Gli italiani che non si identificano con i partiti oggi al governo si dividono in due schieramenti: quelli che temono una svolta autoritaria e quelli che attendono l’eventuale affermazione a fine legislatura dei partiti che li rappresentano. Il tempo, che è uno dei pochi galantuomini ancora in circolazione, ci dirà chi ha visto giusto. Bisogna però essere ciechi per non vedere che il Governo e la maggioranza che lo sostiene ce la stanno mettendo tutta per forzare, intenzionalmente, le regole democratiche. Ci risparmiamo l’elencazione completa e puntuale di tutte le iniziative sin qui assunte o proclamate da Giorgia Meloni e soci in questa direzione, limitandoci semplicemente a ricordare la riforma della magistratura, il presidenzialismo, o semipresidenzialismo, o premierato che sia, e lo scoperto vincolo di amicizia con le forze europee più illiberali. Significativo anche il silenzio con cui vengono sistematicamente ignorati i richiami e gli appelli del Capo dello Stato, con la sola eccezione dell’invito a non istituire commissioni parlamentari di inchiesta su fatti e circostanze sulle quali si sia già pronunciata la magistratura: diversamente avremmo una commissione sul Covid e una sui vaccini. Questo programma si è accompagnato ad un piano capillare di occupazione dei centri di potere non solo avvalendosi a piene mani dello spoil system, ma imponendo dimissioni o rinunce anche su incarichi non ancora in scadenza: ultimamente è stato commissariato, mettendolo nelle mani di persona fidata, anche il Parco Verde di Caivano. I commissari governativi, non dimentichiamolo, portano consenso e voti a chi li ha generosamente nominati, a spese dei contribuenti. Ma è sull’informazione televisiva, indispensabile per portare avanti la sua propaganda forsennata, che il Governo ha infierito. Né si deve trascurare, al di là dei contenuti di cui si nutre la produzione dei peana nei confronti dell’Ape Regina e del suo operoso alveare, la protervia, l’aggressività spesso sfrontata nei confronti degli avversari politici o presunti tali, come singoli magistrati, direttori di giornali, conduttori televisivi. Lo stesso atteggiamento insofferente e spesso provocatorio sfoggiato nei talk show da personaggi come l’on. Donzelli o il giornalista Italo Bocchino (solo per citare le più virulente “new entry” di FdI in aggiunta alla “falange armata” già di estrazione berlusconiana o leghista ma oggi decisamente meloniana) denota la consapevolezza di essere al potere e di volerlo mantenere ad ogni costo.
A conferma della gravità di questa situazione vale ricordare quanto scritto da Umberto Eco in un articolo pubblicato su “la Repubblica” nel 2001, estratto dalla raccolta di articoli e conferenze contenute nel volume “Il passo del Gambero”, Bompiani 2006. Ne citiamo testualmente qualche brano particolarmente stimolante: «Lo stesso padrone (parliamo di Berlusconi in caso di vittoria elettorale del Polo delle Libertà) avrebbe per proprietà privata tre reti televisive e per controllo politico le altre tre – e le sei maggiori reti televisive nazionali contano più, per formare l’opinione pubblica, di tutti i giornali messi insieme. Lo stesso proprietario ha già sotto controllo quotidiani e riviste importanti, ma si sa cosa accade in questi casi: altri giornali si allineerebbero all’area governativa, vuoi per tradizione vuoi perché i loro proprietari riterrebbero utile ai propri interessi nominare direttori vicini alla nuova maggioranza. In breve si avrebbe un regime di fatto.»
E più avanti: «Questa situazione conosciuta ormai nel mondo come l’anomalia italiana, dovrebbe essere sufficiente per stabilire che una vittoria del Polo nel nostro paese non equivarrebbe – come molti politologi affermano – a una normale alternanza tra destre e sinistre che fa parte della dialettica democratica. L’instaurazione di un regime di fatto (che, ripeto, si instaura al di là delle volontà individuali) non fa parte di alcuna dialettica democratica.» Eco si dilunga poi in una dettagliata analisi degli elettori che daranno la vittoria al Polo distinguendoli in Elettorato Motivato, che lo voterà per proteggere i suoi interessi, ed Elettorato Affascinato costituito, in estrema sintesi, da elettori rincitrulliti da oltre vent’anni di televisione berlusconiana e non.
Ma Eco conclude con questa amara considerazione: «Di fronte all’Elettorato Affascinato e l’Elettorato Motivato della destra, il maggior pericolo per il nostro paese è però costituito dall’Elettorato Demotivato di sinistra (e si dice sinistra nel senso più ampio del termine, dal vecchio laico repubblicano al ragazzo di Rifondazione, sino al cattolico del volontariato che non si fida più della classe politica). È la massa di coloro che sanno tutte le cose dette sinora (e non avrebbero neppure bisogno di sentirle ripetere), ma si sentono delusi dal governo uscente, di coloro che di fronte a ciò che si attendevano considerano tiepidamente quello che hanno ricevuto, e si evirano per far dispetto alla moglie. Per punire chi non li ha soddisfatti, faranno vincere il regime di fatto. La responsabilità morale di costoro è enorme e la Storia domani non criticherà i drogati delle telenovelas che avranno avuto la telenovela che volevano ma coloro che, pur leggendo libri e giornali, non si sono ancora resi conto o cercano disperatamente di ignorare che quello che ci attende tra qualche giorno non sono elezioni normali, bensì un Referendum Morale. Nella misura in cui rifiuteranno questa presa di coscienza, sono destinati al girone degli ignavi.»
Questo scriveva Eco ventidue anni fa. Le elezioni le vinse, come previsto, Berlusconi battendo il fronte opposto che si presentò puntualmente frazionato. Ma non si instaurò un vero regime di fatto perché alla successiva tornata elettorale vinse Prodi, sia pure con una maggioranza risicata: la previsione di Eco era prematura ma col tempo, con la progressiva estremizzazione della destra, il crescente rincitrullimento dell’Elettorato Affascinato e l’espansione dell’Elettorato Demotivato di sinistra sta per avverarsi.
Eppure di fronte a questo allarme molti esponenti dell’opposizione mostrano l’indifferenza di chi pensa che la cosa non sia poi così pericolosa e che comunque la persistenza del quadro democratico consentirà a ciascuno di loro di gestire il proprio orticello politico, piccolo o grande che sia. Vediamo nelle grandi linee di chi si tratta. Per cominciare va indicato l’intero M5s che è andato abusivamente ad occupare lo spazio a sinistra lasciato improvvidamente libero dal PD degli ultimi dieci anni. Al momento sembra essere principalmente impegnato a sottrarre voti al PD dal quale lo dividono argomenti come gli aiuti militari all’Ucraina e il solito, pretestuoso inceneritore di Roma, causa non secondaria del nefasto voltafaccia al Governo Draghi. Quanto basta comunque per vantare agli occhi degli elettori una differenza dirimente dai democratici.
C’è poi Calenda che vagabonda ormai da anni, senza costrutto, alla ricerca di uno spazio politico in cui far valere le capacità che si celano sotto la sua apparenza “pariolina”. Questa ricerca comporta la convergenza su qualche provvedimento governativo che però può suonare, ed in effetti suona, agli orecchi degli elettori come una patente di credibilità offerta a un governo che fatica a trovarla all’estero.
Non parliamo poi di Renzi, anche lui alla ricerca di uno spazio personale e quindi disponibile, come Calenda, ad appoggiare l’azione di governo, a partire dalla riforma punitiva della giustizia che voleva fare del male al “su Babbo” e alla “su Mamma” e soprattutto a lui medesimo. La differenza tra Calenda e Renzi è che il primo ha fatto pochi danni mentre il secondo prova un sottile piacere nel creare disastri.
E tuttavia la figura di Renzi trova ancora un certo, incomprensibile, seguito nella corrente riformista del PD che, possiamo esserne certi, non vede nel Governo Meloni alcuna ambizione dittatoriale. Per trovare chi suona un campanello di allarme nei partiti di sinistra bisogna cercarlo nel PD, in +Europa e nell’Alleanza Verdi-Sinistra Italiana, non a caso già uniti, malgrado qualche divergenza programmatica sugli armamenti all’Ucraina, nella difesa delle istituzioni democratiche. Si tratta di politici meglio informati, anche per motivi anagrafici, sulla piega che possono prendere comportamenti repressivi e autoritari di un governo anche se democraticamente insediato. Ci sono ovviamente anche molti giovani culturalmente attrezzati e quindi in grado di condividere convintamente le preoccupazioni degli anziani.
Ma il fronte degli allarmati comprende anche sindacalisti della CGIL e della UIL mentre dalla CISL nostalgicamente dorotea non arrivano segnali in questo senso. Un capitolo a parte merita il mondo dell’informazione. Molti sono i giornalisti, i direttori di quotidiani, i conduttori di programmi di approfondimento televisivi che si espongono quotidianamente perché denunciano i comportamenti antidemocratici del Governo e dei partiti che lo sostengono.
Lo stesso dicasi per molti intellettuali ed esponenti della cultura e dello spettacolo con qualche sorprendente eccezione. Ci riferiamo essenzialmente a Michele Santoro ed alla sua iniziativa, annunciata lo scorso 30 settembre, di lanciare una lista in vista delle prossime elezioni europee. La lista si chiamerà forse “Assemblea per la Pace, la Terra e la Dignità” o qualcosa di simile. Nel suo programma, accanto alla finalità pacifista esibita nella denominazione, figurano, di contorno, gli stessi obiettivi perseguiti da PD e M5s, dignità del lavoro, difesa dell’ambiente eccetera. Hanno manifestato immediato interesse per l’iniziativa di Santoro Luigi De Magistris, Raniero La Valle, noto pacifista già senatore eletto nelle liste di Sinistra Indipendente e Maurizio Acerbo, ex deputato di Rifondazione Comunista. La cronaca di questi giorni ci dice che potrebbero entrare nella lista di Santoro anche Massimo Cacciari, Piergiorgio Odifreddi, Fiorella Mannoia, Marisa Laurito e, dulcis in fundo, Fausto Bertinotti. Cosa dire? La vocazione pacifista, come abbiamo già rilevato, esiste anche nel cartello guidato dal PD e nel M5s ma Santoro, da quando la Russia ha invaso l’Ucraina, ha brandito l’arma del pacifismo contro le opposizioni di sinistra. Perché? È lecito sospettare che anche lui stia cercando uno spazio politico personale avvalendosi delle sue innegabili doti di arringatore? Oppure che per mera vanità lui che ha un passato ricco di successi televisivi non voglia consegnarsi all’oblio? Che tutti i probabili seguaci di Santoro siano sinceri pacifisti non c’è dubbio, ma chi di noi non lo è? Ci asteniamo dall’approfondire l’approccio di ciascuno di loro ma certamente personaggi come Cacciari e Odifreddi volano in alto, sono contro il sistema e quindi ben lontani dal soffermarsi sulla situazione italiana in atto. Ugualmente distanti da ogni preoccupazione per le sorti della nostra democrazia sono Luigi De Magistris, altro girovago dell’area di sinistra, e soprattutto Fausto Bertinotti, responsabile, dopo Craxi e Berlusconi, del rovinoso degrado della vita politica italiana avendo decretato la fine prematura del primo governo Prodi, fedele alla sua linea ideologica, alla sua pipa ed ai salotti televisivi tra i quali si aggira tuttora con immutata presunzione e vanità. Possiamo quindi essere certi che il nuovo soggetto politico promosso da Santoro sottrarrà voti all’alleanza di sinistra. Altro che campo largo: le elezioni europee ci consegneranno una sinistra in frantumi e una destra apparentemente divisa ma cementata dal potere e dalla prospettiva di realizzare compiutamente quel regime di fatto preconizzato da Umberto Eco.