Squallida demagogia?

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Ospedale di Nottingham (Fonte: Nurse Times, giornale di informazione sanitaria)

Che l’attività del Governo Meloni si sia concentrata essenzialmente su atti e gesti propagandistici è un fatto inconfutabile. I messaggi, più o meno espliciti, a sfondo identitario o demagogico sono stati innumerevoli e spesso contraddetti dall’operato dello stesso Governo. Si cominciò coi decreti anti rave e Cutro seguiti da altri fino al recente accordo col primo ministro albanese Rama, ennesimo specchietto per le allodole, ed alla scandalosa istituzione della Commissione parlamentare di inchiesta sul Covid, assolutamente ingiustificata dopo l’archiviazione in sede giudiziaria e quindi volta solo a rinfrescare ormai infondati sospetti sull’operato dei governi che dovettero affrontare la pandemia, durante la quale proprio Meloni e Salvini, non dimentichiamolo, soffiarono sul fuoco del negazionismo più becero.

In quest’ultimo periodo di spregiudicata distrazione di massa, volta tra l’altro a coprire le tante carenze del Governo, spicca però una manovra di portata modesta ma di grande impatto emotivo: la profferta di assistenza sanitaria sul territorio italiano alla piccola Indi Gregory, cittadina britannica di otto mesi affetta da una malattia incurabile, tenuta in vita nell’ospedale di Nottingham in attesa di una inevitabile morte prematura. Malattia, tanto per intenderci, incurabile anche in Italia, come la Meloni ben sa, tant’è che l’ospedale Bambin Gesù di Roma si era reso disponibile (su richiesta di chi sa quale mente “illuminata” del Governo) ad ospitarla precisando però che era in grado di somministrare alla piccola soltanto palliativi, cioè né più né meno di quelli utilizzati nel Regno Unito e che i sanitari britannici avevano proposto di sospendere per sottrarre la creatura ad inutili sofferenze. Di fronte a questa prospettiva, per loro dolorosa, i genitori di Indi avevano fatto ricorso ma la Corte d’appello di Londra l’aveva respinto. Per avviare l’operazione il nostro Governo aveva accordato alla piccola Indi anche la cittadinanza italiana. Pare peraltro che, leggi alla mano, non esistessero gli estremi per il conferimento di questo status: l’art. 92, comma 2, della legge sulla cittadinanza del 1992 prescrive infatti che “la cittadinanza può essere concessa allo straniero quando questi abbia reso eminenti servizi all’Italia, ovvero quando ricorra un eccezionale interesse dello Stato”. Nessuna di queste condizioni appare presente nella circostanza (anche se l’astuto promotore di questa iniziativa potrebbe obiettare che non si tratta della “concessione” della cittadinanza bensì della sua “imposizione”, nell’interesse del Governo in carica, non certamente dello Stato).

Ma vediamo perché l’offerta del Governo italiano appare come la più cinica di tutte le spregiudicate iniziative propagandistiche che lo impegnano quotidianamente. Che la piccola Indi sia condannata a morte è un dato di fatto tristemente incontrovertibile. Portarla in Italia non ha altro scopo che quello di prolungarne per qualche tempo la dolorosa esistenza con due finalità complementari, entrambe utili soltanto al Governo e non si sa quanto ai genitori. La prima finalità è quella di suscitare l’ammirazione della parte meno avvertita dell’elettorato, illudendola con l’infondata speranza di uno spiraglio di sopravvivenza, possibile in Italia diversamente che in Gran Bretagna: Viva dunque l’Italia generosa e all’avanguardia della tecnologia sanitaria! Ai più sprovveduti si può prospettare addirittura l’ipotesi che la vicinanza alla Santa Sede possa indurre chi di dovere al miracolo. La seconda finalità è dare un messaggio identitario a quella parte dell’elettorato che crede nella sacralità assoluta della vita, nella vita a tutti i costi: non a caso il legale dei coniugi Gregory è quel Simone Pillon ex senatore della Lega, cattolico integralista e nemico acerrimo di chi mette in discussione i valori tradizionali della famiglia. Le finalità del tentato trasferimento in Italia della piccola sono peraltro rese note con estrema chiarezza dalla Meloni stessa che così si è espressa: “Dicono che non ci siano molte speranze per la piccola Indi, ma fino alla fine farò quello che posso per difendere la sua vita. E per difendere il diritto della sua mamma e del suo papà a fare tutto quello che possono per lei.” Magnifico e commovente! Peccato che di un’ulteriore e non secondaria importanza la Premier non faccia menzione: l’esigenza di bilanciare ideologicamente il diniego del suicidio assistito alla regista Sibilla Barbieri, in arte Elena, che ha dovuto espatriare in Svizzera per ottenerlo.

Mentre scriviamo giunge notizia che la piccola Indi è stata staccata dai macchinari che la tenevano in vita ed è stata trasportata nella struttura che ospita i malati terminali, dando quindi esecuzione alla pronuncia della Corte d’appello di Londra. Noi laici tiriamo un sospiro di sollievo perché vedremo cessare l’inutile sofferenza della povera bimba, ma al tempo stesso pensiamo che questa soluzione abbia sottratto il caso ad uno scontro diplomatico. L’aver rifiutato il trasferimento della piccola in Italia è stata infatti una soluzione diplomaticamente saggia. La Gran Bretagna ha affermato la propria autosufficienza sanitaria ed ha evitato di competere con un Paese amico su questo terreno anche se, date le premesse, avrebbe potuto sghignazzare nel momento in cui anche l’ospedale Bambin Gesù avesse dovuto rinunciare a mantenere in vita la bimba. Sul fronte italiano l’operazione lascia un margine di utilità al Governo: potrà ancora vantare l’illusoria eventualità che in Italia le cose sarebbero andate diversamente grazie ad una miracolosa guarigione o almeno di aver protratto per qualche tempo la vita della bimba, onorando così l’intangibilità della vita umana per mano dell’uomo. Se il trasferimento si fosse invece realizzato, la Meloni avrebbe potuto soltanto rivendicare di aver prolungato per qualche tempo la vita della sfortunata Indi. Questi vantaggi propagandistici ci portano a concludere che l’iniziativa del Governo è stata quanto di più squallido abbia prodotto la sua dissennata propaganda: supera ogni cinismo cercare il consenso giocando sulla vita di una disgraziata creatura, illudendo i genitori ed ignorando le migliaia di bambini curabili che muoiono per mancanza di cure e di tutti quelli, ammalati e non, ai quali viene negata la cittadinanza italiana, pur essendo nati qui da noi.

Resta da meditare sull’immagine internazionale dell’Italia: questa dolorosa vicenda amplificherà la sensazione di perdita di credibilità già compromessa dalle strizzatine d’occhio ad Orban, dalla finora negata ratifica del Mes e da altri piccoli sgarbi e passi falsi?

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