“Dedicata A Te” è il nome affettuoso ma in realtà sadico, come vedremo, che il Governo ha voluto dare alla social card di 382,5 euro che sarà elargita una tantum a partire dal mese prossimo ad un imprecisato numero di meno abbienti espropriati del reddito di cittadinanza. L’atto conclusivo di tutta questa iniqua ed incresciosa vicenda è la rappresentazione plastica dello stato confusionale che accompagna questo Governo sin dal suo insediamento.
Tito Boeri e Roberto Perotti, coautori abituali di preziosi commenti in materia economico-finanziaria, su la Repubblica dello scorso 14 luglio hanno tracciato un puntuale e insolitamente divertito profilo delle assurdità che inficiano la concessione di questo beneficio. L’ironia domina sin dall’inizio dell’articolo: “Nell’epoca del sovranismo è l’ottusità che sembra regnare sovrana”. Segue l’elenco delle incongruenze riscontrate. La prima è che, se la soglia oltre la quale il bonus non spetta è fissata in 15.000 euro di reddito Isee, non ha alcun senso porre come ulteriore condizione che i destinatari non percepiscano né il reddito di cittadinanza né altre misure di sostegno. Evidentemente, insinuano gli autori, al Ministero dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare ignorano che il reddito Isee contempla anche i sussidi economici. La soglia diventerebbe quindi il reddito Isee depurato dei sussidi? La soglia è o non è di 15.000 euro?
È inoltre insensato che per aver diritto al bonus i nuclei familiari debbano essere composti da almeno tre persone di cui una minorenne. A parte la palese iniquità insita nella misura unica del bonus, che penalizza le famiglie di 4, 5 o 6 persone, stupisce l’esclusione di figli (o fratelli, o sorelle) maggiorenni, forse perché possono andare a lavorare invece di gravare sulle spalle della famiglia e soprattutto della Nazione. Restano comunque fuori le famiglie composte da due sole persone. L’intento punitivo per chi non vuole incrementare il numero dei patrioti è evidente. Né costoro possono darsi da fare adesso perché il beneficio, essendo una tantum, è ormai irrimediabilmente perduto: peccato perché 382,5 euro avrebbero assicurato ai nascituri un futuro radioso, almeno per qualche settimana.
Si aggiunga poi che la dotazione messa complessivamente a disposizione per questo spot tafazziano è fissata in soli 500 milioni di euro e che questo ulteriore, oggettivo sbarramento potrebbe escludere dal beneficio una parte dei nuclei familiari con tutte le carte in regola. A causare ulteriori diseguaglianze concorre la circostanza, di natura organizzativa, che le social card saranno distribuite tra i comuni in misura predeterminata, con la conseguenza che nuclei familiari nelle medesime condizioni anagrafiche ed economiche potranno essere ammessi o meno al beneficio a seconda del comune in cui risiedono.
Merita poi di essere menzionato un altro motivo di discriminazione: la certificazione Isee non può avere data successiva al 12 maggio, con buona pace delle famiglie che non vi abbiano provveduto in tempo. Il caos e le ingiustizie saranno dunque inevitabili.
Perché il caos sfoci nella pura follia bisogna però guardare la lista della spesa allestita dal Ministero dell’Agricoltura e della sacrosanta Sovranità Alimentare con l’elenco dei beni di consumo acquistabili e di quelli vietati, lista che ha creato sconcerto in molti onesti osservatori, oltre che nei nuclei familiari cui questa meravigliosa card è “dedicata”: perché è ammesso il pesce fresco e non quello surgelato? perché vanno bene caffè, tè e camomilla e non le tisane?
Abbiamo azzardato qualche risposta: per pesce fresco in realtà il Ministero intendeva forse le alici e le sarde nella stagione più pescosa, ma non ha avuto il coraggio di scriverlo? L’esclusione delle tisane fa pensare ad un prodotto tutto sommato di raro uso nelle classi meno abbienti, dove circolano per lo più quelle contro la stitichezza, e quindi il Ministero si è preoccupato di evitare che le risorse vadano sprecate in spese superflue: per la stitichezza, quando il Governo sarà finalmente a “regime”, sarà somministrato olio di ricino almeno ai dissidenti, come per il passato. La triade caffè, tè e camomilla sarà stata a lungo discussa: caffè e tè sono eccitanti mentre la camomilla, al contrario, è calmante. Alla fine è prevalso il criterio più democratico: lasciamo ai percettori del bonus la scelta di come reagire all’avvilimento di vedersi tra le mani questo ridicolo obolo: c’è chi vorrà calmarsi e chi invece vorrà ricaricarsi per meglio inveire all’indirizzo dei perversi inventori di questa che, alla fine, si rivelerà una umiliazione. Poi c’è il mistero dell’aceto: solo quello di vino e non quello balsamico o di mele. Su quello balsamico avrà avuto ragione chi nello staff ministeriale aveva già escluso le tisane: anche l’aceto balsamico è un prodotto per raffinati, poco idoneo alle insalatone popolari.
Dopo giorni di scervellamento collettivo è finalmente intervenuto lo stesso Ministro, il ben noto Lollobrigida, che su la Repubblica del 14 luglio ha chiarito la “logica” sottesa alla formulazione del maledetto elenco: “Ho (personalmente? Possibile. N.d.r.) individuato quei prodotti, tra i generi alimentari che avessero un consolidato nella produzione di carattere interno. L’elenco richiama a produzioni che derivano dal nostro territorio” e conclude: “Si tratta quindi di uno strumento indirizzato a promuovere acquisti da filiere corte e italiane che sono, per definizione, produzioni di qualità”. Esultanza dunque tra i percettori del bonus che mai avrebbero immaginato di poter accedere, sia pure una tantum, a prodotti di qualità, seguita dalla gioia dei detentori di filiere corte e italiane che vedranno un’impennata clamorosa delle vendite.
Se gli effetti dell’indirizzo impresso da Lollobrigida all’utilizzo della carta “Dedicata A Te” possono rilanciare la produzione nazionale, invitiamo il Governo ad un gesto di grande sensibilità e intelligenza: che si stenda un elenco dei beni acquistabili dai parlamentari con i loro assegni, indennità, gettoni di presenza e vitalizi. Parliamo di qualcosina in più dei 500 milioni una tantum della social card: la spesa annuale per le due Camere ammonta infatti ad oltre un miliardo di euro l’anno ed è rimasta invariata malgrado la riduzione complessiva da 945 a 600 unità.
Si tratterebbe, in fin dei conti, di vietare libagioni con champagne francese, millesimato e non, di scordarsi del whisky, single malt e blended, delle tartine col caviale, anche se proveniente dalla martoriata Ucraina, di acquistare solo automobili e capi di abbigliamento prodotti da fabbriche ed atelier di proprietà italiana (ce ne sono ancora? Forse Armani, Dolce e Gabbana, Lamborghini, Ferrari, e se non ce ne sono più, pazienza, si arrangino con abiti meno pretenziosi e prendano il treno). Ne sarebbero felici le filiere corte e italiane nonché tutti gli italiani sovranisti e non. Resta insoluto il mistero: perché lo zucchero sì e il sale no?