Cento anni di Radio

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Apparecchio radio degli anni ’50 (fonte: Wikimedia Commons)

Lo scorso 2 ottobre il Senato ha ospitato la celebrazione del centenario della Radio in Italia. Sotto la guida collaudata dell’onnipresente Carlo Conti hanno ricordato i momenti salienti della storia dell’emissione radiofonica Renzo Arbore, Umberto Broccoli, noto esperto in radio e tv, e Andrea Delogu. Aldilà dell’interesse per una rievocazione che ha palesemente coinvolto solo gli astanti più anziani, nel passato dei quali la radio ha avuto un ruolo importante, ha fatto una certa impressione vedere sugli scranni l’uno accanto all’altro senatori dell’opposizione e della maggioranza. Non che ce ne fossero molti: l’emiciclo, semipieno, ospitava anche dirigenti, funzionari, tecnici e rappresentanti delle maestranze della Rai, oltre a qualche personaggio dello spettacolo. Sorvoliamo ovviamente sulla vicinanza tra La Russa e la grillina Castellone in quanto vicepresidente del Senato, ma vedere Francesco Boccia seduto accanto a Lotito ed applaudire insieme scambiandosi segni di condivisione, mentre appena più in là sedeva il neo-fratello d’Italia Lucio Malan (in uscita da Forza Italia) ha fatto una certa impressione. Tra le figure note del centro sinistra si riconosceva Leoluca Orlando, ma altre ce ne saranno state non riprese dalle telecamere. Questa promiscuità tra sinistra e destra, sia pure in un contesto non istituzionale, faceva pensare ad una pacificazione, sia pure occasionale. L’iniziativa, d’altra parte, non può che essere stata del presidente La Russa: non dimentichiamo che la nascita dell’emittente radiofonica avvenne agli albori del Ventennio col nome di E.I.A.R.

Facendo un balzo indietro fino allo scorso luglio, ritroviamo il La Russa, affiancato per par condicio da Pierferdinando Casini, in veste di allenatore della squadra dei politici che ha affrontato quella dei cantanti nell’ormai famosa “Partita del cuore” che, istituita nel 1992 per fini di beneficenza, vede da allora i cantanti scontrarsi con svariate rappresentative: piloti, arbitri, magistrati e tante altre ancora. Con i politici i cantanti si erano già misurati nel 1997 e nel 2011. Come non vedere anche in questo caso lo zampino promotore di La Russa? Non trascuriamo la circostanza che il capitano storico della nazionale cantanti è Enrico Ruggeri da sempre vicino alla destra. Anche questa partita giocata a L’Aquila ha visto “fraseggiare” nella formazione dei politici gli esponenti più disparati e, onore all’astuto presidente La Russa, senza distinzione di sesso. C’erano quindi in prima squadra la deputata di FdI Grazia di Maggio, Giancarlo Giorgetti, Lucio Malan, Pierluigi Biondi, Sindaco di L’Aquila, Marco Marsilio, presidente della Regione Abruzzo, Lorenzo Fontana, presidente della Camera, Jacopo Morrone, anche lui in quota Lega. C’era anche Matteo Renzi, politicamente ambidestro, come ormai tutti sanno, ma cosa ci facessero Elly Schlein, Marco Furfaro e Giuseppe Conte rimane difficile immaginarlo se non come una generosa concessione alla minoranza del presidente-allenatore La Russa e non, vogliamo sperarlo, da una loro richiesta. D’altra parte in panchina trovavamo, pronti ad entrare in campo, anche Angelo Bonelli di AVS, Luigi Marattin, anche lui ambidestro come Renzi, insieme ad una schiera di esponenti della maggioranza: Maurizio Lupi, Giorgio Mulè, Licia Ronzulli, Maurizio Gasparri e, in quota Lega, Alessandro Morelli e Luigi D’Eramo.

L’impressione che personalmente ho ricevuto da entrambi questi eventi è il tentativo di omologazione che la destra cerca di ottenere da tempo da parte dell’elettorato e degli astensionisti, come dire: “Siamo uguali agli altri e non dei settari estremisti, come molti ci reputano”. Una ricerca della pacificazione che potrebbe prefigurare un allargamento della maggioranza peraltro già iniziato con le fughe dal partito di Calenda e di alcuni pentastellati ancor prima che il loro congresso ne allontani altri.

Gli esponenti dell’opposizione probabilmente non si accorgono di tutto questo né dell’inevitabile scivolamento verso quell’essere una ”casta” che ha allontanato il popolo più sbrigativo dalla politica A quello stesso popolo sfugge però che l’Italia, come altri paesi civili, è diventata la patria delle caste, a partire da quella dei superpagati calciatori che dopo essersi malmenati e talvolta offesi durante tutta la partita alla fine si abbracciano apparentemente senza rancore, tanto l’ingaggio li gratifica da ogni scontro e da ogni fatica. Si potrebbero individuare anche altre caste, a partire da quella degli avvocati, degli stessi magistrati, dei manager pubblici, dei giornalisti che continuano ad interpellarsi per nome nei talk show dimenticando gli insulti che volano giorno dopo giorno sui quotidiani diretti dai più aggressivi propagandisti della maggioranza. Ed infine non dimentichiamo che la politica di questo Governo mira alla divisione degli italiani in corporazioni, di cui le caste sono la parte più elevata.

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