Col giuramento davanti al Capo dello Stato il nuovo governo si è formalmente insediato. Molti commentatori, anche quelli più preoccupati, si professano attendisti: lo giudicheranno sui fatti. Però sapere chi sono i ministri è già un fatto. Nelle nostre conversazioni familiari giudichiamo pericolosi non pochi di essi. Non che ci attendessimo chi sa chi, ma rivedere o anche vedere per la prima volta nomi e facce di cui i media e spesso la nostra memoria ci ricordano soltanto aspetti negativi non fa piacere. E siamo certi che tanti nostri connazionali condividono questo disagio.
Le biografie politiche, e anche personali, di alcuni ministri sono allarmanti. Pensiamo, per cominciare, a Calderoli che ci ha già regalato il Porcellum e qualche figuraccia all’interno (rogo delle quintalate di leggi) e all’estero (maglietta anti-Islam), oggi Ministro per gli Affari regionali e Autonomie cioè per l’attuazione del federalismo fiscale, indigesto alla gran parte delle regioni. E come non preoccuparsi, dopo aver visto la presidenza della Camera affidata a Lorenzo Fontana, della Roccella al Ministero della Famiglia, Natalità e Pari opportunità, dalla quale non possiamo non attenderci passi indietro sulle tematiche dei diritti civili e dell’aborto? Inaccettabile è poi la designazione della Santanchè al Turismo, in palese conflitto di interessi essendo comproprietaria del Billionaire e quindi prevedibile paladina della difesa delle concessioni balneari tanto favorevoli anche al suo sodale Briatore. Possibile è anche il conflitto di interessi di Crosetto che si è in tempo utile prudentemente disfatto dalla società di consulenza messa su con moglie e figlio, ma sappiamo come tali iniziative non rimuovano nella sostanza un bel niente. Il Ministero della Cultura che, scherzi della nostalgia del Ventennio, potrebbe anche ridiventare Popolare (il famigerato Minculpop) è stato affidato a Sangiuliano, discusso direttore di Rai2, proveniente dal Fronte della Gioventù, come peraltro molti altri esponenti della Lega, a partire dallo stesso Giorgetti.
D’altra parte come non prendere nota dei continui cambi di casacca dei politici di centro-destra nell’ambito della stessa area? Quanti senatori e deputati entrati in politica con Forza Italia hanno gradualmente abbandonato quel partito e sono oggi approdati in quello della Meloni, passando o meno per la Lega di Salvini e saltando di volta in volta sul carro dei probabili vincitori all’inseguimento della rielezione? Lucio Malan, Giulio Tremonti, la Santanchè ne fanno fede insieme ad altri.
Inquietanti, sia sul piano interno che su quello internazionale, sono le nuove denominazioni di alcuni dicasteri. Cosa significa essere ministro del Mare e del Sud (oltre ad evocare lo scenario di tante avventure, i favolosi Mari del Sud)? Si immagina lo sia di tutti i mari d’Italia o presidierà solo quello del Canale di Sicilia attraversato di norma dagli immigrati? E l’appendice affibbiata al ministero dell’Agricoltura che diventa dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare? Perché usare proprio il termine Sovranità e non, ad esempio, Protezione? E che senso ha aggiungere che il Ministero per le Imprese lo è anche per il Made in Italy? Tutte queste specificazioni contengono messaggi rivolti a due destinatari: l’Unione Europea, per rivendicare una maggiore indipendenza dai vincoli comunitari, oppure le frange più sovraniste della coalizione di governo, per tenerle buone. O forse rispondono ad entrambe le esigenze. Non mancano neppure semplici ma drammatiche curiosità: chi prenderà in carico la realizzazione del ponte sullo stretto rilanciata da Salvini? Lo stesso Ministro per le Infrastrutture o il Ministro per gli Affari Europei e il PNRR dirottando verso questo chimerico progetto una fetta degli stanziamenti? Ci si domanda se la “maestrina” Meloni vorrà bacchettare i suoi alunni più turbolenti e indisciplinati. Non dimentichiamo però che nel programma elettorale viene menzionata anche l’intenzione di cancellare l’articolo della Costituzione che sancisce la conformità della legislazione nazionale alle norme dell’UE. Quale che sia l’interpretazione di questi primi “fatti”, in famiglia prevale un cauto ottimismo sul futuro che attende il nostro Paese: abbiamo tutti i documenti in regola per espatriare.
Ce ne andremo tutti in Portogallo, a goderci le nostre generose pensioni ministeriali?