Il terzo polo, già geograficamente impossibile, si è rivelato tale anche politicamente com’era peraltro prevedibile. Secondo molti opinionisti non c’è più spazio per un partito di centro in conseguenza della radicalizzazione delle posizioni politiche, favorita anche dal sistema maggioritario ormai consolidato che ha ridotto la politica a mera contrapposizione di interessi e di rappresentanze. Molto ci sarebbe da discutere su queste analisi, pur rispettabilissime, perché non è detto che gli elettori di centro siano quel 7-8% di cui era accreditato il binomio Calenda-Renzi alla nascita, né tanto meno quel 3,50% cui si è ridotto nelle recenti elezioni amministrative. Forse la causa di questo insuccesso ha anche altre spiegazioni tra le quali l’incapacità politica di Calenda: un buon politico non può, partendo da una posizione debole perché in fase iniziale, pretendere di mettere veti a destra e a manca, come se allearsi col suo nuovo partito fosse garanzia di successo. E così, mentre è comprensibile la chiusura verso Sinistra Italiana, considerata incompatibile col recupero di elettori del centro o della destra moderata, rimane inconcepibile la chiusura netta verso i 5 Stelle, ancorché colpevoli della caduta del governo Draghi.
Non c’è infatti alcun dubbio che il partito di Grillo ospitasse sin dalla sua fondazione un cospicuo drappello di centristi e di moderati delusi dai loro partiti di riferimento. E dopo l’improvvisa conversione a sinistra del loro nuovo leader, Conte, molti adepti saranno stati tentati di prendere le distanze dalla nuova immagine del Movimento, divenuto ormai un partito di sinistra. I transfughi del Movimento non avrebbero avuto alcun imbarazzo a confluire con i transfughi di Forza Italia: i fuoriusciti hanno in comune il rigetto del loro passato politico e si presentano quindi disponibili al nuovo.
Calenda ha escluso questa possibilità perché, da politico dilettante quale era e rimane, non ha considerato questa possibilità e ha tenuto chiusa questa porta continuando ad attaccare a testa bassa i pentastellati come aveva fatto sin dalle loro prime demagogiche e velleitarie promesse. In questo errore non è caduto, ad esempio, il PD che, più pragmaticamente, cerca oggi l’avvicinamento al partito di Conte pur avendolo duramente criticato alla nascita, ma avendone poi condiviso due non malvagie esperienze di Governo per poi condannarlo giustamente ed aspramente per aver avviato la caduta del governo Draghi.
Ma l’insensibilità politica dell’ingenuo Calenda non finisce qui. La ragione più profonda dallo scioglimento del terzo polo è l’aver visto in Renzi un alleato leale mentre invece è come mettersi un nemico in casa e lo sanno tutti quelli che gli hanno incautamente accordato fiducia restandone poi puntualmente traditi. Il mancato matrimonio tra Carlo e Matteo nuocerà ad entrambi.
Renzi può ancora nutrire una fondata speranza di restare in politica da leader solo se Berlusconi, che lo ha guardato sempre con ammirazione, dovesse consegnargli Forza Italia: l’elettrice e l’elettore berlusconiani esigono un capo carismatico, irriverente, narciso e demagogo. Nel frattempo continua a percorrere strade nuove come quella di direttore del quotidiano “Il riformista”, qualifica ereditata da un altro personaggio politicamente ondivago come Sansonetti, ma direttore comunque “non responsabile” perché Renzi è tuttora senatore. Nel conflitto scoppiato tra i due uscirà certamente vincitore lo scafatissimo Renzi e Calenda tornerà nella posizione iniziale di un pariolino dotato di un eloquio gradevole ma non di rado stucchevole.
Speriamo che lo scambio di accuse finisca presto (c’è ben altro da seguire piuttosto che gli improperi e le reciproche accuse che si scambiano un dilettante della politica ed un professionista nella ricerca del potere) con l’augurio che lo scontro tra Carlo e Matteo (si chiamano ancora per nome, come vecchi amici) sia, oltre che intenso, anche breve, come lo è stato l’incontro.
Ingenuo Calenda! A tal punto da accoppiarsi con un accoltellatore seriale il cui futuro, sono d’accordo, potrebbe essere quello di raccogliere il testimone di Silviuccio.