Deus vult!

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“Dio lo vuole!” Era questo il grido di battaglia usato da Pietro l’Eremita nelle sue predicazioni per arruolare combattenti per la crociata dei pezzenti. È inoltre il motto dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Ma ora non sarà più ricordato per questi precedenti storici dell’antichità, ma perché Dio si è risvegliato dal suo torpore e, dopo duemila anni dalla sua ultima “Rivelazione” (l’Apocalisse), ha comunicato direttamente a un essere umano di nome Donald Trump il suo preciso volere. Così come a Mosè Dio parlò direttamente, allo stesso modo oggi ha comunicato al candidato repubblicano la sua ferma e irrevocabile volontà: Tu devi essere il prossimo presidente degli Stati Uniti d’America! Deus locutus est!

Corriamo il rischio di sembrare irrispettosi se ci permettiamo sommessamente di chiedere al “prescelto” in che modo Dio gli ha comunicato il suo volere? Per mezzo di una visione, una rivelazione, come già aveva fatto con Paolo di Tarso sulla via di Damasco? Da un roveto ardente? Solo che questa volta Dio ha parlato non sul Sinai ma Mar a Lago, in Florida, Stati Uniti.

A prescindere dall’eventuale giudizio psichiatrico su chi fa affermazioni del genere, ciò che colpisce ancor di più è la reazione, o meglio la mancata reazione, a enormità di questo genere, a dimostrazione ancora una volta – se ce ne fosse bisogno – di qual è la “pasta” di cui è fatta buona parte del popolo americano. È vero che anche qui da noi la destra in generale, e quella al potere in particolare, ha messo Dio nella triade dei suoi maggiori interessi, insieme alla patria e alla famiglia, ma fortunatamente, non ancora per lo meno, non si è spinta al punto di invocare l’intervento diretto di Dio nelle sue scelte di governo. In America, d’altra parte, Dio è aduso a parlare con vari personaggi, e prova ne è la moltiplicazione delle sette e dei loro guru, ai quali egli concede rivelazioni, libri sacri (vedi il libro di Mormon), “nuovi cieli e nuova terra” da un momento all’altro (e questo da più di cento anni). Or non v’è dubbio che, per poter esistere e prosperare l’imbonitore, deve necessariamente esserci chi è disposto a farsi imbonire. E mentre le “persone normali”, a chi facesse dichiarazioni del genere, dedicherebbero al massimo un sorriso di compatimento, una bella fetta di abitanti degli Stati Uniti, specie in alcune aree come la “Bible belt” (la fascia biblica), fa di questo tipo di rapporto con l’Onnipotente il suo pane quotidiano, essendo perfino disposti a far morire i loro cari, pur di non trasgredire le dottrine loro insegnate dal “profeta” di turno. Come far capire ai plagiati che sono semplicemente vittime di una truffa, come quella che spingeva i primi coloni a comprare lo “snake oil” (olio di serpente) dall’imbonitore di passaggio, il rimedio miracoloso con il quale guarire ogni ferita e ogni male? Si tratta dello stesso “snake oil” in vendita presso casa Trump, quando promette con assoluta certezza che, da presidente, farà cessare tutte le guerre.

L’occasione che ha motivato quest’ultima dichiarazione delirante di Trump è stata quella del “secondo attentato” alla sua vita. Ma da ciò che emerge dalle prime indagini, effettuate sul campo, è emerso che nessuno sparo ha avuto luogo e che, se vi è stato un attentato, era solo nella mente dell’attentatore, anche se le titolazioni dei media fanno credere a chissà che cosa; ma basta leggere due righe sotto i titoli per comprendere che anche questa è l’ennesima “bufala” da campagna elettorale senza esclusione di colpi, compreso quello di attribuire a Biden e alla Harris la responsabilità morale dell’“attentato” che non c’è stato, allo scopo di alienare loro l’elettorato. Ma, se c’è qualcuno che trae un enorme vantaggio da questi “attentati”, questi è proprio Donald Trump. Come il Salvini di casa nostra espone fieramente il petto dichiarando urbi et orbi che lui si immola per il bene del suo Paese, così Trump, in discesa nei sondaggi, ha bisogno di una sorta di “ricostituente” perché ormai a corto di argomenti con i quali infiammare il proprio elettorato, avendoli già esauriti tutti, compreso quello degli immigrati che mangiano cani e gatti americani. Trump è insomma in crisi di astinenza e, come con garbata ironia si esprime Michele Serra nella sua “amaca” quotidiana, ha bisogno dei “raggi gamma, i proiettili di cui, nel fumetto, si nutre l’incredibile Hulk: più gliene sparano addosso più Hulk-Trump si rafforza”. Adesso è di nuovo protagonista, come quando esibiva fieramente l’orecchio bendato, e può ancora riempire le piazze, quelle vere e quelle virtuali. E così può favorire il “culto di Donald Trump”, anche grazie al sostegno della destra cristiana, che lo considera un leader benedetto da Dio. Tanto è vero che in un’intervista al Religion News Service l’ex presidente ha detto di non sentirsi più presbiteriano ma cristiano “rinato”. Non è una distinzione irrilevante. È un modo per segnalare alla destra religiosa che è uno di loro, uno strumento imperfetto pronto però a compiere la volontà del Signore. Conoscendo il suo “gregge”, Trump ha avuto la giusta intuizione con uno dei gesti religiosi più plateali al tempo del suo primo governo, quello di farsi fotografare, in piena rivolta antirazzista, davanti alla St. John’s Episcopal Church, che dista poche centinaia di metri dalla Casa Bianca, con una Bibbia in mano. È stata l’immagine del vero “prescelto”, il chosen one, come Trump ha cercato di apparire in questi anni: colui che è chiamato a combattere il “male” affinché il bene vinca. La foto e l’iniziativa di Trump hanno attirato le critiche di molti anche in campo pentecostale ed evangelico, ma hanno rafforzato l’immagine del difensore dall’impero del male, del presidente eletto per aiutare gli States a trovare o ritrovare il posto che Dio ha assegnato loro nella storia. Forse senza saperlo, Trump ha fatto proprie le parole dell’apostolo Paolo in Romani 13:1-7, secondo le quali “non c’è autorità che non venga da Dio, e quelle che esistono sono stabilite da Dio”. Nel “Vangelo secondo Trump” è del tutto evidente che l’autorità stabilita da Dio è ovviamente la sua, perché è a lui che l’Onnipotente ha dato il mandato di governare l’America, il paese benedetto da Dio, God bless America.

È molto divertente, ma anche molto appropriato, l’arguto commento che fa Iacopo Scaramuzzi parlando dell’influenza (o meglio dello sfruttamento) della religione nelle campagne politiche sovraniste quando, alla domanda su dove sta Dio, risponde “in fondo a destra”! E poiché è la destra, quella estrema nel caso di Trump, che contribuirà a decidere l’esisto delle elezioni, non ha stupito nessuno che alla Convention del Partito Repubblicano degli Stati Uniti a Milwaukee il senatore Tim Scott sia salito sul palco e abbia dichiarato di credere nei miracoli. “Grazie a Dio onnipotente – ha detto Scott –. Il nostro Dio salva ancora, libera ancora, affranca ancora. Perché sabato il diavolo è sceso in Pennsylvania imbracciando un fucile. Ma un leone americano si è rimesso in piedi e ha ruggito”. Scott, oltre ad essere senatore, è stato anche l’uomo che una volta ha fissato con un martello i Dieci comandamenti sul muro di un edificio governativo, ed è una delle decine – se non centinaia – tra politici, leader religiosi e influencer convinti che l’ex presidente Donald Trump sia scampato all’attentato contro di lui grazie a una sorta di atto divino.

È questa la tesi che, con un impegno degno di miglior causa, portano avanti Trump e il suo entourage. È Dio a volerlo, è Dio che guida i passi di Trump, è Dio che lo protegge. «Un miracolo. Si è salvato per miracolo. L’attentato spingerà molte più persone a unirsi a questa lotta», ha detto Tyler Bowyer, delegato della Convention nazionale repubblicana dell’Arizona. «Più che semplici elezioni di destra contro sinistra, questo è il bene contro il male», ha invece affermato Brett Galaszewski, vicepresidente del Partito repubblicano della contea di Milwaukee. Per i sostenitori più devoti del candidato presidente, il proiettile che gli ha graffiato l’orecchio e non lo ha ucciso per pochi centimetri è l’ulteriore prova della protezione di un potere superiore, che oltre a proteggerlo vorrebbe vederlo nello Studio Ovale. Addirittura, Marjorie Taylor Greene, deputata repubblicana della Georgia, ha paragonato Trump a Gesù in seguito alla condanna per il caso Stormy Daniels, dicendo come entrambi fossero stati accusati «da governi radicali e corrotti».

E Trump, il “messia” americano, ha rincarato la dose affermando: «La cosa più incredibile è che mi è capitato non solo di girarmi, ma di girarmi esattamente al momento giusto e nella giusta misura. Se mi fossi girato solo a metà, avrebbe colpito la parte posteriore del cervello. Al contrario, mi avrebbe preso in pieno, dritto per dritto. E poiché il grafico era alto, ho alzato lo sguardo. Le probabilità di fare una virata perfetta erano circa un decimo dell’uno per cento. Non dovrei essere qui oggi», ha aggiunto, «È stato Dio a impedire che accadesse l’impensabile», ha poi commentato sul suo canale Twitter.

Ancora una volta vogliamo analizzare questo personaggio e i suoi seguaci, per cercare di comprendere come un popolo moderno, tecnologico, avanzato possa ancora star dietro a un “pifferaio magico” di questa sorta. Ciò che dovrebbe preoccupare non è tanto Trump, quanto i suoi sostenitori che costituiscono buona parte degli abitanti degli Stati Uniti. Nemmeno la Chiesa Cattolica collega più tanto Dio ai “miracoli”, ma in America Trump è il segno evidente di un miracolo divino, come Bernadette e la Madonna di Lourdes e il sangue di San Gennaro. Troviamo, quindi, compenetrati la modernità e la superstizione, il numinoso e il pragmatico, fusi strettamente insieme. C’è, poi, da aggiungere che questo personaggio non deve dimostrare quanto sia bravo perché ha già avuto quattro anni di tempo per farlo, nel corso del primo mandato alla Casa Bianca. Con quale risultato? Secondo un sondaggio della Radio Televisione Svizzera, la RSI, nella classifica dei 45 presidenti americani che lo hanno preceduto egli è al 45° e ultimo posto, essendosi guadagnato il meritatissimo titolo di peggior presidente degli Stati Uniti. Allo stesso risultato è pervenuto il sondaggio condotto nel 2018 dal New York Times, nel quale si è classificato all’ultimo posto. Al primo posto, ovviamente, vi è Abramo Lincoln, ma ogni tentativo di paragone fra i due sarebbe veramente blasfemo!

Se mi fosse possibile vorrei chiedere a ogni singolo sostenitore di Trump se crede veramente che quest’uomo, come ha promesso parlando con Zelensky, porrà fine a tutte le guerre e ad «ogni singola crisi internazionale, che non sarebbe mai accaduta se io fossi stato presidente», comprese «l’orribile guerra tra Russia e Ucraina e quella causata dall’attacco di Hamas contro Israele». «Sarà una vittoria incredibile che porterà ai quattro anni più belli della storia del nostro Paese», ha ribadito Trump, davanti ad una folla in delirio. Sullo sfondo delle immagini di una Casa Bianca che sente già sua. Se Dio esiste, allora ce ne scampi e liberi!

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