Sostituzione culturale

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Dai reiterati proclami di numerosi esponenti di Fratelli d’Italia emerge una chiara intenzione di introdurre un mutamento sensibile nell’orientamento culturale della nazione. Questa finalità caratterizza, non a caso, il solo partito della Meloni, poiché gli alleati di governo si limitano a trarre vantaggi concreti, e possibilmente immediati, dalla loro azione, come dimostrato negli anni da Berlusconi e da Salvini, sostanzialmente disinteressati all’arte, alla cultura e all’istruzione.

La particolare aspirazione di Fratelli d’Italia e l’insistenza con cui viene confermata sono state ricondotte da molti commentatori, politici e non, ad uno storico complesso di inferiorità, mai confessato, nei confronti della cultura “di sinistra” tuttora dominante.

La verità è che al partito post-fascista o neo-fascista (o fascista e basta, che è la cosa più ovvia) non va a genio la cultura che si è affermata nel mondo democratico dopo il secondo conflitto mondiale: non gli sta bene la multietnicità, non gli sta bene l’omologazione di tutti gli orientamenti sessuali, non gli sta bene il mercato globale che azzera le specificità “nazionali”. La loro stella polare è l’esercizio di un potere illimitato da parte di un “duce” illuminato (non si sa bene da chi o da cosa, forse da Dio o dalla Patria), che difende gli interessi nazionali: una specie di monarca, insomma. Probabilmente concepiscono le elezioni popolari solo per l’eventualità che allo spirare del monarca non ci sia un erede al trono condiviso da tutta la corte.

Democrazie o, come recentemente rinominate, “democrature” (dittature celate sotto false elezioni democratiche: poteva andar bene anche “dittocrazie”) che stanno lavorando in questa direzione nell’Unione Europea ce ne sono già altre, come l’Ungheria e la Polonia, e, sotto sotto, ad esse guarda il partito della Meloni, senza dare troppo nell’occhio. È evidente che per intraprendere un simile percorso occorre imporre nuovi modelli culturali. Ma quali modelli? I vari Valditara, Sangiuliano, Lollobrigida e Rampelli ritengono che sia possibile sostituire i valori che, nel bene e nel male, si sono consolidati qui da noi? Il Ministro della cultura ritiene forse che aver scelto come consulente Mogol e poter disporre di Vittorio Sgarbi nel ruolo di sottosegretario possano aiutarlo? Tanto per cominciare, l’irrequieto critico d’arte ha coinvolto Morgan, personaggio della scena pop italiana molto discusso e non meno incontenibile di chi lo ha chiamato.

E cosa si aspettava l’astuto Valditara dal nuovo logo del suo Ministero, nel quale il simbolo della Repubblica, di cui è peraltro un rappresentante istituzionale, era sparito per cedere il posto ad un acronimo, MIM, che voleva sintetizzarne la nuova, dolorosa, denominazione ma nel quale i più maliziosi potevano anche leggere il messaggio Mussolini Immortale? Le vibrate proteste di chi ancora reagisce alle offese che questo governo infligge quotidianamente anche al buon gusto (il logo è francamente orribile) hanno indotto l’inflessibile Ministro a ritirarlo chiarendo che era comunque provvisorio ma lasciando senza risposte le domande riguardanti il perché di un logo provvisorio, le modalità di scelta dell’impresa chiamata a confezionarlo ed il costo dell’intera operazione. 

L’errore di valutazione di questi sprovveduti innovatori è quello di confondere una cultura che “di sinistra” non è più, da qualche decennio, con le regole di comportamento civile e, almeno in parte, democratico che si sono instaurate nell’Occidente. Veicolate dalla lingua inglese che, per quanto povera e spesso approssimativa (o forse proprio per questo), è diventata il denominatore comune di tutte le altre lingue e che si pone come ineludibile supporto allo sviluppo digitale e telematico, certi valori culturali, buoni o cattivi che siano, vanno diffondendosi in maniera inarrestabile. Quali dei valori sbandierati dai sodali della Meloni potrebbero mai contrastare il flusso dominante che definiamo “mainstream” (in omaggio a Rampelli) proprio per sottolinearne la forza implacabile? Dio, Patria e Famiglia? Dio in quanto Dio dei cristiani che si oppone agli dei delle altre religioni o ai laici, agli agnostici ed agli atei nazionali il cui numero è in costante aumento? Patria, nel senso di “nazione” i cui confini fisici vanno difesi dall’invasione degli immigrati, ma anche dagli investimenti stranieri e dalle importazioni dall’estero? Un ritorno all’autarchia che ci porterebbe a scelte suicide come il rifiuto dei carburanti sintetici (e-fuel nuovo omaggio a Rampelli) e della carne coltivata? Una pia illusione, della quale sono consapevoli gli stessi promotori, il cui unico scopo è allarmare gli italiani spaventandoli con lo spauracchio della sostituzione etnica. Prima o poi i nostri nuovi governanti dovranno convenire che la sostituzione etnica è inevitabile e forse necessaria, mentre quella culturale da loro immaginata non è altro che la riproposizione di vuoti pseudo-valori risalenti a un secolo fa, per nostra fortuna, impossibile.

Quale Famiglia, infine? Solo chi è in malafede può ritenere che la legittimazione delle famiglie che si formano intorno ad una coppia omosessuale possa mettere in discussione il valore della famiglia tradizionale oggi eroso, semmai, dalla denatalità e dalla crescente fragilità del vincolo matrimoniale.

Ci toccherà comunque assistere al penoso tentativo di reintrodurre valori ormai scaduti attraverso i programmi televisivi che metteranno in onda i tre canali della nuova Rai: converrà rifugiarsi al più presto in qualche emittente “libera” o, in mancanza, spegnere del tutto il televisore.

2 commenti su “Sostituzione culturale”

  1. Sergio Pollina

    Io non vedo ormai da anni la televisione; nessun programma, né RAI, né altri; e, specialmente all’ora di pranzo, l’ora classica dei TG mi risparmio nausee inopportune proprio mentre si mangia. A corollario esprimo un mio pensiero: questa attuale classe politica al governo (ma le altre non sono poi tanto da meno) è la più impreparata a governare non la nazione ma nemmeno un paesino sperduto tra i monti; la sua caratteristica più evidente è la profonda ignoranza in tutti i campi che emerge prepotentemente ogni volta che uno di loro apre la bocca. Non sono Nostradamus, e non mi azzardo a fare profezie, ma resto convinto che, prima o poi, crollerà sotto il peso dei suoi stessi errori. Mi piace citare, al proposito, Abramo Lincoln: “Potete ingannare tutti per qualche tempo, o alcuni per tutto il tempo, ma non potete prendere per il naso tutti per tutto il tempo”.

  2. elio mottola

    Mi spiace, una volta tanto, non condividere l’ottimismo dell’amico Sergio, che saluto caldamente: proprio lui mi fece giustamente riflettere sulla circostanza che gli elettori italiani sono ormai, almeno in maggioranza, ignoranti per effetto dell’analfabetismo di ritorno indotto da trent’anni di populismo sciaguratamente amplificato dalla TV. Spero naturalmente di avere torto e ringrazio Sergio per l’affettuosa attenzione che mi riserva.

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