“Napoli è un soggiorno delizioso, le donne escono senza cappello nelle vetture, con dei fiori nei capelli e l’aria sfrontata: ma non è che l’effetto dell’aria! Bisogna andare a Napoli per ritemprarsi di giovinezza, per innamorarsi della vita… lo stesso Sole qui se ne è innamorato”.
Gustave Flaubert
Napoli, esterno giorno,
in una delle nostre immaginarie passeggiate da flâneurs ci ritroviamo a piazza del Gesù, centro del Centro storico partenopeo. Ponendoci con le spalle alla chiesa dei padri di Sant’Ignazio di Loyola, notiamo sulla nostra destra, all’inizio di Calata Trinità maggiore, un palazzone dallo scenografico portale barocco. Marmo bianco e piperno per realizzare le alte colonne in stile composito che, al posto dei capitelli, hanno minacciosi mascheroni antropomorfi, un timpano ricurvo sormonta il portale, somma opera dell’architetto napoletano Ferdinando Sanfelice. Il palazzo, che fu dimora dei principi Pignatelli di Monteleone sin dal XV secolo, ospitò nei secoli celeberrimi viaggiatori tra cui l’avventuriero Giacomo Casanova, che amava (come apprendiamo dai suoi diari) intrattenersi coi proprietari giocando d’azzardo a faraone o a zecchinetta. Lo stesso edificio era conosciuto dai napoletani fino al secolo scorso con l’appellativo di “’o palazz’ do gass”. Questa definizione popolare fu coniata non perché nello stabile ebbero sede gli uffici di una società di idrocarburi, come potrebbe a prima vista apparire, ma fu la napoletanizzazione del nome dell’acquirente che nel 1823 vi si trasferì: Réne Hilaire De Gas.
Il nobile, in fuga dal Terrore post-rivoluzionario francese, nel 1793 cambiò il suo cognome con il meno aristocratico “Degas” e si rifugiò a Napoli per fondare una banca d’affari. Attività che gli dovette andare davvero bene in quanto, in città, non possedeva solo il magnifico palazzo Monteleone ma anche una villa sulle pendici del Vallone di San Rocco a Capodimonte. Una superba costruzione in stile vanvitelliano, oggi detta Villa Flagella, che si affaccia sulla città delle sirene. La dimora extraurbana fu la più amata dal banchiere tanto da farsi ritrarre, quasi ottantasettenne, dal suo amato nipotino, il grandissimo pittore impressionista francese Edgar Degas.
Il maestro della pittura internazionale mosse i primi passi artistici nella Capitale del Regno duosiciliano, qui frequentò il Reale istituto delle Belle Arti, dove apprese le prime nozioni di disegno e pittura sotto la guida dei maestri Smargiassi, Guerra e Mancinelli. Ventenne affamato di vita, fu assiduo frequentatore di caffè e circoli liberali, divenendo amico dello storico Pasquale Villari e del pittore Domenico Morelli cui rimarrà legato per tutta la vita. Visitò più volte i musei e le chiese cittadine, copiò dai maestri il disegno, ne studiò il colore. Napoli non è Parigi, ma Degas rimase incantato dal clima e dalla bellezza del suo popolo, dal fervore culturale e dalla sfacciataggine delle donne e dei lazzari (come scriverà in una lettera al fratello Achille nel 1856).
Ricorda il poeta Paul Valery, amico di Degas: “Durante uno di questi viaggi fu vittima di un furto in treno. Sosteneva che mentre dormiva, gli avevano fatto un’iniezione di una potente sostanza narcotica e che gli avevano sottratto il portafoglio contando su quel sonno profondo. Conservava di Napoli impressioni e ricordi su cui amava tornare. Parlava napoletano con la scioltezza e l’accento più autentici, a volte canticchiava brani di canzoni popolari, come se ne cantano laggiù agli angoli delle strade”.
Sicuramente in quegli anni la canzone più popolare era “Te voglio bene assaje” composta da Raffaele Sacco che, secondo le più recenti ricerche, ne trasse il motivo da un duetto dell’opera “Il furioso nell’isola di San Domingo” di Donizetti, allora impegnato nella messa in scena della Lucia di Lammermoor al Teatro San Carlo. Personaggio eclettico il Sacco, la sua bottega di ottico in via della quercia (attuale via Capitelli), a pochi passi da Palazzo Degas, era sempre assediata da curiosi incantati nell’ascolto di canzoni improvvisate che Raffaele componeva mentre lavorava alle lenti. La canzone Te voglio bene assaje trionfò alla prima edizione della Piedigrotta e divenne un vero tormentone: 180.000 copielle (partiture improvvisate vendute dai suonatori di pianino armonico) furono vendute, la melodia risuonò per anni tra i vicoli della città. Addirittura Alexandre Dumas nel suo diario napoletano scrisse: “i forestieri scappano da Napoli per non doverla ascoltare continuamente”. Una curiosità: la bottega dell’ottico Sacco è ancora operante e attiva negli stessi locali dove compose la sua aria più famosa. Una targa commemorativa ne eterna la memoria all’esterno.
Una lapide posta sulla facciata di palazzo Pignatelli di Monteleone ricorda invece il grande artista francese al quale Napoli rimase nel cuore. Degas spesso ci ritornò alla ricerca di quella giovinezza artistica, di quei prodromi stilistici e di quelle voci che lo accompagnarono lungo tutta la sua lunga e prestigiosa carriera.