Vogliono uccidere Giorgia!

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È con questo titolo a caratteri cubitali che Libero, uno dei quotidiani al servizio della destra al potere, apre l’edizione del 31 ottobre. A parte l’enormità dell’editoriale di Mario Sechi, che scorreremo fra un po’, in questa titolazione ci sembra di intravedere un chiaro richiamo a ciò che è accaduto ad un intimo amico della “Giorgia” nazionale dall’altra parte dell’Atlantico, Donald Trump, oggetto di un tentativo di omicidio che più utile non poteva tornargli, consentendogli di atteggiarsi a martire e quindi facendo appello agli elettori affinché lo aiutassero a sconfiggere “le forze del male” che tentavano di spazzarlo via dalla competizione elettorale. Idem per Meloni, la Presidente del consiglio aspirante martire per la sua strenua difesa degli italici valori e della democrazia.

Chi sono i mandanti del truce complotto? Secondo Mario Sechi, editorialista di Libero, è “il piccolo establishment italiano composto dalla magistratura, dal mandarinato dell’alta burocrazia, dall’élite editoriale e dai suoi referenti finanziari [che] apre il conflitto dei poteri irresponsabili contro la democrazia del voto. L’operazione punta dritto al bersaglio grosso, Meloni, la sua famiglia, i suoi collaboratori più stretti, ogni angolo della sua vita viene setacciato. Si tenta senza successo di uccidere il governo in culla, si prova la via della delegittimazione in Europa e dell’isolamento internazionale con l’argomento del nuovo fascismo e della violazione delle regole dello Stato di diritto … L’immigrazione e la giustizia sono il nocciolo radioattivo di questa offensiva di cui una parte della magistratura è solo la parte visibile, il contropotere che arriva a colorare le sue decisioni sul caso degli stranieri condotti in Albania evocando la Germania nazista … lo spionaggio, i trafficanti di esseri umani, entità straniere che osservano e sollecitano la crisi, puntando a destabilizzare Roma e il suo governo. Le minacce di morte alla premier sono una conseguenza: se non puoi piegare il nemico, lo elimini”.

Nemmeno Shakespeare avrebbe potuto delineare con maggiore efficacia le linee di questo dramma casalingo tendente a collocare in un’atmosfera gotica di martirio la nostra ineffabile Premier. Noi, i cittadini, dipendiamo dalla stampa per avere informazioni su ciò che accade nel Paese e in ambito governativo, ed è veramente triste che i pennivendoli di regime manipolino così sfacciatamente la realtà, impedendoci in tal modo di essere correttamente informati su ciò che accade e farci pertanto un’opinione equilibrata dei fatti per poter decidere cosa pensarne e fare poi le nostre scelte, ma se i fatti sono volutamente alterati e distorti, in tal caso la stampa è venuta clamorosamente meno al suo dovere di informare con fatti veritieri e non con complotti, che sono peraltro la cifra distintiva di questo Governo, che non smette mai di evocarne qualcuno a suo danno.

Quando si altera la verità, di solito accade perché si vuol nascondere qualcosa e, nel caso di Meloni e del suo Governo, si vuole evidentemente sottacere che, in Europa, siamo tornati ad essere il fanalino di coda dell’eurozona. Basta guardare ai dati sulla crescita del Pil nel terzo trimestre dell’anno per vedere come una doccia fredda si sia abbattuta sul Governo, con una crescita zero nel trimestre rispetto a quello precedente, contro un aumento nell’eurozona dello 0,4%. Non siamo proprio gli ultimi, ma ci andiamo vicino. Prendiamo il dato del terzo trimestre come un campanello d’allarme, utile per chi si lanciava in altisonanti peana solo perché per un po’ di trimestri riuscivamo a tenere il passo con il resto d’Europa, cosa che adesso non accade più. A questo disastroso stato delle cose si aggiunge anche ciò di cui abbiamo parlato in altri interventi, ovvero il disastroso scontro tra governo e magistratura che delegittima entrambi agli occhi dei cittadini e dell’elettorato. Oggetto del contendere, almeno in apparenza, è la questione migratoria, le politiche migratorie tornate al centro della battaglia politica. Al punto da non potere neppure escludere in via di principio che la ripresa così massiccia di questo tema da parte della maggioranza serva alla Premier come “arma di distrazione di massa”, utile anche al suo vice che, indagato per il caso Open Arms e proposto per un periodo detentivo dai giudici di Palermo, evoca anch’egli complotti della magistratura per “farlo fuori” per via giudiziaria, indebolendo così il Governo.

Certo, la finalità di questa “Capitol Hill” in sedicesimo è eminentemente comunicativa, ed è servita a lanciare il messaggio che il tema della “difesa dei confini” appartiene al “patriota” Salvini e, in secondo luogo, a mostrare plasticamente come tutto il gruppo dirigente leghista fosse coeso e stretto attorno al leader su questa contesa (elettoralmente decisiva). Non possiamo non chiederci come la “difesa dei confini” possa andare d’accordo con l’iniziativa del ministro della salute, Schillaci, che vuole arruolare 10.000 infermieri indiani per turare i buchi sempre più profondi del nostro sistema sanitario nazionale. All’improvviso, gli indiani non sono più immigrati, ma addirittura affidiamo loro la nostra salute e la nostra vita. Qualcuno osa intravedervi una macroscopica contraddizione?

Un governo che si rispetti non dovrebbe avere bisogno di ricorrere a questi mezzucci propagandistici per andare avanti, ma le sue evidenti debolezze e incapacità di uscir fuori dal “cul de sac” in cui si è impantanato, lo costringono, come Donald Trump, a ricorrere all’argomento trito e ritrito dei “poteri forti” che cercano di far fuori la Premier. Ed ecco che, di fronte alla decisione dei giudici di Bologna sul “decreto Albania”, definendola “un volantino propagandistico”, essa aggiunge — nella trasmissione Porta a Porta — di essere “minacciata di morte dai trafficanti di uomini”, indossando così le vesti della martire in pectore.

Noi, i cittadini, non possiamo che rimanere disorientati di fronte a questa sorta di impazzimento della politica, che purtroppo non coinvolge soltanto il nostro Paese, ma sembra una specie di virus maligno che sta contagiando il mondo intero. Si sta sgretolando l’Occidente, quell’occidente che ha sempre preteso di imporsi sulla scena mondiale come il detentore di ogni virtù, di modello di buon governo e di democrazia, e nel cuore del quale adesso divampa una guerra distruttiva che non può non coinvolgere tutti noi. Il “modello occidentale” è in piena crisi, e noi con esso. Non a caso un grande analista politico come Emmanuel Todd vi ha dedicato il suo ultimo lavoro, intitolato La sconfitta dell’occidente, che rappresenta una lucida, spietata e documentata analisi della crisi euroamericana degli ultimi anni.

Su entrambe le sponde dell’Atlantico, ormai, si assiste a una guerra per bande, nella quale la prima vittima è proprio la democrazia. Se democrazia vuol dire “governo del popolo”, è evidente che la situazione mondiale smentisce categoricamente questa definizione. Il popolo assiste sbigottito a una contrapposizione cruenta negli Stati Uniti fra i candidati alla presidenza, che non rinunciano a nessuno stratagemma, anche il più losco, per prevalere sull’avversario. In tutta la storia delle elezioni americane non si è mai assistito a uno scontro più devastante che si trasferisce sui sostenitori di entrambe le parti, con le conseguenze di ciò che abbiamo visto accadere a Capitol Hill, che ha rasentato l’insurrezione. Lo stesso accade anche da noi, anche se non ancora con quelle conseguenze drammatiche. Una volta ci si confrontava sulle idee, sui programmi, vigeva il rispetto per l’avversario, o per dirla semplicemente, la buona educazione, che dovrebbe contraddistinguere chiunque si accinga a ricoprire ruoli di grande responsabilità. Adesso, invece, ci si confronta con gli insulti, la delegittimazione, la “character assassination”. Tutto questo non può che avere conseguenze, una delle quali è sotto i nostri occhi: nelle recenti elezioni liguri, l’elettorato che si è recato alle urne è stato meno del 50%, il 45%, ciò significa che meno della metà degli elettori hanno scelto anche per l’altra metà chi dovrà governare; possiamo ben dire che è una democrazia “dimezzata”, in cui gli eletti sono il frutto di solo una parte del “popolo”, e nella quale, di conseguenza, anche il popolo è dimezzato, di propria scelta, manifestando così in modo eclatante la più totale sfiducia nel meccanismo delle elezioni, ritenendo che, qualunque ne sia l’esito, non cambierà niente lo stesso. È quindi una democrazia malata quella che sta sempre più prendendo piede e i reggitori delle italiche sorti dovrebbero esserne preoccupati, molto preoccupati, anche perché sanno di governare con l’appoggio di una parte molto ridotta dei cittadini elettori. Pertanto, vorrei che i direttori dei giornali di regime, e anche di tutti gli altri, si ponessero questa domanda: dove stiamo portando l’elettorato? Che democrazia è quella nella quale la maggior parte dei cittadini non ci crede più? È ora di smetterla con i titoloni che servono solo a vellicare gli atteggiamenti più retrivi chi legge, e ritornare ad un pensiero sobrio, nel quale prevalgano il buon senso, la verità e il rispetto degli elettori, e non le parole che, come pietre, rischiano di danneggiare irrimediabilmente il nostro sistema democratico.

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