Lavorare e rimanere poveri: la realtà dei working poors

tempo di lettura: 3 minuti
Disegno di Antonio Nacarlo

In un’epoca in cui il lavoro dovrebbe essere la principale via d’uscita dalla povertà, c’è una crescente fascia della popolazione per cui questa equazione non funziona. Si tratta dei working poors, persone che, pur lavorando regolarmente, non riescono a guadagnare abbastanza per vivere dignitosamente. In questo articolo, esploreremo la realtà di chi è costretto a fare i conti con la precarietà economica nonostante il lavoro, attraverso l’intervista a un lavoratore che condivide la sua esperienza diretta. L’uomo ha scelto di rimanere anonimo.

1. Puoi descrivermi il tuo lavoro attuale?

Lavoro in una azienda che si occupa di sicurezza privata.

2. Quanto tempo lavori settimanalmente? Hai la possibilità di fare straordinari?

Il lavoro è contrattualmente articolato su 42 ore settimanali, io ne lavoro 72 con gli straordinari, sabato, domenica e festivi compresi.

3. Questo lavoro ti offre qualche tipo di stabilità o sicurezza a lungo termine?

Il contratto collettivo nazionale prevede il passaggio di appalto in caso di perdita di commessa, l’articolo 23 per l’esattezza. Pur tuttavia molto spesso le aziende subentranti disattendono le aspettative proponendo contratti a ribasso. Parliamo di ribasso su uno stipendio che non supera i 1200 € lordi.

4. Ritieni che il tuo stipendio sia adeguato rispetto al lavoro che svolgi?

Ritengo che ogni stipendio debba tenere conto del principio di equità stabilito dalle direttive europee sul salario minimo. Non parlo della mia ventennale esperienza nel settore, a mio avviso ogni salario inferiore a 9 € orari è inadeguato.

5. Riesci a coprire tutte le spese mensili (affitto, bollette, cibo) con il tuo stipendio?

Facendo i salti mortali, rinunciando alle uscite, agli svaghi e, a volte, al necessario…. È divenuta la mia quotidianità. Scelgo sempre e comunque di pagare però per una questione di etica. Per giunta senza nessun tipo di aiuto se escludiamo l’assegno unico per mio figlio minore.

8. Hai mai pensato di fare più lavori per arrivare a fine mese?

Pur volendo non ho né la forza né il tempo. Già 12 ore di lavoro al giorno sono tante …

9. Quanto influisce il lavoro sulla tua vita personale e familiare? Riesci a trovare tempo per te stesso o per la tua famiglia?

Non tutto il tempo che vorrei. Solo ritagli fra un turno di lavoro e l’altro che dedico esclusivamente alla famiglia. Ma è tempo di qualità pessima perché sono spesso stanco e irritato con me stesso. Allora mi sento in colpa e credo che il mio sacrificio non venga percepito come tale. Credo che mia moglie e mio figlio pensino che tenda a scappare da loro, che preferisca a loro il lavoro anche se questo non è affatto vero.

10. Come gestisci lo stress e le difficoltà legate alla tua situazione economica?

Leggendo, immaginando un futuro migliore per mio figlio, sperando di regalargli una vita diversa…

11. Hai la sensazione di dover rinunciare a opportunità importanti per te o per la tua famiglia a causa delle difficoltà economiche?

Più che una sensazione ne ho la certezza. Se arrivi a rinunciare a curarti per fare quadrare il bilancio familiare credo non ci sia altro da aggiungere.

12. Ritieni di avere accesso a sufficienti tutele o diritti sul posto di lavoro (ferie, malattia pagata, contributi pensionistici)?

Fortunatamente la società per cui lavoro si distingue nel settore per serietà. Applica alla lettera il contratto nazionale. È il contratto, da pochi mesi rinnovato, che prevede pagamenti miseri. La rabbia maggiore è che, grazie alle insistenze sindacali, siamo riusciti ad ottenere un tavolo di trattativa con un incaricato del Governo. Purtroppo dopo mesi la montagna ha partorito un topolino: 270 € di aumento lordo da suddividere nei prossimi 3 anni.

13. Hai mai cercato di migliorare la tua situazione lavorativa (per esempio, con formazione o cambio di lavoro)?

Io ho una formazione classica: dipingo, disegno, scrivo, attività poco spendibili nel mondo del lavoro. Faccio concorsi anche adesso che ho quasi 50 anni, non ho mai smesso in verità. Ma non c’è niente da fare, la povertà è un vero loop e la crisi generata dall’emergenza COVID ha peggiorato la situazione.

14. Cosa pensi debba cambiare nella società o nelle politiche economiche per aiutare persone nella tua situazione?

Carte acquisti, bonus sport o per lo psicologo sono misure più pubblicitarie che politiche, palliativi veicolati dal Governo per incantare l’opinione pubblica benpensante. Per i lavoratori c’è bisogno di un salario minimo garantito e di un vero e netto taglio sulle politiche fiscali. Non vogliamo la carità dal Governo, pretendiamo diritti.

15. Se avessi la possibilità di parlare con un politico o un decisore, cosa vorresti che sapesse riguardo alle tue esperienze?

Una prova pratica vale più di mille esempi. Vieni a lavorare con me per un mese. Paga mutuo, bollette e fai la spesa con quello che guadagno io. Fammi vedere come fai, magari sono io che sbaglio…

Grazie per aver condiviso la tua esperienza. Le sue parole sono un importante richiamo alla necessità di ripensare il nostro sistema economico e sociale.

Secondo i dati dell’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) e dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), il numero di lavoratori poveri in Italia varia, ma nel 2022 erano circa 1,7 milioni, il che rappresenta circa il 7,3% della forza lavoro. Fondamentale comprendere che chi si ritrova ad essere un working poor non è il “poveretto” stereotipato che spesso viene dipinto dalla stampa vicina al potere. Queste persone sono lavoratori qualificati, che hanno studiato, che magari stanno pagando con enormi sacrifici una piccola proprietà immobiliare. Non sono né fannulloni né semplici percettori di sussidi statali; sono uomini e donne che ogni giorno affrontano la realtà con dignità e determinazione. Rivendicano, e giustamente, il rispetto e i diritti che le istituzioni dovrebbero garantire loro. È tempo di riconoscere il valore assoluto di ogni lavoratore e di adottare politiche che rispondano alle reali esigenze della popolazione.

2 commenti su “Lavorare e rimanere poveri: la realtà dei working poors”

  1. Raffaele Catania

    …. un richiamo alla dignità intrinseca di chi lavora duramente ogni giorno, rivendicando non carità, ma il diritto a un salario equo e a condizioni di vita dignitose …

    1. Antonio Nacarlo

      La platea dei media schierata con il governo trova più interessante sviscerare le storie di letto di un emerito allocco ex appartenente all’ esecutivo del governo piuttosto che raccontare al Paese questa realtà. Senza avere la presunzione di fare il divulgatore, il reporter ma questo fenomeno rappresenta una sostanziosa parte della forza lavorativa dell’Italia. Tanti cittadini mi appaiono scollegati dalla realtà, gelosi dei loro agi e privilegi, si accontentano di non vedere e fingono di non sapere in che baratro ci sta portando la loro indifferenza.
      Un caro saluto Raffaele e sempre grazie per il tuo puntuale commento.

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Torna in alto