Quanto vale una vita umana?

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“Papà conosce Meloni, lavorerà bene con lei”. Parole di Eric, il figlio del tycoon Donald Trump, sicuro che il padre vincerà la competizione elettorale contro Kamala Harris.

Dall’altra parte del mondo, in Russia, notizie preoccupanti suscitano allarme per ciò che potrebbe accadere. La Corea del Nord, acerrimo nemico degli Stati Uniti e dell’Occidente, ha deciso di schierarsi a fianco di Putin nella guerra contro l’Ucraina, per dare una spallata decisiva alle difese di Kiev, già notevolmente indebolite. In concreto, il dittatore Kim Jong un ha schierato reparti militari di “fanteria d’assalto” per infrangere la resistenza ucraina nel Kursk, cancellando così l’unico successo ottenuto dall’Ucraina in tutto il 2024. È ovvio che questa iniziativa non poteva non mettere in allarme la Corea del Sud, che adesso potrebbe fornire parte del suo colossale arsenale di cannoni e munizione all’esercito di Zelensky; ci troviamo, così, davanti a una vera e propria escalation che ha messo in stato di allerta i vertici Nato e i governi occidentali.

A prescindere dalle tremende conseguenze che una siffatta escalation potrà comportare, dato che la Corea del Nord è una potenza nucleare, una domanda che mi tormenta, e che dovrebbe tormentare tutte le persone di buon senso del mondo, è: quanto vale una vita umana per persone come Putin, Kim Jong un, Donald Trump? Dall’autorevole Wall Street Journal apprendiamo che la “fanteria d’assalto” coreana, mandata a battersi a fianco di Putin, sarebbe composta da ragazzi malnutriti e inesperti: “carne da cannone” che il despota nord coreano potrebbe sacrificare senza problemi. Nel contempo le statistiche redatte al proposito ci fanno sapere che l’attuale conflitto è già costato a Putin 650.000 fra morti e feriti.

Qualcuno dei personaggi che abbiamo menzionato, e molti altri in tutto il mondo, oggi come nei secoli trascorsi, si è mai posto la domanda su ciò che le proprie scelte comportano? La perdita del bene più prezioso che gli esseri umano posseggano, la vita, è per queste persone soltanto uno strumento, una pedina da muovere sulla grande scacchiera del mondo, per conquistare una posizione di privilegio, di forza. Chiedersi cosa accade in milioni di famiglie dove giovani uomini (e anche donne) non torneranno mai più a casa o, se torneranno, saranno straziati nel corpo e nella mente, sì da non essere più in grado di vivere una vita normale. Se lo chiedono? Gli passa mai per la testa? Penso proprio di no. E quindi ci troviamo di fronte al problema di sempre, che ha sfidato le menti più illustri di oggi e del passato: se esista mai, o possa esistere, una guerra “giusta”, cioè che valga la pena di combattere, con la perdita di innumerevoli vite, per raggiungere un obiettivo che, almeno lontanamente, la giustifichi. Sì, forse può esistere una guerra “giustificata”, ma mai una “guerra giusta”.

Al riguardo, sono estremamente interessanti due saggi su questo tema, che il nostro Norberto Bobbio ha dato alle stampe nel corso del tempo: Lezioni sulla guerra e sulla pace, e Il problema della guerra e le vie della pace, a cui noi aggiungiamo Per la pace perpetua, di Immanuel Kant. In tutte queste opere vi è un’analisi attenta e approfondita se possa mai esistere una guerra che trovi una giustificazione alcuna per lo sterminio di vite, spesso innocenti, ma comunque sempre vite, anche se sono quelle dei soldati. Se esiste qualcosa che possa giustificare l’aver attribuito ad alcuni uomini il potere di vita e di morte sui loro simili. Senza bisogno di ricorrere ai grandi filosofi e agli umanisti del passato e del presente, la risposta è sicuramente NO! Nessun uomo ha, o dovrebbe avere, questo potere, tanto meno in una democrazia, come quella che Putin dice di guidare, e che Trump dice di volere restaurare, mentre considera tutti quelli che non sono WASP (White, Anglo Saxon, Protestant) e cioè americani bianchi e anglosassoni, una sorta di spazzatura umana, tanto è vero che fra i suoi progetti ci sono quelli che considerano anche la pena di morte per tutti gli immigrati che delinquono nel suo paese e barriere di filo spinato per chiunque voglia contaminare, entrando negli Stati Uniti, la sua pura popolazione, trascurando il fatto che non vi è un solo americano che non sia figlio o discendente di immigrati dalla vecchia Europa, per non parlare dei milioni di immigrati africani deportati a forza e fra pene inaudite dai loro paesi d’origine negli States per servire e fare arricchire i “padroni” bianchi. Ma per lui, come per il nostro Salvini, gli immigrati di qualunque colore e per qualunque motivo sono soltanto la feccia dell’umanità, trascurando il fatto che sono esseri umani a loro identici, con gli stessi sentimenti, aspirazioni, speranze, dolori. È semplicemente osceno che le ambizioni di potere, o qualsiasi tipo di ambizione o di motivazione possano concedere a un essere umano il diritto di considerare i suoi consimili “carne da macello”, la cui morte rappresenta soltanto una statistica e nulla più.

Agli inizi di questo scritto abbiamo menzionato la nostra premier, Giorgia Meloni, con la quale Trump, se vincesse, avvierà una collaborazione produttiva. Oltre a lei vi è anche il suo partner di governo, Matteo Salvini, che auspica una sempre più stretta collaborazione con Putin. Sicché abbiamo un’equazione “infame”, che accomuna i nostri governanti a due delle figure più controverse ed esecrabili che calpestano oggi la scena mondiale. E poiché i simili fra di loro si attraggono, è evidente che Meloni, Salvini e il loro governo, insieme al binomio Trump-Putin, sono tutto l’opposto di ciò che il popolo italiano, i cittadini italiani, gli elettori italiani, potrebbero e dovrebbero desiderare. Su Trump mi sembra assolutamente appropriato citare il pensiero di Naomi Klein, giornalista pluripremiata delle maggiori testate di stampa degli Stati Uniti, secondo la quale, nel suo Shock Politics. L’incubo Trump e il futuro della democrazia (Feltrinelli, 2017): “Trump, per quanto sia estremo, non è tanto un’aberrazione quanto una conclusione logica, un misto di quasi tutte le peggiori tendenze dell’ultimo mezzo secolo. Trump è il prodotto di potenti ideologie che valutano la vita umana in base a razza, religione, gender, tendenze sessuali, apparenza fisica e capacità fisiche, e che hanno usato sistematicamente il colore della pelle come arma per imporre brutali politiche economiche sin dai primi giorni della colonizzazione nordamericana e della tratta transatlantica degli schiavi. È anche la personificazione della fusione di essere umano e multinazionale, un megabrand in un corpo solo, la cui moglie e i cui figli sono marchi satellite, con tutte le patologie e i conflitti d’interesse che ne conseguono. È l’incarnazione della fede che i soldi e il potere garantiscano la licenza di imporre agli altri la propria volontà … Purtroppo il presidente degli Stati Uniti influenza tutti gli abitanti della terra … Donald Trump e i suoi compagni di viaggio (fra i quali Meloni, aggiungo io) devono essere considerati per quel che sono: il sintomo di una grave malattia, che collettivamente dovremmo decidere di curare, unendoci”.

Volgiamo lo sguardo, adesso, all’opposto geografico di Trump, a Putin, l’uomo che sta spegnendo un’intera generazione di giovani russi, sacrificandola sull’altare della sua megalomania. E uno sguardo approfondito ci rende estremamente perplessi, in particolar modo se diamo una scorsa a ciò che ha scritto Luke Harding nel suo Collusion. Come la Russia ha aiutato Trump a conquistare la Casa Bianca (Mondadori, 2017). In Collusion, Harding accompagna il lettore alla scoperta di tutti i particolari non dicibili e inquietanti della vicenda “Trump-Russia”, un evento di tale portata da coinvolgere spionaggio mondiale, banche offshore, loschi contratti immobiliari, la criminalità organizzata, il riciclaggio, i dissidenti avvelenati, la pirateria informatica e le elezioni più sconvolgenti di tutta la storia americana (le elezioni del 2016). Le scoperte di Harding, giornalista, scrittore e corrispondente estero del Guardian, ci portano a conoscenza di come la Russia stia sovvertendo a proprio vantaggio l’ordine mondiale e la democrazia americana, e questa è una questione che ci riguarda tutti”.

C’è un’altra voce che vorremmo ascoltare sul grande amico del nostro vicepremier, ed è quella di Anna Politkovskaja, che non ha bisogno di presentazioni, e che nel suo La Russia di Putin (Gli Adelphi, 2002) ci dice che: “Siamo solo un mezzo per lui. Un mezzo per raggiungere il potere personale. Per questo dispone di noi come vuole. Può giocare con noi, se ne ha voglia. Può distruggerci, se lo desidera. Noi non siamo niente. Lui, finito dov’è per puro caso, è il dio e il re che dobbiamo temere e venerare. La Russia ha già avuto governanti di questa risma. Ed è finita in tragedia. In un bagno di sangue. In guerre civili. Io non voglio che accada di nuovo. Per questo ce l’ho con un tipico cekista sovietico che ascende al trono di Russia incedendo tronfio sul tappeto rosso del Cremlino”. Apprendere, quindi, che il nostro Presidente del consiglio e il suo vice sono in stretti rapporti di collaborazione con questi due “mostri”, ci crea uno stato d’angoscia per le conseguenze che una collaborazione del genere può comportare, in primis quella di vedere contare sempre di più sulla scena mondiale due bulli, uno grande e uno quasi insignificante, di nome Trump e Salvini, dai quali le mamme di una volta avrebbero detto ai loro figli “non azzardarti a frequentare quelle brutte compagnie”. E, invece, queste “brutte compagnie” sono i compagni di strada di chi ci governa. Abbiamo ragione di essere profondamente preoccupati, o no?

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