È ormai diffusa tra una buona parte dei cittadini la convinzione che a determinare il nostro presente e il nostro futuro non siano i governi e i parlamenti, anche se democraticamente eletti, ma gruppi portatori di interessi economico-finanziari nazionali ed internazionali. La gran mole di informazioni sempre più diffusamente disponibili rivelano anche i più piccoli particolari della perenne lotta per accaparrarsi risorse, per indirizzare lo sviluppo industriale e tecnologico tra chi persegue un unico obiettivo: aumentare a dismisura i propri profitti. Una battaglia che non conosce regole, non conosce diritti da rispettare, neanche quello alla vita delle persone e del sistema naturale. Queste forze tutt’altro che oscure si combattono tra loro senza eserciti e armi proprie, ma li comprano al grande mercato politico e istituzionale. Comprano governi, commissioni, parlamenti in una gigantesca asta globale. Come nelle fantastiche incisioni di Escher, il loro terreno di battaglia si muove lungo i diversi “pianerottoli” di scale in un saliscendi senza fine. Nelle sedi dei governi delle organizzazioni internazionali, in quelle dei governi nazionali, nei parlamenti e tra i cittadini elettori. In Italia come in tutti i paesi, salve rare eccezioni, tanti politici sono propensi al farsi corrompere, mettono a disposizione le istituzioni che dirigono grazie al consenso elettorale per favorire gli affari di chi li paga meglio. Altre volte le lotte di potere assumono toni drammatici. Presidenti assassinati, oppositori assassinati, stragi di civili innocenti per depistare, distrarre, e poi guerre armate, bombe, massacri e tutto di più. I portatori di giganteschi interessi economici agiscono sempre su più fronti, pensano alla grande, programmano il loro futuro. È per loro essenziale che la ricerca scientifica e tecnologica prenda una strada invece che un’altra, che si definiscano nei fatti e formalmente degli standard tecnici per i beni che devono essere commercializzati e che questi standard corrispondano alle loro capacità produttive e non a quelle di altri. È noto come le scelte energetiche, ad esempio, non sono mai fatte in modo autonomo e razionale da parte dei governi, ma sono condizionate da chi possiede o condiziona il mercato delle materie prime o delle tecnologie. Il condizionamento da parte dei potenti gruppi economico-finanziari è invasivo, raggiunge tutti gli aspetti della nostra vita. Cosa e come mangiare, come vestirsi, come divertirsi, come curarsi. Ciò che è importante è salvaguardare il business, il proprio business.
Politica ed economia si intrecciano. Nelle democrazie come nelle dittature i governi devono sentirsi legittimati dai loro cittadini altrimenti il loro valore nell’asta globale scende. Avviene nella Russia di Putin, dove vengono massacrati gli oppositori, si cerca di annientare una intera popolazione “nemica” solo per provare ad essere rieletti dai cittadini del proprio stato come fa Netanyahu in Israele, si inventano progetti impossibili di inutili opere pubbliche, il ponte sullo stretto oggi di Salvini ma prima di Berlusconi, si falsificano le informazioni sui conti pubblici e si promette ciò che non potrà mai essere concesso come ha fatto il primo ministro Meloni come nel caso della tassazione degli extraprofitti. Si inventano nemici, si scambiano le abitudini per tradizioni e tante altre nefandezze, e questo tentando di assoggettare al proprio volere testate giornalistiche, televisioni e tutto ciò che potrebbe svelarne le inespresse intenzioni.
Purtroppo non si tratta di faide di paese. Pensare che quanto descritto sia il frutto della fantasia maniacale di qualche scrittore visionario sarebbe un grave errore. Ma ciò non ci basta per allontanarci dall’idea di esercitare il nostro diritto al voto. È proprio acquisendo le tante informazioni disponibili sui tentativi molte volte riusciti di manipolarci, di acquisire il nostro consenso elettorale da parte degli oscuri poteri che siamo stimolati a fare scelte diverse Alle prossime elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo saranno 359 milioni i cittadini che potranno scegliere i propri rappresentanti politici. Si stima che il 50% degli aventi diritto probabilmente diserterà le urne, non andrà a votare. Sfiducia nelle istituzioni, certo. Delusioni nelle aspettative di cambiamento. Assenza di compagini politiche con programmi e valori chiari, incapaci di mostrarsi in grado di battersi per difendere e rafforzare l’esercizio dei nostri diritti faticosamente conquistati oltre che perseguire un interesse generale e non di una parte.
A noi interessa poter continuare a coltivare le nostre idee, il poterci confrontare con altri in un processo di continua elaborazione. Ci interessa salvaguardare i nostri valori. A noi piacerebbe che tutte le società fossero multietniche e pacifiche. A noi interessa che le diversità possano convivere. Vogliamo essere ben curati in ospedali puliti ed efficienti e da medici competenti che possano scegliere la cura migliore per noi senza essere condizionati dagli interessi economici dei loro capi e dei loro fornitori. Siamo interessati a che il lavoro sia pagato il giusto e che venga rispettato il principio universale che a lavoro uguale corrisponda un salario uguale, giovani e meno giovani, donne e uomini, bianchi e neri, gialli e rossi, nati da italiani o da stranieri, che il lavoro si svolga al sud al nord o in un qualsiasi altro paese. Riteniamo inaccettabile che si possa essere poveri anche lavorando perché il lavoro è pagato troppo poco. Stilare programmi elettorali non è il nostro mestiere. La presunzione di aver capito tutto non ci appartiene ma non siamo disponibili a lasciare il campo. Alle urne andremo con lo stesso spirito di chi è stato costretto ad imbracciare le armi in una battaglia di Resistenza all’avanzare della barbarie nazi-fascista.
In questa tornata elettorale sono in ballo cose troppo importanti per il nostro futuro. È in ballo l’indirizzo politico dell’Unione Europea; sono da assumere scelte di politica internazionale in una fase drammatica con due guerre in corso in Ucraina e nel vicino oriente col massacro dei Palestinesi. In Italia la maggioranza di destra, con Giorgia Meloni che rivendica le sue radici postfasciste, punta a stravincere per continuare nella sua politica, cerca il nostro consenso per amputarci della possibilità di esercitare i nostri diritti e ci prospetta un futuro cupo, vuole essere da noi “autorizzata” a consegnarle un acritico consenso. Non sono molte le forze politiche che hanno idee chiare su come contrastare questo rigurgito reazionario: esclusi i residuati bellici rappresentati da quegli strani partiti del Centro, da Renzi a Calenda, resta ben poco. E per gli altri certo si potrebbe ricordare il motto di Gesù “chi non ha peccato scagli la prima pietra”. Tutti sono stati al governo facendo cose importanti e positive, altre volte spianando la strada alle attuali politiche di destra. Ma questo non ci basta per allontanarci dall’idea di esercitare il nostro diritto al voto. E qui citiamo una frase meno sacrale, quasi blasfema di Tony Curtis in “A qualcuno piace caldo”: nessuno è perfetto.
Le guerre sono l’opposto della politica e il ricorso ad esse comprime ogni altra cosa (stato sociale, liberta di espressione, ect). Assicurare società pacifiche, multietniche, dialoganti, significa far prevalere il dialogo, il confronto, la politica, in definitiva. La crisi della globalizzazione ha fatto riemergere, nel mondo, di nuovo le aree geopolitiche in forte competizione. Di nuovo i profitti, l’uso delle risorse sono diventati oggetto di una forte contesa con l’uso della forza.
Occorrerebbe una diplomazia dal basso e cioè una grande mobilitazione dell’opinione pubblica mondiale ed europea per condizionare i governi dei nostri paesi. Per di più l’inconsistenza politica dell’Europa non aiuta cambiare questo quadro. L’attuale fase mondiale è complessa e con rischi enormi. In mancanza di un protagonismo delle società sarà difficile invertire la tendenza attuale. Il voto e la partecipazione democratica possono aiutare a svelenire questo clima.