La meteorologia ha fatto negli ultimi decenni grandi passi avanti ma la mutazione climatica ne sta facendo molti di più. I bollettini si riveleranno sempre meno attendibili.
Ci si domanda che senso abbia tenere ancora in vita le previsioni del tempo su tutti e tre i canali della TV pubblica (sempre che non ce ne siano di attive su tutti gli altri, Rai 4, Rai 5, RaiNews ecc.). E, per la verità, questa domanda ce la saremmo dovuta porre già una sessantina di anni fa, quando vedevano la luce la seconda e la terza rete. Perché la moltiplicazione delle previsioni fu ricondotta fantasiosamente nello schema del pluralismo dell’informazione? Per rafforzare forse l’incipiente lottizzazione dell’emittenza pubblica? Non è dato saperlo, ma quando piove, piove uguale su tutti e tre i canali.
Belli i tempi del colonnello Bernacca e non solo per la simpatia e la professionalità dell’unico detentore, all’epoca, della sfera di cristallo del meteo, ma belli anche nel senso propriamente climatico: c’erano ancora le mezze stagioni mentre oggi ci si avvia alla stagione unica, in parallelo col pensiero unico.
Oggi i tempi sono brutti, anzi bruttissimi, anche nel senso propriamente politico. Non si sa se avere più paura del maltempo o dell’operato del Governo: quale dei due farà più danni qui da noi?
Nel Governo, a partire dalla premier e dal suo first gentleman Gianbruno, si corteggiano invece i negazionisti ambientali. Ma fino a quando i capricci climatici potranno essere ignorati da chi dovrebbe quantomeno prendere coscienza del cambiamento climatico e delle sue origini umane?
Nel frattempo c’è da attendersi che la nuova dirigenza RAI, sia in proprio che per mandato governativo, decida di sostituire le previsioni che vanno oggi in onda con un’unica previsione “di regime”. Immaginiamo che il nuovo conduttore (forse un altro colonnello, un vero colonnello in divisa, con il fez e la camicia nera?) annuncerà quotidianamente: “Anche oggi il sole sorgerà libero e giocondo su tutto il territorio imperiale, pardon nazionale, con possibili rovesci, anche anomali, in località non precisabili. Si consiglia quindi a chi esce di casa di non dimenticare l’ombrello che risulterà utilissimo anche nelle ridenti contrade dove non diluvierà, perché il sole sorgerà libero e giocondo ma di brutto, tanto da spingere le temperature oltre i quaranta gradi.”
N.B. Il testo dell’annuncio prende spunto dall’“Inno a Roma” musicato nel 1919 da Puccini, dopo molte insistenze, su versi di tale Fausto Salvatori. Accolto con successo nelle manifestazioni pubbliche degli anni successivi divenne poi popolare durante il ventennio nell’interpretazione di Beniamino Gigli. Finita la guerra divenne l’inno del MSI. In una lettera alla moglie Elvira, datata 26 marzo 1919, Puccini aveva scritto: «Ho finito l’Inno a Roma (una bella porcheria)». Ne riportiamo qui di seguito il ritornello:
“Sole che sorgi libero e giocondo
sul colle nostro i tuoi cavalli doma;
tu non vedrai nessuna cosa al mondo
maggior di Roma, maggior di Roma!”