Nostalgie

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Palazzo Chigi, sala dove si riunisce il Governo

Forse non è corretto fare paragoni fra persone diverse, epoche diverse e situazioni politiche completamente diverse, ma è consentito, almeno, di provare una fitta di nostalgia? Qualche giorno fa cadeva il trentesimo anniversario dalla scomparsa di Giovanni Spadolini, primo Presidente del Consiglio “laico” dell’Italia postbellica. Spadolini non era soltanto un politico, era anche un professore, un giornalista, un uomo di grande e profonda cultura, autore di libri che hanno lasciato una traccia profonda nella storia politica del dopoguerra.

Ora, quando guardo Palazzo Chigi ed entro virtualmente nella stanza che fu da lui occupata, e al suo posto trovo … chi trovo, una botta di profonda nostalgia è inevitabile. Forse oggi quasi nessuno più ricorda che Spadolini era il segretario del Partito Repubblicano Italiano (PRI), oggi scomparso, e fu per volontà dell’allora presidente Pertini che, in seguito all’esplodere dello scandalo della Loggia P2, lo volle alla guida del governo del Paese in quel momento così difficile. Spadolini era un uomo dalle molteplici competenze; era stato titolare di una cattedra universitaria da giovanissimo, aveva diretto testate prestigiose come il Resto del Carlino e il Corriere della Sera.

Era un uomo dagli ampi orizzonti ed anche un europeista convinto. La sua era un’Europa illuminista. Poco prima della sua morte uno dei suoi lavori più importanti L’idea di Europa fu tradotto anche in russo. Spadolini nacque in piena era fascista, ciò nonostante non ne fu mai contagiato. Egli era un mazziniano (Mazzini, chi era costui?) e mazziniana era la radice storica della sua idea di Europa. Attraverso il patriota genovese la Repubblica letteraria di Voltaire diveniva Repubblica Politica e, come dice Bruno Quaranta su Repubblica del4 agosto scorso, «Per li rami risalendo, Spadolini a Erasmo e a Machiavelli. Erasmo che lega l’intuizione cristiana dell’universo alla scoperta delle moderne libertà democratiche. E Machiavelli, che per primo aveva intuito e difeso l’Europa come terra della Repubblica, ossia la libertà contro il dispotismo asiatico». Spigoliamo alcuni nomi dei componenti del suo gabinetto d’allora, e vi troviamo: Emilio Colombo, Virginio Rognoni, Altiero Spinelli, Clelio Darida, Giorgio La Malfa, Rino Formica, Beniamino Andreatta, Lelio Lagorio, Franca Falcucci, e ci fermiamo qui.

Se qualcuno avesse detto a Spadolini che un giorno la sua poltrona sarebbe stata occupata da gente come il cabarettista, miliardario, sciupafemmine e imbonitore di nome Silvio Berlusconi e, in seguito, da una proveniente dall’oscura matrice neofascista, intorno alla quale si è assemblato un gruppo di irriducibili nostalgici, giovani e meno giovani, che hanno rispolverato il vecchio ciarpame di quel tempo e ne vanno fieri, come avrebbe reagito? Come abbiamo fatto con Spadolini, facciamo adesso con Meloni: chi sono i membri del suo governo? Roberto Calderoli, agli Affari Regionali e alle Autonomie; Antonio Tajani, ex berlusconiano di ferro agli Affari Esteri e alla cooperazione internazionale; Matteo Piantedosi, Ministro dell’Interno; Carlo Nordio, Ministro della Giustizia; Guido Crosetto, Ministro della Difesa; Giancarlo Giorgetti, Ministro dell’Economia e delle Finanze; Francesco Lollobrigida, cognato della Premier e Ministro dell’Agricoltura; Matteo Salvini, vice premier e Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti. E ci fermiamo qui. Sarebbe una lettura interessante, quella dei curricula di questi personaggi, che probabilmente un uomo come Spadolini non avrebbe preso in considerazione nemmeno come uscieri della Camera o del Senato. Carlo Nordio, per esempio, ex magistrato pieno di livore, il “Ministro dell’evanescenza giudiziaria” come è stato definito; prigioniero di un complesso di inferiorità pari solo al suo spirito di rivalsa verso gli ex colleghi, ha finalmente portato a casa l’unico provvedimento che è riuscito a sfornare in ventuno mesi. Secondo lui il provvedimento, firmato ieri da Mattarella, è «uno storico passo avanti», ma per la democrazia e per lo Stato di Diritto è invece una giornata nera. Da segnare nel calendario degli errori e degli orrori compiuti da questo Governo. La Legge che abolisce il reato di «abuso d’ufficio» è un colpo di spugna su uno dei reati tipici dei colletti bianchi che cancella in un fiat 3.623 condanne definitive e apre un buco enorme, una voragine, nella rete predisposta dalle direttive europee contro il malaffare. E ora il capo del Governo di cui fa parte Nordio fa questo regalo indebito alla casta, ai potenti della terra di mezzo, ai manovali della criminalità organizzata. Come dice, sagacemente, Massimo Giannini: «L’attuale Guardasigilli è, con rispetto parlando, suo malgrado l’utile idiota di questa specie di “esecuzione testamentaria” di matrice berlusconiana, resa nota adesso, ma risalente alle manovre concepite a suo tempo nel laboratorio di Palazzo Grazioli dai dottor Stranamore del cavaliere, Niccolò Ghedini e Gaetano Pecorella». La “popolana della Garbatella” che dovrebbe avere a cuore gli interessi dei più indifesi, ha invece, come dice l’Associazione Nazionale Magistrati, lasciato più soli proprio i più deboli, eliminando il reato introdotto proprio per tutelare i cittadini dai comportamenti scorretti dei pubblici ufficiali. E ora, invece: liberi tutti! Chi ci governa deve avere proprio un sasso nel cuore, se ha potuto servire al Paese questa mostruosa “doppia morale”, che si cura dei forti e se ne frega dei deboli, a proposito di giustizia sfregiata e violentata. Desidereremmo chiedere a Nordio cosa sta facendo per risolvere, o per lo meno affrontare, la questione più urgente del nostro sistema penale: quella delle carceri e dei quotidiani suicidi che, sia fra le guardie carcerarie che fra i detenuti, stanno conducendo l’Italia in fondo alla classifica degli “Stati di Diritto”, costringendo migliaia di persone a vivere in condizioni disumane, che nemmeno nei lager. La pena detentiva non è una tortura, ed essa deve essere somministrata con umanità (siamo uno stato cattolico!) e con dignità. Le carceri traboccano di detenuti e questo governo, invece di prevedere nuove strutture carcerarie, ha introdotto fino ad ora 23 nuovi reati e 10 inasprimenti di reati già esistenti. Un ottimo rimedio per risolvere il problema del sovraffollamento, non c’è che dire!

Certo, non pretendiamo che fra le letture preferite dei membri del nostro Governo, ci siano Cesare Beccaria, Montesquieu, John Stuart Mill, Locke o, per tornare a Spadolini, Guicciardini, Machiavelli, Erasmo da Rotterdam o Mazzini; probabilmente non ci capirebbero niente se uno di loro, a fronte di un’Italia totalmente disastrata, invece di prendere gli opportuni provvedimenti che gli spetterebbero per ripristinare le sedi stradali, le condotte idriche, le ferrovie, pensa solo – forse quand’è al Papeete – al “Ponte sullo Stretto”, pensando così, come i faraoni che costruirono le piramidi, a guadagnare gloria imperitura per un’opera che non servirà a nessuno e che nessuno vuole se non lui e chi affonderà la forchetta nel ricco piatto. Un pensierino, caro “cazzaro verde”, a costruire nuovi istituti di pena, ce l’hai fatto?

E tu, ministro Lollobrigida, che fai fermare i treni come se fossero un taxi, e che adesso ti stai adoperando per combattere nientepopodimeno che il “granchio blu”, cosa stai facendo per impedire che una pratica – seppure vietata –, quella della pesca a strascico, venga effettuata per mancanza di controlli, con conseguenze disastrose per l’intero ecosistema marino? C’è qualcuno che vorrebbe chiedere qualcosa al ministro Piantedosi? Io sì, e cioè: caro Ministro, a che punto sono i tanto decantati centri di detenzione in Albania per i migranti che sbarcano sulle nostre coste? Ecco la risposta: i centri per i migranti in Albania non sono ancora aperti per colpa del caldo. “L’attuazione del progetto che prevede Centri per migranti in Albania ha subito un ritardo di alcune settimane per problemi tecnici legati alle condizioni geologiche del terreno che hanno richiesto un’attività di verifica e consolidamento e all’ondata prolungata di caldo anomalo che ha determinato un necessario rallentamento dei lavori a tutela della salute degli stessi lavoratori impegnati sul posto”, ha affermato il Ministro dell’Interno rispondendo a un’interrogazione alla Camera. Porca miseria: il caldo! È vero, con il caldo non si può lavorare; chissà come hanno fatto tutte le nazioni africane a crescere e a svilupparsi (a costi altissimi) con il caldo da sempre imperante a quelle latitudini.

Crediamo, adesso, che sia giustificata la “nostalgia” che ci coglie pensando agli uomini di quel tempo, che nemmeno nei loro incubi più devastanti avrebbero mai potuto immaginare che un giorno al loro posto ci sarebbero state persone come Berlusconi, Meloni, afflitta da perenne stitichezza nel pronunciare la parola “fascismo”, associandola al periodo più buio della nostra storia recente e che ancora infesta il suolo della Patria. Giovanni Spadolini, non il solo, ovviamente, ma uno dei pochissimi che nessuno osò mai accusare di alcunché non fosse strettamente e rigorosamente lecito e legale nello svolgimento del suo mandato. Probabilmente Spadolini non piacerebbe a molti degli italiani attuali che sono insofferenti alle leggi e alle regole e che trovano nei governi che si sono succeduti dopo la fine del monopolio DC una sinecura per i loro comportamenti, avallata dalla condotta dei loro governanti, spesso da codice penale ma che, grazie alle leggi “ad personam” a suo tempo varate a difesa dell’uomo di Arcore, hanno consentito a lui e a molti altri di sfuggire alle maglie (un po’ lasche) della giustizia, e di assurgere addirittura al ruolo di “padri della Patria”. Ahi, serva Italia …!

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