Alle radici della legalità

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Riceviamo dalla prof.sa Lucia Veneruso e volentieri pubblichiamo.

Con il Manuale controcorrente di educazione civica. La legalità è un sentimento Nando Dalla Chiesa espone e argomenta, con indiscutibile competenza, tematiche e tesi sull’educazione alla cittadinanza, mettendo a disposizione la propria lunga ricerca sul campo.

Il fervore che innerva la narrazione e supporta le riflessioni e le proposte di Dalla Chiesa si coglie in molti passaggi di questo ricco, intenso e, a tratti, commovente contributo; un’energia, una profonda partecipazione emotiva che coinvolge ed appassiona il lettore. Coloro che nutrono particolare interesse per le tematiche della legalità e/o sono chiamati a costruire percorsi di educazione civica, da offrire a studenti di qualsiasi fascia d’età, trarranno da questo Manuale numerosi spunti di approfondimento.

“Il sentiero della legalità va trovato sulla mappa dei sentimenti”; “la legalità è materia calda, di cuore”; “i sentimenti, come unità emotive e culturali… producono valori”: questo il leitmotiv che ricorre in tutto lo scritto, una sorta di “basso continuo” che accompagna e ne sostiene ininterrottamente lo sviluppo, un prezioso suggerimento da cui dovrebbe partire qualsiasi ragionamento. Tutti i bambini posseggono la capacità di percepire se un comportamento sia giusto o ingiusto e sono dotati di quello slancio che li spinge a mettersi dalla parte del compagno che subisce una prepotenza. Ne deriva la necessità di costruire percorsi che mirino ad “alimentare quel grido vitale”, mantenendolo vivo e sviluppandolo, impedendo in tal modo che possa andare a perdersi con il tempo. Vanno sostenuti, pertanto, quei processi affettivi e mentali che portano i bambini a reagire e a protestare contro qualsiasi discriminazione, vocabolo di cui, peraltro, essi comprendono tardivamente il significato. Ne deriva l’impegno per gli educatori a trasmettere i valori di fondo e a lavorare per realizzare il sostrato emotivo e mentale senza il quale qualsiasi percorso didattico sulla legalità perderebbe di efficacia. Risulta importante costruire esperienze significative che abbiano un preciso orizzonte di senso, finalizzate a custodire le radici della legalità, a formare una sensibilità civile e a far interiorizzare al bambino e all’adolescente i sentimenti dell’uguaglianza, del rispetto e della solidarietà. Si tratta di una linea di indirizzo che dovrebbe guidare percorsi didattici che vanno ben oltre l’insegnamento della Costituzione e delle regole prescrittive e mirati a rafforzare l’insieme di valori e ricostruire lo spirito pubblico “che governa le nostre relazioni sociali e classifica le nostre azioni anche in assenza di codici”.

Nel suggerire questi percorsi, Dalla Chiesa si fa aiutare dalla poesia e dalla letteratura, “perché esse arrivano nell’apprendimento del mondo e nell’immaginario adolescenziale ben prima della giustizia e della politica…insegnano i modi di vivere e di stare al mondo”. Viene evidenziato il messaggio educativo intimamente congiunto al pensiero di alcuni artisti e poeti, potenzialmente utile ad ispirare importanti esperienze didattiche in tema di legalità. Le pagine del Manuale offrono, inoltre, numerose testimonianze concrete di uomini e donne, tutti protagonisti di battaglie per la legalità e la giustizia. Il pensiero letterario di autori importanti e le azioni di persone comuni si ricongiungono in un’unica narrazione che orienta, aiuta a riflettere, sollecita ad approfondire, diventa materiale originale e straordinario. L’autore dimostra il grande potenziale comunicativo del teatro e svela come uno spettacolo teatrale sia diventato, per alcune detenute affiliate alla mafia, uno spazio per riesaminare le proprie scelte di vita e, in alcuni casi, per prendere le distanze da un mondo a cui si sente di non appartenere più. 

Il racconto delle tante esperienze realizzate dall’autore in contesti educativi eterogenei riesce a far comprendere quanto sia importante la reciprocità nella relazione educativa ed umana e quanta ricchezza di idee sia possibile immaginare e ricavare dalle parole e dalle esperienze degli altri – studenti o detenute – se ci si pone in una posizione di ascolto e confronto.

In molte pagine viene sottolineata l’importanza della memoria intesa come narrazione civile, ricordo da condividere pubblicamente. Ne discende la necessità di inserire tale narrazione in un quadro storico e logico, fondamentale per dare senso agli avvenimenti e per additare chi è stato causa di sofferenze e di lutti. La memoria ha la capacità di congiungere generazioni attraverso la conoscenza non astratta di personaggi, accadimenti, atti criminosi. La memoria va curata nei dettagli, poiché è importante tratteggiare sentimenti e convinzioni che hanno animato non solo coloro che hanno fatto delle scelte “estreme” nel rispetto della legalità, ma anche coloro che sono riusciti a denunciare pubblicamente la crudeltà di un atto criminoso e a rompere la convenzione, per anni diffusamente osservata, di piangere privatamente il proprio dolore.

Quale modello di società?

L’autore approfondisce le motivazioni per le quali la famiglia, le istituzioni e la politica debbano essere considerate le tre aree in cui l’intera società si forma al principio del bene comune. La rappresentazione delle problematiche che affliggono queste tre aree educative è intrisa di realismo ed evidenzia la rarefazione di quei valori che in passato ne costituivano la trama: il rispetto delle istituzioni, l’importanza dell’istruzione, il valore della fatica, la lealtà verso la propria missione, lo spirito di servizio.

In questa mia breve e incompleta analisi del lavoro di Dalla Chiesa, attribuisco una “menzione speciale” alla politica, una sottolineatura giustificata dall’amara considerazione che la crisi profonda che la sta attraversando stia conducendo a un pericoloso declino della partecipazione democratica e a un diffuso disinteresse dei giovani verso l’impegno sociale. Non è un caso che Papa Francesco, nel suo recente video messaggio dell’8 agosto, abbia fatto riferimento alla politica con la P maiuscola, quella che ascolta la realtà, che cerca il bene comune, che aiuta a progredire verso la fraternità universale. L’atmosfera didattica – per richiamare un’espressione di Dalla Chiesa discende verso la società da un certo tipo di esercizio della politica. Non aiutano, di certo, comportamenti che vanno dai turpiloqui agli atti irrispettosi, a volte anche violenti, oltremodo gravi se commessi in luoghi in cui il rispetto sarebbe doveroso. Episodi che rappresentano solo la punta dell’iceberg, importanti per il significato che assumono sulla scena mediatica e indicativi del progressivo declino etico della politica e della sua responsabilità nella graduale progressione di un modello di società sempre più scadente e in cui i valori di legalità corrono il rischio di dissolversi. Rappresentano anch’essi dei “percorsi didattici” che andrebbero decisamente sostituiti con altre rappresentazioni. Ci si chiede sempre più spesso dove siano finiti quei doveri di disciplina e di onore che i cittadini, cui sono affidate funzioni pubbliche, dovrebbero rispettare in ossequio all’art.54 della Costituzione.

L’autore parla, giustappunto, di “eclissi della morale, un vulnus profondo inflitto allo spirito della Costituzione, che sta rendendo sempre più difficile far vivere lo spirito di legalità come sentimento collettivo”. Ci si dimentica che praticare la legalità, così come l’inclusione, significa adottare un modello di sviluppo conveniente per tutti e in grado di abbattere i costi sociali.

Meriterebbe un approfondimento, ben più ampio di quello che è possibile fare in queste poche righe, il paradigma dei quattro gironi, soprattutto perché sollecita la riflessione su quanto siano gravi i comportamenti che contribuiscono indirettamente ad un atto criminoso. Al contrario, tali comportamenti vengono considerati spesso – e non solo da chi li commette – del tutto innocenti, inducendo all’autoassoluzione e ad una superficiale “amnistia” morale da parte di molti. “La difesa del principio di legalità si realizza anzitutto nel quarto girone” nel quale si collocano i comportamenti indirettamente funzionali e compatibili all’azione delittuosa o illegale. Qualsiasi azione formativa in tema di legalità potrebbe ricavare valore aggiunto da una riflessione che aiuti meglio a definire la pericolosità e i rischi connessi all’ampliamento di questa “zona grigia”

Costruire una “società degli onesti”

È profonda la consapevolezza che, nel ridurre importanti tematiche a poche argomentazioni, si può correre il rischio di banalizzare l’importante lavoro dell’autore e di rendere ordinaria una testimonianza pregevole, carica di significato, frutto di tanti anni di riflessione e di numerose esperienze sul campo, feconda di spunti e suggerimenti offerti al lettore con grande generosità.

Nel farlo, mi ha sostenuto la speranza di potere, seppure in minima parte, contribuire alla divulgazione di un testo che, essendo il risultato di una lunga attività di ricerca, si rivela fondamentale per docenti e educatori. In esso viene sollecitata l’adozione di un approccio olistico sulla legalità in grado di incidere sul “clima culturale” dell’intera organizzazione scolastica e, pertanto, utile a formare la sensibilità civile degli studenti. Si tratta di costruire una cornice etica, riconosciuta e condivisa, che tragga forza soprattutto dall’esempio e dalla coerenza di tutti coloro che vivono la scuola. In tale cornice va collocato l’insegnamento di tutte le discipline e lo svolgimento di qualsiasi attività realizzata dalla comunità scolastica.

In alcune pagine del Manuale si eviscerano i motivi per i quali l’impegno della scuola per la legalità, molto apprezzato dall’autore e definito come “grande storia civile nazionale” o “grande sforzo pedagogico collettivo”, non ha impedito al Paese di apparire corrotto quanto, o forse, più di prima. I limiti, ma soprattutto i pregi, che è possibile cogliere nelle azioni delle scuole, le cui esperienze sono state direttamente osservate e partecipate da Dalla Chiesa, rappresentano solo uno dei tanti approfondimenti su cui sarebbe utile avviare una riflessione. La lettura di questo testo appare particolarmente utile in un momento in cui il Ministero dell’istruzione e del merito (MIM) si appresta ad emanare, non senza polemiche, le nuove Linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica, in sostituzione di quelle emanate nel giugno 2020.

Nel leggere con crescente interesse il libro di Dalla Chiesa, io stessa mi sono rammaricata che non fosse ancora consultabile all’epoca in cui mi fu chiesto di organizzare un corso di educazione alla legalità in una scuola secondaria di 1° grado. Ritengo che sarebbero state fondamentali i ragionamenti che avrei potuto avviare per la mia riflessione personale e professionale. Nonostante ciò, questa lettura “tardiva” mi ha molto rincuorata: in alcuni passaggi sono riuscita a trovare un fondamento teorico per una parte delle mie scelte didattiche, sulle quali nutrivo molte incertezze e sulle quali avrei voluto confrontarmi. Grazie all’autore ho letto il bellissimo articolo di Italo Calvino, uscito su la Repubblica il 15 marzo 1980, dal titolo “Apologo sull’onestà nel paese dei corrotti” che puntava il dito su una società, ahimè, oggi ancora ben radicata e presente, in cui “…tutte le forme di illecito… si saldavano in un sistema che aveva una sua stabilità, compattezza e coerenza e nel quale moltissime persone potevano trovare il loro vantaggio pratico senza perdere il vantaggio morale di sentirsi con la coscienza a posto”. In esso ho però intravisto anche un orizzonte di positività. La “contro società” degli onesti, richiamata da Calvino, che fa da contraltare a questa rappresentazione così amara e lucida, è un’immagine che dà speranza: gli onesti continuano ad essere tali anche in una società corrotta e sopravvivono, perpetuando il proprio modo di vivere e di pensare.

Si tratta di un messaggio di speranza che ricorre chiaramente anche nell’appassionata e profonda trattazione scientifica di Dalla Chiesa. Un messaggio che prende corpo a cominciare da quella capacità di cogliere atteggiamenti e aspetti positivi nei comportamenti di chi ha avuto sempre l’illegalità e il crimine come unici punti di riferimento e che risulta corroborato soprattutto dalla profonda fiducia dell’autore nella forza dell’amore. L’amore, coniugato come generosità di sé, è capace di andare oltre la propria sofferenza e ha il potere di partorire azioni significative e rigeneratrici; ha la potenza di coinvolgere emotivamente una molteplicità di persone e di riuscire a creare “prossimità”, sentimento molto più profondo della solidarietà. “Il legame che si prova con le vittime non nasce dalla vicinanza ideologica o politica, ma semplicemente dalla comune appartenenza al genere umano”.

Il lettore avverte con chiarezza che la “legalità debole”, considerata la cifra morale permanente del nostro Paese – in linea con quanto sostenuto da filosofi, poeti e letterati come Bobbio e Leopardi – non genera sfiducia nell’autore. Al contrario.Muovendo da un desiderio che andrebbe sempre più condiviso, Dalla Chiesa chiama a raccolta tutte le energie migliori del Paese per lavorare a ciò che definisce come “rivoluzione dell’etica” e sollecita a realizzare la “Grande bellezza” della cultura civile e dello spirito pubblico.

Una rivoluzione che deve configurarsi come una sfida civile da vincere in un Paese caratterizzato da un diffuso rigetto della legalità, un obbligo da adempiere da parte di tutte le istituzioni e non solo dalla scuola, una sorta di riscossa comune. “Il vero colpo d’ala della società italiana in tema di educazione civica si potrà quindi avere non quando si insegnerà la Costituzione in tutte le scuole di ogni ordine e grado, ma quando ad essere messa in discussione sarà l’anima, la cifra civica più profonda della società italiana”.

Mettere in discussione l’anima della nostra società significa davvero andare verso una nuova direzione, controcorrente; significa dare voce e autorevolezza alla categoria degli onesti richiamata da Calvino.

Lucia Veneruso

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