Diario di uno che vorrebbe capire: 19 febbraio 2023

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La notizia che ha occupato le conversazioni familiari nella settimana post-elettorale è stata senza alcun dubbio l’assoluzione di Berlusconi nel processo Ruby Ter. Per la verità, sono anni che il nostro quasi impunito ex premier non è assente dai nostri conciliaboli (dai quali non poteva assentarsi per legittimo impedimento come ha fatto in tutti i suoi processi). L’assoluzione era però prevedibile: già prima della sentenza girava voce circa il cavillo procedurale utilizzato allo scopo e attribuito al genio del defunto Ghedini. Tant’è che la fedelissima capogruppo di Forza Italia al Senato, Licia Ronzulli, intervenuta in aula per commentare il lieto evento, ha voluto teneramente ricordarlo: “Sappiamo che da lassù sta sorridendo.” Tutti ci siamo augurati che Ghedini sia effettivamente “lassù” perché “quaggiù” le sue strategie difensive ci sono apparse spesso eticamente discutibili, anzi diaboliche. L’ultimo esito giudiziario ci fa comunque supporre che i magistrati inquirenti abbiano peccato di superficialità nell’individuazione dei capi di imputazione e, conseguentemente, anche degli imputati. Pur tuttavia la procuratrice aggiunta Tiziana Siciliano, rappresentante dell’accusa, ha concluso la breve intervista rilasciata all’uscita dal tribunale ribadendo che: “… le ragazze (n.d.r.) hanno sicuramente mentito. Lo hanno accertato due sentenze passate in giudicato. Ora c’è un tema squisitamente giuridico, ovvero se hanno mentito in veste di testimoni o di soggetti che avrebbero dovuto avere un’altra qualifica è quindi non tenuti a dire la verità”.

Di tutt’altro tono i commenti dell’avvocato difensore, pronto a sottolineare che l’assoluzione è stata piena perché pronunciata con la formula “il fatto non sussiste”. Giudizialmente è infatti così, ma la verità processuale non coincide con la realtà dei fatti. Ci si chiede, con espressione incredula, perché Lele Mora, Emilio Fede e Nicole Minetti siano stati condannati per favoreggiamento della prostituzione. Ma “il fatto non sussiste” e quindi non ha alcun senso porsi questa domanda, dicono gli osannanti parenti, amici e sodali di Berlusconi che esultano ed esaltano la pazienza e la dignità con cui il loro innocente patriarca ha sopportato anni ed anni di persecuzione giudiziaria. Della pazienza di una larga maggioranza degli italiani però nessuno parla. Forza Italia chiede addirittura una commissione parlamentare sull’operato della Procura di Milano mentre il fido Sgarbi si spinge ad affermare, pardon, ad urlare nel corso di un biasimevole intervento nella trasmissione “L’aria che tira”, in onda su La7, che “la magistratura e non Berlusconi è il male assoluto”. Affermazione gravissima che configura il reato di vilipendio dell’ordine giudiziario: ma il nostro critico d’arte saprà bene, insieme alla conduttrice Mirta Merlino, che è punibile con una semplice multa da 1.000 a 5.000 euro, un’inezia rispetto alla ghiotta occasione di alimentare il vittimismo berlusconiano.

Nel corso dei commenti familiari ci siamo soffermati anche su una strana circostanza: le vicende giudiziarie che hanno ruotato intorno alla figura di Berlusconi si sono rivelate disastrose solo per chi gli stava intorno. Oltre ai tre favoreggiatori di cui si è detto, abbiamo pensato al braccio destro Dell’Utri (sentenza definitiva per concorso esterno ad associazione mafiosa) e all’avvocato inglese Donald Mills, condannato in primo e secondo grado per corruzione (Berlusconi presunto corruttore) e falsa testimonianza con sentenze poi annullate dalla Corte di Cassazione per sopravvenuta prescrizione. La condanna per frode fiscale, miracolosamente sfuggita alla falce della prescrizione che, quella sì, perseguita Berlusconi, ci lascia dunque perplessi: cos’è che non ha funzionato? Quando sarà prescritto Berlusconi che rappresenta il reato cui hanno concorso tanti soggetti, a partire da chi non volle contestarne l’elezione in Parlamento pur disponendo di una norma applicabile? Il Decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 afferma infatti all’articolo 10: «Non sono eleggibili […] coloro che […] risultino vincolati con lo Stato […] per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica». Alcuni esponenti di centrosinistra presentarono ricorso contro l’elezione di Berlusconi ma nel corso della seduta del 20 luglio 1994 (con un terzo dei deputati assenti) la Giunta per le elezioni, anche grazie a una parte degli esponenti del PDS e dell’Alleanza dei Progressisti (che votarono a favore o non parteciparono al voto), decise di rigettarlo. Noi italiani ci saremmo risparmiati tutti i danni irreversibile che quell’infausto evento ci ha inflitto in quasi trent’anni.

In risposta alla lettera di un lettore, Francesco Merlo, editorialista di Repubblica, sulla falsa riga del testo di una delle più geniali arie del “Don Giovanni” di Mozart, “Madamina, il catalogo è questo”, li riassume in una estrema ma esauriente sintesi: “Il catalogo è questo. Le leggi ad personam. Il mercato dei parlamentari. Le corna e le barzellette al posto della politica estera e la speciale amicizia con i peggiori satrapi del mondo. L’inedito patto di servizio tra la Rai e Mediaset. Il disfacimento morale del bunga bunga. La distruzione di quel po’ di destra liberale che aveva l’Italia, tutta decoro e valori. La corruzione dei giudici. Lo Stato in piazza contro i Tribunali di Stato, la Corte Costituzionale, il Capo dello Stato. Il federalismo come attacco al cuore dello Stato. Contro i maestri, gli insegnanti e tutti i dipendenti pubblici considerati la base elettorale del centrosinistra, contro la scuola pubblica e il liceo classico fucina di comunisti. Il degrado delle case editrici a strumenti di propaganda e della faziosità a macchina del fango.” E forse non sono ancora finiti.

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