha parecchie decadi sul groppone, questi nomi dicono molto, ma probabilmente non è lo stesso con i più giovani. Stiamo parlando di persone che hanno contribuito a costruire l’Italia, dopo l’incubo del regime fascista e la conseguente carneficina della seconda guerra mondiale che ridusse il nostro Paese in macerie.

Sulle spalle di queste persone, insieme a molte altre che non vi è lo spazio per menzionare tutte, gravò un peso quasi insopportabile, perché si trattava di far uscire una nazione, un intero popolo da una tragedia che non soltanto aveva causato milioni di morti e di distruzione, ma che ne aveva profondamente fiaccato l’animo e che aveva un impellente bisogno che qualcuno si prendesse cura di lui. Gli italiani trovarono, quindi, in quelle persone, degli uomini e donne di massima integrità, di grande caratura morale, di profonda cultura politica e sospinti da un solo intento: fare il bene dei loro connazionali. Ma il tempo è trascorso e molte cose sono cambiate, e fra di esse vi è certamente la qualità del personale politico ed anche quella degli italiani che, come molti altri popoli della vecchia Europa e anche d’oltre oceano, vivono immersi in un panorama che considera ormai anticaglie virtù come onestà, rispetto, ubbidienza, amor patrio, altruismo, decenza e decoro.

In quella seconda metà del XX secolo sarebbe stato a dir poco impensabile vedere assurgere alla guida del Paese personaggi come Matteo Salvini, Giovanni Calderoli, Umberto Bossi, Ignazio La Russa e, come presidente del consiglio dei ministri, un’anonima popolana della Garbatella. Possiamo dire senza tema di smentita che al solo pensiero di vedere soggetti del genere guidare la nazione si sarebbe stati mossi al riso e all’incredulità. Alcuni dei nomi citati all’inizio contribuirono, invece, a ricostruire un paese ormai in frantumi, a rimettere in piedi la democrazia, a portare il Paese a far parte di organismi internazionali come la NATO e l’ONU, a godere dei benefici del Piano Marshall, che risollevò le sorti europee. Dalla fine della guerra, De Gasperi si batté attivamente per l’unità europea nella convinzione che fosse l’unico modo per prevenire futuri conflitti. Era motivato da una chiara visione di un’Europa unita che non sostituisse i singoli Stati, ma consentisse loro di integrarsi e sostenersi a vicenda e di lavorare insieme. Infine, l’opera di De Gasperi contribuì a creare la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA), che ebbe un ruolo determinante nel neutralizzare le possibilità di guerra tra le nazioni europee.

Lo spettacolo che, oggi, offrono invece l’Italia e l’Europa intera è veramente scoraggiante. Vediamo al potere, con qualche rara eccezione, personaggi di modesto spessore, di poca cultura, sia politica che secolare, interessati soltanto a curare il proprio orticello e a conseguire vantaggi personali. Non hanno più una “visione”, come si diceva una volta, perché il loro orizzonte è limitato ad accaparrarsi poltrone, e la loro politica è una politica di comari che ci ricordano tanto le baruffe chiozzotte di Carlo Goldoni. Leggere i giornali o assistere a programmi televisivi che si occupano di politica è diventato un esercizio deprimente, quando ci si rende conto della qualità degli intervenuti e della ristrettezza dei loro ideali (se pure ne hanno). Apprendiamo che ad oggi il partito tale ha conquistato lo 0,3 per cento di consensi, e che il talaltro ne ha perduti lo 0,1; sembrano dosi omeopatiche, che pertanto costringono i detentori delle varie poltrone a funambolismi vari per potere prevalere l’uno sull’altro. E non solo: devono anche, perché costretti a farlo, vellicare la cosiddetta “pancia” dell’elettorato, e per far questo ricorrono a promesse sempre meno credibili perché le risorse disponibili sono inevitabilmente limitate. A sentir parlare questi politicanti da strada, solo loro posseggono la formula per la risoluzione di tutti i problemi, a condizione che gli diamo il nostro appoggio e gli consentiamo di mantenere ferma la loro presa sul potere. Ma di quanto tempo hanno bisogno gli elettori per rendersi conto che stanno andando dietro a delle chimere e che le chiacchiere assordanti che ogni giorno ci vengono riversate dai vari podi televisivi e altri non sono che una presa in giro? Il popolo, la gente, non dev’essere blandita, deve essere educata, e a volte l’educazione non è molto gradita, quindi si va in cerca di chi ci promette il bengodi.

Potremmo fare qualche esempio in campi diversi. Quello della famiglia e quello della scuola. Una volta si riteneva che l’educazione primaria dovesse essere impartita in casa, e poi continuata con quella della scuola. Pertanto i genitori che desideravano il bene dei loro figli dovevano ogni tanto dire di no, vincendo il timore di alienarsi l’affetto dei loro figli. Educazione, ubbidienza, rispetto, decoro erano le lezioni che venivano impartite in famiglia e poi nelle aule scolastiche. Un docente d’altri tempi non avrebbe potuto conquistarsi il favore dei discenti consentendo loro di far baccano, di mancare di rispetto, di comportarsi in modo inappropriato in aula, e forse questo gli avrebbe comportato la nomea di severo, intransigente. Ma così facendo il tempo gli avrebbe dato ragione, perché quei ragazzini indisciplinati sarebbero diventati adulti rispettosi, consci delle loro responsabilità. Ma è tutto cambiato. Chi, come me, ha vissuto tutte le stagioni di cui abbiamo parlato, ed è stato in prima persona discente, e poi padre, ha potuto constatare come la perdita di influenza di genitori e maestri ha comportato l’emergere di una generazione di ragazzi, e poi di uomini, insofferenti alle regole, disincantati, desiderosi soltanto di possedere ciò che è l’oggetto dei loro desideri, qualunque essi siano e a qualunque costo. Inoltre, la consapevolezza di essere governati da personaggi irrilevanti, privi del minimo carisma, ma ricchi soltanto di cialtronerie e di promesse buone per accattivarsi il favore degli elettori, non poteva non avere come conseguenza ciò che è sotto i nostri occhi ogni giorno.

In precedenti articoli abbiamo parlato delle elezioni americane e della disastrosa condizione in cui probabilmente verrà a trovarsi l’America guidata da Donald Trump. Chi conosce la storia di quel paese non può dimenticare i nomi di George Washington, di Abramo Lincoln, di Theodore e Franklin Delano Roosevelt, di Harry Truman e di tanti altri che hanno fatto dell’America la prima potenza militare e commerciale del mondo, potenza purtroppo in declino e che lo sarà ancor di più con la guida dell’individuo meno adatto a ricoprire una carica del genere, al quale i presidenti che abbiamo menzionato forse non avrebbero nemmeno stretto la mano. Un individuo che, come abbiamo già fatto notare, si è circondato di personaggi discutibili come e più di lui per guidare un paese lacerato e confuso. Un presidente che affida il Ministero della Giustizia a una persona come Matt Gaetz, chiacchierato per presunti rapporti sessuali con minorenni e uso di droghe, a cui spetterà l’incarico di amministrare la politica migratoria degli Stati Uniti, per contrastare la quale è prevista l’erezione di un muro invalicabile con tutta la frontiera messicana, fatto che ci ricorda tristemente il muro di Berlino. Fra tali accoliti c’è anche Stephen Miller, vice capo di gabinetto, convinto della necessità di proteggere gli americani dagli immigrati, che nel 2017 fu l’architetto del Muslim Ban, il divieto d’ingresso ai cittadini di determinati paesi musulmani. Come scrivono alcuni giornalisti di vaglia su Repubblica del 15 novembre: «La fedeltà prima della competenza. Perché Trump aveva promesso agli elettori di diventare la loro “retribution”, il castigatore dei nemici, e la lealtà degli esecutori è il punto di partenza per ogni rappresaglia. Appare evidente dalle nomine per il governo, con una distinzione chiave: sulla politica estera sembra essere uno disposto a essere meno dirompente rispetto a guerra culturale anti-woke, immigrazione e tariffe. La nomina più oltraggiosa, il dito nell’occhio dell’America che fa rivoltare pure i repubblicani, è, come abbiamo detto, Matt Gaetz. Un indagato che viene nominato alla Giustizia, sospettato di aver pagato per fare sesso con una minorenne … Una squadra compatta per la vendetta di Trump, ma con il rischio che incompetenza ed estremismo facciano fallire l’amministrazione». Un’ultima chicca dei governi repubblicani in America ce la fornisce Paolo Mastrolilli, di Repubblica, che ci informa che “nella Florida repubblicana è già in atto un’iniziativa alla 1984 di Orwell. In quello Stato hanno vietato l’insegnamento dello schiavismo, per non turbare la coscienza degli studenti bianchi, e bandito i libri non appropriati nelle scuole. In teoria quelli pornografici o strumento di indottrinamento, ma al macero sono finiti pure capolavori come Arancia Meccanica di Anthony Burgess, Mattatoio n. 5 di Kurt Vonnegut … Secondo i dati di Pen America rilasciati dal Washington Post, dal luglio 2021 a oggi nelle scuole della Florida sono stati rimossi dagli scaffali almeno 4.561 libri”. È terrificante ciò che i seguaci di Trump, con il suo consenso, stanno facendo all’America! Quanto sopra, anche se non necessariamente tutto, in un certo senso, si applica anche al nostro quadro politico, nel quale il merito e la competenza contano pochissimo, ma dove conta la fedeltà al capo che saprà ben retribuire i suoi fedeli. E su queste basi la prospettiva non può che essere la rovina dello Stato. Uno Stato che deve fronteggiare sfide sempre più grandi, per le quali non è attrezzato, né materialmente né culturalmente. Dobbiamo tristemente concludere, allora, ripetendo il vecchio refrain “chi vivrà vedrà”.

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