Nonostante l’enorme popolarità di cui gode, dovuta principalmente alla scoperta avvenuta nel 1922 della sua tomba, colma di ogni tipo di ricchezza, il regno di Tutankhamon durò solo nove anni, senza che alcun avvenimento degno di rilievo lo contrassegnasse.
L’Egitto continuò, infatti, il suo declino, incalzato dagli invasori stranieri che nel frattempo non avevano mai abbassato la guardia. Le ripercussioni furono gravi e investirono gli equilibri dell’economia egizia e della sua politica, provocando non pochi disordini sociali. Tutto sarebbe precipitato se a tappare le falle non fosse intervenuta una nuova stirpe di re guerrieri: la XIX dinastia guidata dal visir Paramessu, un uomo dalle grandi capacità militari, tanto che il faraone Horemheb, notando il suo valore e non avendo figli, lo nominò come suo successore.
Alla morte di Horemheb, Paramessu salì al trono con il nome di Ramses I. Il suo regno, però, durò solo circa due anni. Alla sua morte, nel 1307 a.C., succedette il figlio Seti I, il quale era cresciuto con l’idea che solo una grande struttura militare avrebbe potuto restituire all’Egitto la gloria e la potenza di un tempo. Appena salito al trono, e forse in maniera un po’ precipitosa, intraprese una campagna militare nei confronti di Canaan che subito dopo si spinse fino in Fenicia, a Tiro. Tuttavia, la mancanza di un’adeguata preparazione si fece presto sentire. Seti I non si era preoccupato di rinforzare preventivamente le infrastrutture dell’Egitto, non aveva costituito un esercito abbastanza guarnito di uomini militarmente ben addestrati e non aveva considerato che lungo le terre sulle quali si erano inoltrati non ci fossero sorgenti d’acqua. Tutto questo portò alla dispersione dell’esercito e al fallimento dell’impresa. Seti I comprese, allora, che bisognava prima fortificarsi in maniera adeguata se voleva che il suo impero rimanesse in piedi.
Cercò un luogo dove poter ripristinare i suoi stati e fortificare il confine con l’Oriente. Questo luogo fu identificato nel Basso Egitto, nel delta orientale del Nilo. Non potendo contare più sulla capitale Avaris, ormai ridotta in rovina in seguito all’insabbiamento dell’affluente del Nilo, decise di fondare una nuova città nel Nord: un luogo in grado di ospitare e addestrare nuove reclute, ripristinare un grande esercito, allevare cavalli e costruire armi in abbondanza. La città che sorse prese il nome di Pi-Ramses (Aa-nakhtu) ricordata nel libro biblico dell’Esodo sotto il nome di Ramses. La città di Pi-Ramses è stata ritrovata dagli archeologi nei pressi del villaggio di Qantir, a poco più di 100 chilometri dal Cairo. La singolarità di questo ritrovamento è dovuta dal fatto che, essendo il terreno proprietà degli agricoltori del luogo, gli archeologi, dopo aver fatto i dovuti rilievi, sono costretti a reinterrare il tutto e restituire la terra ai legittimi proprietari.
L’utilizzo dei georadar ha comunque potuto permettere agli studiosi di stabilire che Pi-Ramses fu uno dei maggiori centri del Basso Egitto, con una popolazione che superava i 300.000 abitanti su una superfice di oltre 18 chilometri quadrati.
La Bibbia chiama Pi-Ramses la “città deposito” e, in effetti, è proprio quello che era, in quanto comprendeva una grande caserma militare in grado di contenere le divisioni della cavalleria e della fanteria egizia. Inoltre, la sua posizione geograficamente strategica, permetteva a Seti I di comunicare più rapidamente con i suoi governatori coloniali. Ma, se tutti gli uomini ancora prestanti, oltre a lavorare nei campi, prestavano servizio nelle forze armate o venivano impiegati a sud per la realizzazione di ambiziosi progetti quali la costruzione di tre nuovi templi ad Abydos, decine di edifici funerari a Tebe, una sala ipostila nel tempio di Amon, a Karnak, dove trovò Seti I la manodopera necessaria per costruire Pi-Ramses?
Il libro biblico dell’Esodo fornisce una risposta a questo quesito. Secondo questo scritto il faraone decise che le tribù israelite avrebbero potuto risolvere il pressante problema della manodopera. Erano trascorsi ormai quattro secoli da quando gli israeliti si erano insediati nella terra di Gosen e tutti i faraoni, a partire da Ahmose I, consideravano gli insediamenti cananei colonie straniere, troppo simili alle tribù che avevano più volte combattuto in Oriente, tanto da generare nei loro confronti una crescente animosità.
Seti I morì nel 1290 a.C. e, in seguito alla sua morte, salì al trono il figlio Ramses II. Il suo fu un lungo regno che durò sessantasei anni, che lo portò a diventare il faraone più potente della XIX dinastia. Una volta divenuto faraone, proseguì nella costruzione di Pi-Ramses e intraprese l’edificazione di una seconda grande città, dedicata al dio Atum: Per-Atum, chiamata nella Bibbia Pitom. Atum era il dio principale del pantheon egizio, creatore della vita e padre di tutti i re dell’Egitto, anch’essi divinità.
Secondo il libro dell’Esodo gli israeliti furono resi schiavi ed impiegati nei cantieri di Pi-Ramses e Per-Atum in condizioni che, con il tempo, diventarono sempre più dure (Esodo 1:12-14). Il numero degli israeliti, continua il racconto biblico, che intanto continuava a crescere, cominciò però a preoccupare seriamente il faraone, portandolo a studiare una soluzione su come ovviare a questo problema. Probabilmente lo spettro di una nuova rivolta, cosi com’era accaduto tempo prima all’epoca degli Hyksos, continuava a turbare le sue notti insonni.
Intanto la vita degli israeliti divenne, nel tempo, sempre più amara. La dura schiavitù che li costringeva incessantemente a preparare l’argilla, fabbricare mattoni e a lavorare senza tregua nei campi, rendeva l’oppressione praticamente insopportabile, tanto da non permettere a ciascuno di loro di intravedere una via d’uscita da quella condizione. Non potevano nemmeno sospettare che, da lì a poco, il loro destino sarebbe stato segnato da un bimbo, figlio di ebrei che, posto dai suoi stessi genitori all’interno di un cestello di papiro, avrebbe preso a galleggiare sul fiume in direzione della casa dello stesso faraone.