“Cultura” deriva dal Latino cultus, participio passato di colere che significa “coltivare”.
Un tranquillo, si fa per dire, venerdì pomeriggio di 20 settembre 2024, potremmo raccontare che c’è un’energia: finalmente inizia il week end, ci possiamo rilassare dopo una settimana di stress e lavoro e dedicarci alla famiglia, agli affetti, al benessere psico-fisico etc, ma per la città in cui vivo, Napoli, invece è solo l’inizio di un lungo tour de force “turistico” che investe come uno tsunami l’esistenza del povero cittadino. Ogni luogo identitario (via Toledo, piazza del Plebiscito, Centro Storico …), significativo per i napoletani, viene ormai già da qualche anno completamente invaso, occupato da frotte di turisti organizzati a gruppi o alla fai da te provenienti da tutto il globo terrestre. Nessuno versa lacrime nel piatto in cui mangia, ci mancherebbe, l’economia turistica è diventata ormai un fattore trainante e culturale per l’intera città e, da un lato, promette sviluppi sempre più accattivanti per nuovi investimenti e profitti che dovrebbero, almeno teoricamente portare benefici a tutta la collettività in termini di manutenzione delle strade, miglioramento di ogni servizio pubblico etc, ma dall’altro evidenzia un dato ormai incontrovertibile da prendere seriamente in considerazione: la città non appartiene più al cittadino! Il povero residente invece si trova a dover continuamente adattarsi a subire scelte in cui le decisioni vengono prese senza neanche minimamente prendere in considerazione la sua posizione di vittima designata. Voglio ricordare che per il pagamento dei tributi locali, sancisce il patto che il bene comune venga fruito e gestito nel rispetto di tutti coloro che contribuiscono e lo sostengono (da notare che tali tributi sono in continuo aumento…). Ma mi dispiace constatare, con gran rassegnazione, che nella realtà non è più così. Nella mia esperienza di vita quotidiana ho compreso, forse sbagliando, che ciò che viviamo ed attraversiamo sia una continua rivelazione di processi più profondi che diventano chiaramente visibili al culmine del loro sviluppo. E così l’esperienza vissuta il pomeriggio di venerdì 20 settembre 2024 insieme a migliaia di altre persone può essere un’occasione illuminante a tal proposito.
Partendo dalla mia abitazione nei pressi di via Toledo mi sono incamminato per attraversare piazza del Plebiscito e giungere dall’altro lato della piazza per respirare e godermi finalmente la visione e l’effetto benefico del mare. Napoli è una citta di mare, anche se è famosa l’espressione “il mare non bagna Napoli” della straordinaria opera letteraria di Anna Maria Ortese. Noto che la solita folla da dover dribblare in via Toledo per giungere in piazza è stranamente quasi ferma rispetto al suo consueto scorrimento, percepisco che ci deve essere qualcosa che lo impedisce, provo a cambiare direzione girando per piazza Municipio, niente ancora peggio; capisco allora che a partire dal Castel Nuovo non si passa, qualcuno mi informa che c’e il G7 della Cultura, il vertice intergovernativo della elite culturale d’Europa con sede nel Palazzo Reale di Napoli con conseguente ed incredibile scelta di aver presidiato tutta la piazza del Plebiscito, ma anche tutte le aree limitrofe, largo di Castello, piazza Trieste e Trento, addirittura per tre giorni di fila fino a domenica 22 settembre 2024. Barriere ovunque, transenne metalliche, con schieramento di tutte le forze dell’ordine, Polizia, Polizia Urbana, Carabinieri, Guardia di Finanza, un cordone di sicurezza enorme, mentre la folla di persone, di cui tantissimi turisti, smarrita, cerca come e dove poter passare o uscire da quelle che sembrano delle vere e proprie trappole in cui dover entrare semplicemente per muoversi.
Non mi perdo di animo e chiedo ad uno dei tanti check–point presenti vicino alle barriere come poter andare dall’altro lato della piazza o quanto meno uscire da questo vero e proprio cul-de-sac. La risposta non tarda ad arrivare, si procede tutti deviando per via Chiaia e, se voglio andare dall’altro lato, devo passare per il porticato della chiesa di San Francesco di Paola, questa la risposta di un dirigente della Digos. Cercando di aiutare alcuni gruppi di turisti tedeschi di non più giovane età traducendo le indicazioni ricevute, mi incammino verso il varco-corridoio organizzato per il passaggio.
La prima considerazione che faccio sul momento è: una piazza della dimensione di circa 25 mila metri quadrati, una delle più grandi piazze d’Europa, viene completamente recintata e lasciata vuota! potevano presidiarne una metà e lasciar passare il fiume in piena di persone. Invece siamo tutti costretti ad incamminarci sotto i porticati della piazza. Faccio una doverosa premessa: il porticato–colonnato della piazza è oggetto di assoluto abbandono da diversi anni da parte della Amministrazione cittadina, con continue promesse di riqualificazione che ormai si ripetono ad ogni occasione elettorale e di consenso, pur rappresentando uno dei luoghi più belli della città, permettendo una visione d’insieme del Palazzo Reale e parte del panorama; si tratta però di una delle parti oscure della città e della piazza. Da anni il popolo degli homeless cittadino l’ha eletta a sua salvifica dimora, ritagliandosi uno spazio di sopravvivenza e riparo di assoluta bellezza, ma anche utilizzandolo come servizi igienici en plein air, (incidentalmente: ma esistono servizi pubblici disponibili in città?). Pensavo, ahimè ancora ingenuo, che l’occasione avrebbe indotto almeno a fare una pulizia del colonnato, una sua tiratura a lucido, finalmente si sarebbe potuto ritornare a fruirne, invece tutt’altro, ormai è una certezza constatare che il dietro le quinte dello spettacolo mediatico della politica, lontano dai riflettori non interessa più a nessuno.
L‘esperienza di attraversamento, coatto per l’occasione, del nuovo “corridoio” del colonnato è tra le più significative ed emblematiche del tempo in cui viviamo. Un vero “Red Carpet”, solo che al posto del famoso tappeto rosso usato come passerella per le star, come per la Notte degli Oscar, passiamo invece sopra un tappeto fatto di escrementi di ogni sorta, orine trasbordanti a cascata con effetti del miglior Jackson Pollock, l’aria è irrespirabile, miasmi salgono fino a farmi quasi vomitare, ho per un attimo come un déjà vu, che mi lascia immaginare la città ai tempi del colera, della peste del ‘600. Rifiuti di ogni forma, colore e materia sono sparsi ovunque, il tutto nella più assoluta oscurità, mentre le luci blu delle auto della polizia, posizionate in vari punti della piazza, scelti con grande accuratezza, dipingono linee azzurre che interagiscono in modo surreale con le maestose colonne neoclassiche del Colonnato, opera dell’architetto ticinese Pietro Bianchi; sirene di ambulanze e suoni di auto intrappolate nel traffico, provenienti dalle strade limitrofe, sono il condimento sonoro di questa straordinaria e degradante esperienza immersiva, termine molto in voga nel lessico del mondo dell’Arte e della Cultura contemporanea, in sintesi uno straordinario benvenuti all’inferno! Un corridoio degno delle peggiori visioni dantesche del suo divino e sommo poema.
Ritornato a rivedere le stelle, alla fine del tunnel dove l’aria finalmente torna respirabile, non posso che sentirmi profondamente umiliato, degradato e come cittadino definitivamente annullato nell’ultimo confine violato: lo spazio del rispetto e della minima dignità e considerazione umana.
Gli sguardi di coloro che hanno attraversato il porticato sono emblematici: smarrimento, sorpresa, qualcuno si indigna come me con il primo poliziotto nelle vicinanze a presidiare ed anche le loro risposte sono confuse, evasive: “non sappiamo”, “segnaleremo”; parole vuote che risuonano in una piazza Plebiscito vuota, immensa, irreale dove le luci interne del palazzo illuminato a festa mostrano lontane presenze, dove si scorgono gli invitati d’onore che si approssimano per riunirsi e consumare la cena di gala tra i ministri della Cultura, che con i loro delegati, nei loro abiti scintillanti ed eleganti, immaginano e progettano il presente ed il futuro della Politica Culturale nel mondo.
È paradigmatico che proprio uno dei temi al centro di tutti i discorsi promossi ed in agenda del ruolo della cultura quale motore di inclusione e di avvicinamento ai temi della umanità tutta ed i suoi fondamentali diritti e bisogni, così faticosamente conquistati nelle costituzioni degli stati della vecchia Europa, venga così barbaramente disatteso nei fatti, mostrandoci una scenografica piazza militarmente presidiata ma completamente deserta, vuota; c’è da chiedersi: difendersi da cosa se non dall’esclusione alle decisioni e l’assoluta mancanza di vicinanza alle persone, alla loro pratica considerazione e ai loro minimi ed elementari bisogni di esistenza. Resta alla fine negli occhi racchiusa un’unica immagine dal grande e potente valore simbolico dove la Cultura è rappresentata da una gigantesca piazza vuota senza nessuna partecipazione della popolazione anzi completamente esclusa e spinta ai margini, piena invece di tantissime riflessioni a riguardo con in primis la distanza ormai abissale della cultura dei potenti della terra che nel loro agire sembrano solo coltivare come nuovi sovrani (anche la scelta del luogo, Palazzo Reale, ne è forse un simbolo) le ambizioni di farci ritornare tutti di nuovo loro sudditi.
bello, ottimo il finale. In sintesi, la foto è questa: i potenti chiusi nel Palazzo (già reale) presidiato e militarizzato. in mezzo la piazza vuota di gente (Lavoriamo per Voi), zero partecipazione .., e sotto il porticato del Bianchi gli scarti e le evacuazionì fecali multi-colorate del “popolo degli homeless che l’ha eletto a sua salvifica dimora, ritagliandosi uno spazio di sopravvivenza e riparo di assoluta bellezza”. Sei stato fortunato, il vero G7 della Cultura p,v. era lì! E’ il Signore che ti ha fatto attraversare quel tunnel fecale colonnato, sei il suo Mosè. Ciao.
Caro Eduardo mi aspettano dunque tre mesi di lungo viaggio in direzione del Sacro Monte per ricevere le tavole della legge per il popolo eletto della cultura ? Qui il vitello d’oro lo stanno per costruire e a breve farà la sua comparsa…
Ottimo articolo.
Situazione kafkiana.
Poi penso: e’ preferibile una piazza vuota …o una piazza piena di persone vuote?
Mi basta che esistano persone come l’autore, tutto che “vuote”.