I commenti alla sconfitta elettorale dei partiti di opposizione e, in particolare, del PD si intrecciano in un groviglio dal quale emerge l’ininfluenza dell’effetto Schlein. I giudizi da parte degli opinionisti “non ostili” si ripartiscono tra quelli che ne attribuiscono la responsabilità alla stessa Schlein e quelli che invece la assolvono perché appena entrata in scena. Solo alcuni politologi sdrammatizzano il risultato dei dem: tra questi Piero Ignazi che su Domani.it rileva come il PD non abbia perso voti, anzi nella percentuale complessiva ne abbia guadagnati.
Bersani, e come lui la politologa Nadia Urbinati, mettono invece l’accento sull’assenza di quell’ormai mitico “campo largo” suggerito dal buon senso. Mitico perché non sembra realizzabile a giudicare dal comportamento delle forze politiche che potrebbero confluirvi. Evidentemente Conte, Calenda e Renzi non hanno ben compreso che questo Governo mette in pericolo le nostre istituzioni, la nostra cultura, la nostra società e la nostra collocazione internazionale. Ormai le forzature muscolari messe in atto dalla Meloni e dal suo “cerchio tragico” hanno cadenza quasi quotidiana: un giorno la provocatoria nomina della Colosimo a capo della Commissione parlamentare antimafia, seguita a qualche giorno di distanza dalla scandalosa e assurda affermazione della Meloni che ha definito le tasse “un pizzo di Stato” ed, infine, la sottrazione del controllo concomitante sul PNRR alla Corte dei Conti che crea un precedente pericoloso oltre che un “vulnus” alla magistratura, già nel mirino di Nordio. Se si aggiungono tutte le precedenti iniziative e soprattutto l’occupazione capillare di tutti i centri di potere, risulta chiara l’ansia del Governo di avere le mani libere da ogni possibile ostacolo, cioè la sua vocazione illiberale.
Questo disegno potrebbe diventare eversivo quando il Governo si sarà, in qualche maniera, svincolato dal “ricatto” comunitario sui fondi del PNRR. A chi ha orecchi per sentire non sarà sfuggita la frase, decontestualizzata ma non per questo meno pregnante, richiamata finora nella clip pubblicitaria di “Mezz’ora in più”, nella quale la Meloni chiarisce che “In questa fase non abbiamo interesse a sfasciare l’Europa”. Quando questa fase sarà superata, resteranno soltanto Mattarella e la Corte Costituzionale ad ostacolare l’assunzione dei pieni poteri da parte della Meloni.
Ma tutto ciò non scuote la serenità di Renzi e Calenda che continuano a rendersi disponibili al dialogo con questi affamati cultori dell’“asso pigliatutto”. Lo stesso Conte sembra interessato più che altro a rosicchiare, come un castoro, un po’ di consenso al PD marcando le differenze sugli armamenti all’Ucraina e sui soliti inceneritori. Proposito risibile se guardasse con un po’ di lungimiranza a quante armi manderebbe Crosetto e a quanta Co2 scaricherebbe nell’atmosfera la politica energetica portata avanti da questo Governo.
In merito all’esigenza di unificare il più possibile le opposizioni, Marco Travaglio, un tempo acuto osservatore politico e fustigatore del malcostume nazionale, ha addirittura sostenuto che un’alleanza PD-Cinquestelle danneggerebbe entrambe le formazioni e che sarà bene si presentino separatamente all’elezione del Parlamento europeo sfruttando così al massimo le opportunità offerte dal sistema proporzionale. Siamo alla pura follia o al più innocente candore. Il direttore del “Fatto quotidiano”, destinatario tra l’altro dell’editto bulgaro, riesce a immaginare di cosa sarà capace questo Governo nel corso dell’anno che ci separa dall’appuntamento elettorale? Quante altre sgrammaticature istituzionali pronuncerà, quanti altri centri di potere occuperà, quanto altro consenso conquisterà? Per chi voteranno gli elettori esaltati dalla conquista del potere dopo decenni di emarginazione e quelli condizionati dall’informazione di regime? Con la boria che contraddistingue i suoi interventi televisivi Travaglio sembra essersi perduto nel perseguitare il PD, cosa che ha sempre fatto da schizzinoso piemontese cavouriano, e Mario Draghi, colpevole di aver scalzato dal governo giallo-rosso il suo amatissimo Conte.
E mentre questi incoscienti protagonisti si intrattengono felici nella stanza dei giochi, dimenticando che prima o poi passeranno i genitori per portarseli a casa, Bersani, l’inascoltato Bersani, non perde occasione per manifestare la sua preoccupazione, non diversamente da altri personaggi di provata competenza e saggezza. Nadia Urbinati, intervenendo su Domani.it, chiude il suo articolo dal titolo “Il dominio della premier costruito sul rancore” con questa allarmata affermazione: “Una strategia che assomiglia a quella usata da Viktor Orbàn. Tra le prime decisioni che prese, ci fu la centralizzazione della gestione dell’informazione, dei media e della carta stampata. Anche in Italia, lo scopo di questa misura monopolizzatrice è dar vita a una maggioranza dal futuro lungo. Un dominio che assomiglia tanto a un giogo.”