“Espone qui Erodoto di Alicarnasso le sue ricerche, perché delle cose avvenute da parte degli uomini non svanisca col tempo il ricordo” (Erodoto, Storie). Appropriata prefazione, questa, al lavoro del grande storico greco, al quale in altra epoca si associa anche Cicerone che, secoli dopo, nel suo De Oratore, II, 9,36 definisce la storia “Magistra Vitae”, ovvero maestra di vita. Senza la Storia gli esseri umani sarebbero inconsapevoli di tutto ciò che è accaduto e del perché il presente è quello che è. Quindi, in sintonia con Erodoto, non vogliamo che “svanisca con il tempo il ricordo”. La Storia consente all’uomo di vivere il presente, sapendo che esso è conseguenza del passato; tutti gli altri esseri viventi della Terra, ignari della Storia, vivono solo il presente, “l’attimo fuggente” di Orazio, secondo il classico “carpe diem” del grande poeta latino.
Senza la Storia saremmo come un uomo che, perduta ogni cognizione del passato, si aggira smarrito senza sapere niente sul da dove viene e sul dove va. Eppure, noi siamo circondati dalla Storia, anche senza che ce ne rendiamo conto. Per esempio, prendiamo la toponomastica cittadina: in moltissime città e piccoli centri della nostra Penisola è facile muoversi attraverso via e piazze che hanno nomi sui quali ormai più non riflettiamo: via Plebiscito, via Vittorio Emanuele, via Regina Margherita, piazza Cavour, via Garibaldi, via Nino Bixio, via Matteotti, via Verdi, via XX settembre, via XXV aprile, via Risorgimento, via dei Vespri Siciliani … Potremmo continuare all’infinito, tanti e tali sono i nomi che la Storia ha attribuito ai luoghi in cui viviamo, ed ognuno d’essi si riferisce ad un preciso episodio del passato, quasi sempre rilevante, o a personaggi che la Storia l’hanno fatta. Ignorare la Storia vuol dire precluderci la possibilità di riflettere su un passato che è il nostro, un passato comune a tutto il genere umano e, non ci stancheremo mai di sottolineare che “Chi non conosce la storia è condannato a ripeterla”, secondo quanto disse il politico e filosofo britannico Edmund Burke a metà del ‘700, e a quanto asserì il filosofo spagnolo George Santayana molto più tardi.
Di storie ce ne sono tante e sarebbe difficile conoscerle tutte. C’è la storia del progresso scientifico, che dalle caverne ci ha portati sulla Luna; c’è la storia delle religioni, che ci ha insegnato quale forza potente sia stato questo desiderio del soprannaturale che ha avuto nei millenni trascorsi conseguenze pesantissime; e c’è anche la storia del progresso umano, che è anche la storia del pensiero umano, che nel corso dei secoli ha portato grandi pensatori a riflettere sull’essere umano e sulla sua essenza, con fondamentali risultati nel cammino verso il miglioramento di noi stessi e della società in cui viviamo. Noi forse non lo sappiamo, né lo sapremo mai perché riteniamo inutile immergerci nel passato, dato che è già difficile vivere il presente, ma in questo modo non conosceremo mai l’apporto di alcuni uomini, mediante i quali oggi conosciamo la democrazia, il dominio della Legge sull’arbitrio, il concetto di solidarietà, l’organizzazione dello stato, l’umanità delle pene inflitte ai trasgressori. Questi uomini hanno nomi conosciuti da alcuni e ignoti alla maggioranza degli altri. Essi sono Aristotele, Platone, Seneca, Tucidide, Senofonte, Socrate. Orazio, Tito Livio, Ovidio, Beccaria e una lunga, lunghissima schiera di altre grandi menti che ci hanno aiutato a rendere meno incolta e meno incivile la società umana.
È importante conoscere la Storia perché se ci limitiamo a osservare gli enormi cambiamenti che il progresso tecnologico ha portato con sé, potremmo pensare di aver fatto passi da gigante dal tempo dei Neanderthal in poi. Oggi, a bordo di un aereo, possiamo comodamente raggiungere in poche ore luoghi che in passato avrebbero richiesto mesi di viaggio. Tutti teniamo in tasca un aggeggino con il quale, da qualunque punto sulla faccia della terra possiamo parlare con chiunque in ogni parte del mondo, e abbiamo anche la possibilità, grazie al personal computer, di attingere informazioni su ogni aspetto dello scibile, senza bisogno di spostarci in polverose biblioteche. E questo è tutto vero. Come è anche vero che quegli aerei, invece di trasportare esseri umani, spesso trasportano ordigni micidiali che li distruggono, gli esseri umani. Ed è anche vero che quegli “aggeggini” possono risultare fatali, trasformandosi in strumenti di morte, com’è avvenuto in questi ultimi giorni e di cui siamo tutti a conoscenza e, infine, quella magica tastiera del pc, che ci dischiude tanti orizzonti, può essere utilizzata per diffondere false notizie, infamanti bugie, esortazioni all’odio e alla rivolta. E potremmo continuare a lungo.
Quindi, ciò che è importante non è l’avanzamento del progresso nel corso della storia, ma l’avanzamento del pensiero umano. Una frase che scrisse Anna Frank nel suo straziante Diario, può esserci utile: “Quel che è accaduto non può essere cancellato, ma si può impedire che accada di nuovo”. Ed è quello a cui una società democratica, ma in particolare ognuno di noi, deve essere proteso. Ed ecco il perché della frase di Santayana, incisa in trenta lingue, sul monumento all’ingresso del campo di concentramento di Dachau. Ecco perché il ricordo del genocidio nazista deve restare ben saldo nella memoria di noi tutti. Se nessuno ne avesse scritto, ce lo avesse trasmesso mediante i libri, nel corso di una o due generazioni il suo ricordo sarebbe svanito e noi potremmo nuovamente incorrere in tragedie del genere. D’altra parte, ciò che accade oggi è la prova che la Storia, la Maestra, spesso non ci è di nessuna utilità, perché di genocidi di intere etnie, della distruzione dell’ambiente in cui viviamo e della coesistenza pacifica che arretra sempre di più, siamo tutti testimoni.
È il pensiero il motore della storia; ciò che pensiamo, da ineffabile moto della mente, dall’attività delle sue sinapsi, può trasformarsi in azione, in gesti concreti che quel pensiero traducono in realtà, una realtà spesso tragica, drammatica, mortale. Il pensiero con il quale coltiviamo i desideri: di potere, di sopraffazione, di egemonia, di sottovalutazione degli altri, è quello che ha guidato tutta la nostra storia. E allora è il pensiero che dovremmo modificare, indirizzare verso sentieri diversi, cammino nel quale non può essere che la Storia a guidarci, a farci riflettere sugli errori del passato, a farci pensare che non siamo condannati alla coazione dalla Storia, ma che siamo artefici del nostro destino e che sta a noi plasmarlo, con l’aiuto dei grandi pensatori che ci hanno lasciato un’eredità inestimabile. Invece di concentrarci sulle differenze e non su ciò che ci accomuna, in quanto esseri umani. Allargando il campo di attenzione, in quanto terrestri. Se ci sentissimo parte di un unico organismo, la Terra, o quantomeno di una grande comunità, l’Umanità, orrori del passato come i campi di concentramento che vengono ricordati oggi, o del presente – come le guerre in atto in Ucraina, a Gaza, nel Medio Oriente, e tutti i conflitti dimenticati o che restano sotto la soglia dell’attenzione, nonché la morte o la tortura di persone che hanno intrapreso un viaggio verso un futuro migliore (se non l’unico possibile), o ancora la negazione degli stessi diritti a chi è diverso – forse non sarebbero possibili. E tutto questo possiamo ottenerlo grazie allo studio della Storia e di chi l’ha trasmessa a noi perché ne traessimo ammaestramento e guiderdone. Ancora una volta ci rivolgiamo a Burke, che saggiamente coniò un’espressione che contiene tutto il senso della Storia: “L’unica cosa che serve perché il male trionfi, è che gli uomini buoni non facciano nulla”. A queste parole riteniamo di poter affiancare quelle di Elie Wiesel in una sua memorabile poesia, intitolata Indifferenza: “Sono molte le atrocità nel mondo e moltissimi i pericoli: Ma di una cosa Sono certo: Il male peggiore è l’indifferenza. Il contrario dell’amore non è l’odio, ma l’indifferenza; il contrario della vita non è la morte, ma l’indifferenza; il contrario dell’intelligenza non è la stupidità, ma l’indifferenza”. Lo abbiamo già fatto in passato, ma è opportuno ricordare ancora una volta le parole di un nostro illustre concittadino e martire del fascismo, Antonio Gramsci, che nel corso della sua breve vita, diede alla luce quel piccolo capolavoro che è Odio gli indifferenti, la cui lettura (o rilettura) non può che esserci utile per comprendere quanto sia importante che anche noi prendiamo parte alla Storia e non ci lasciamo travolgere dall’indifferenza.