A quasi una settimana dall’inizio del disastro che ha colpito la Romagna e parte dell’Emilia, la premier Meloni ha deciso, bontà sua, di lasciare con un giorno di anticipo il G7 di Hiroshima. Ha detto che non riusciva (con tutta la buona volontà, n.d.r.) “a restare lontano in un momento complesso” mentre avrà pensato che, tutto sommato, il summit mondiale poteva fare a meno, per un giorno, dei suoi sorrisi forzatamente accattivanti. Esclusa evidentemente ogni possibilità di Consiglio dei ministri in videoconferenza. D’altra parte in Romagna e in Emilia hanno fatto a meno della sua presenza e pare che se la stiano cavando.
In assenza della Premier, che comunque seguiva con attenzione la situazione italiana mostrandone le immagini più suggestive dallo smartphone ai suoi colleghi del G7, gli esponenti del Governo e della maggioranza si sono immediatamente attivati: il più solerte è stato, come sempre, Salvini che in una chat, poi ritirata, ha messo a confronto la tragedia alluvionale con la tragedia dell’eliminazione del suo Milan dalla Champions League. Musumeci, ministro per la protezione civile e per le politiche del mare (peccato che non lo sia anche per quelle del cielo e delle nuvole) nonché per il Sud, ha indossato subito il giubbotto da protettore civile, inaugurato dal mitico Bertolaso, ed è volato sul posto mentre il suo collega Pichetto Fratin si affrettava a dare la colpa dell’alluvione agli “ambientalisti che vivono nei loft e dicono sempre no alle opere di risanamento”. Presto si attiveranno gli istituti di ricerca per vedere quanti ambientalisti vivono nei loft. Su tutti ha spiccato però La Russa che, con tutta l’autorevolezza propria della seconda carica dello Stato, ha invitato quelli di Ultima Generazione a recarsi sul luogo del disastro a spalare, lasciando intravedere che un comportamento espiatorio avrebbe potuto, chissà, sottrarli all’incriminazione per il danneggiamento aggravato (pittura lavabile) recato alla facciata di Palazzo Madama. Sarà rimasto molto deluso quando gli “ecovandali” gli hanno risposto che stavano spalando già da un bel po’.
La stampa che fiancheggia la destra non si è lasciata sfuggire l’occasione per partorire l’ennesimo titolone. La mente fertile e raffinata contenuta nel cranio lucido di Sallusti è capace di strumentalizzare qualunque evento, anche il più insignificante, per gettare fango sulla sinistra. “Libero” ha quindi titolato: “Alluvione in Emilia Romagna – Sott’acqua il modello PD”. Ma Sallusti è un giornalista, come lo sono Belpietro, Sinaldi, Borgonovo, Zurlo, Specchia, Bocchino, De Manzoni, Porro (che sostituirà Fazio alla Rai) e tutta la falange che imperversa dalle reti Mediaset. Nessuno può quindi comprimerne la loro libertà di espressione e se sono un tantino faziosi, pazienza.
È invece doveroso stupirsi se il senatore Malan, già berlusconiano di prima linea in Forza Italia e oggi meloniano, sempre di prima linea ma in Fratelli della medesima Italia, ha chiarito (Domani del 21 maggio) che “non bisogna vedere il cambiamento climatico come un dogma. In ogni campo scientifico non esistono verità definitive (è vero, n.d.r.). Sul tema ci sono tante voci diverse dal pensiero diffuso dai media. I dogmi vanno bene in altri campi (come quello giudiziario, dove il dogma per Malan è l’innocenza di Berlusconi? n.d.r.)”. Benché sia l’ultimo arrivato, Malan è il capogruppo al Senato di FdI e quindi la sua non può essere considerata un’opinione personale: se lo fosse, qualcuno nel suo partito avrebbe potuto e potrebbe ancora smentirlo, magari la stessa Meloni tra un viaggio e un altro.
In effetti il negazionismo circola almeno in due dei tre partiti che sostengono il Governo, non diversamente dall’avversione alla vaccinazione contro il covid manifestata a suo tempo. E la cosa non resta nemmeno sottotraccia perché le posizioni e i provvedimenti assunti dal Governo vanno tutti, senza eccezioni, nella direzione di chi non intende fare nulla contro il cambiamento climatico: il Governo è contrario all’e-fuel e alla carne allevata, contrario anche alla dismissione delle autovetture ad alta emissione di CO2 e contesta nel complesso l’accelerazione sulla transizione ecologica proposta dall’UE col Green Deal, la cui ambizione sarebbe quella di ridurre le emissioni di gas serra entro il 2030 di almeno il 55% rispetto ai livelli del 1990.
Quante altre alluvioni, quante frane, quanti mesi di siccità dovranno abbattersi sul Paese per convincere chi ci governerà almeno per i prossimi quattro anni che il mutamento climatico non è un’invenzione (magari dovuta al solito Soros) ma una presenza reale che incombe non solo sulle future generazioni ma anche sulla nostra, come dimostra il numero delle vittime e dei danni economici sin qui registrati? Ne sono già consapevoli, ma fingono di non saperlo per non inimicarsi la parte più miope e spregiudicata del mondo imprenditoriale? Oppure dobbiamo pensare che sia uno dei tanti casi di autentica ignoranza cui questo Governo ci ha abituati? Non sappiamo quale delle due ipotesi debba spaventarci di più!
Nell’attesa che Meloni e soci, in quanto cristiani, genitori o nonni, aprano gli occhi sul problema ambientale, un appello va rivolto al nuovo PD della Schlein, ai suoi alleati ed a tutta l’opposizione perché si rendano interpreti del giusto dissenso giovanile e che, anzi, non perdano l’occasione di riprendere contatto col mondo studentesco, con gli “ecovandali” e con l’universo ambientalista.