Le cronache di guerra si accavallano giorno dopo giorno e con esse i più disparati commenti elargiti a iosa sia sulla carta stampata che in TV. Vi si trova di tutto e si resta allibiti difronte all’indifferenza con cui passano, specialmente sugli schermi, opinioni gratuite, a volte verosimili ma più spesso sconnesse e contraddittorie.
Abbiamo recentemente assistito in TV ad una arringa pacifista esposta da Michele Santoro con l’animosità che lo distingue. L’ex conduttore televisivo ha sostenuto, messo alle strette da chi gli chiedeva se era giusto fornire armi agli ucraini, che sì, è giusto ma si è esagerato per cui l’armamento degli ucraini è tre volte superiore a quello dei russi. Ci siamo chiesti come si fa a stabilire se le armi siano state troppe o troppo poche. Probabilmente il giusto quantitativo di armi secondo Santoro è quello che determina una situazione di equilibrio, cioè di stallo, nella quale i militari russi rimangono dove sono così come quelli ucraini. Il fatto che nel frattempo i russi bombardino mezza Ucraina non conta. Asserzioni simili, e se ne sentono tante, nascono probabilmente dall’ossessiva condanna dell’imperialismo statunitense e dalla sottovalutazione di quello sovietico e, oggi, di quello putiniano.
Recentemente qualcuno dei più strenui sostenitori della pace a tutti i costi, facendosi scudo, come ormai d’abitudine, delle parole di Papa Francesco, ha evocato il cinismo con cui Zelensky, presunto mandante, avrebbe commissionato la morte della Dugina, figlia ventottenne dell’ideologo di Putin, Aleksandr Gel’evič Dugin. Questo crimine, peraltro concepito per eliminare il genitore, scampato casualmente all’attentato per aver deciso all’ultimo momento di salire su un’autovettura diversa, è stato bollato come un grave atto di terrorismo. Nulla da obiettare al riguardo: si tratta effettivamente di un’azione terroristica. Il problema, ovvero la mistificazione, nasce nel momento in cui la morte della Dugina, che tra l’altro divulgava attivamente la delirante dottrina del padre, viene giudicata di una gravità tale da giustificare le ritorsioni dei russi. Un po’ come è avvenuto con l’escalation che ha fatto seguito al danneggiamento del ponte che unisce la Russia alla Crimea.
In realtà succede spesso che atti molto diversi tra loro sotto il profilo della gravità, cioè dell’entità della distruzione e dei lutti che hanno causato, vengano messi sui piatti della bilancia e si facciano passare come equivalenti. Non è così. Il terrorismo è una cosa ben diversa dalla strage di civili che i russi mettono in atto, spesso deliberatamente e con gli eccessi criminali che abbiamo visto sin dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina. È il senso delle proporzioni che viene spesso a mancare a chi manifesta opinioni così grossolane proiettando in esse i propri pregiudizi.
Ma la guerra in corso non è e non sarà l’ultima occasione per impiantare queste false equazioni, nelle quali il telespettatore, o il lettore superficiale, viene spinto a riconoscersi. È dalla discesa in campo di Berlusconi che, rinverdendo il solito revisionismo latente, si è ripristinato l’ingannevole parallelo tra il fascismo, che i nostri nonni e i nostri padri patirono sulla loro pelle, e il comunismo che in Italia non è mai entrato nella stanza dei bottoni ed al quale si possono imputare solo i silenzi sui massacri dello stalinismo.
Stessa, identica equazione mendace è stata improvvidamente radicata nell’inconscio collettivo da quando furono contrapposti l’estremismo di destra e quello di sinistra al solo scopo di far digerire agli italiani il malgoverno che percorse un buon trentennio della politica italiana fino alla dissoluzione della DC e del PSI nel 1992. Non bisogna infatti dimenticare che le Brigate Rosse e tutte le organizzazioni clandestine della sinistra si resero responsabili di azioni terroristiche che colpirono singolarmente quelli che, a torto, venivano individuati come “nemici del popolo”: solo in occasione del rapimento Moro, le cui finalità sono tuttora avvolte nel mistero, furono stroncate le vite degli incolpevoli componenti della scorta. L’estremismo di destra si concretizzo invece in vere e proprie stragi di civili, da Piazza Fontana nel 1969, alla Stazione di Bologna nel 1980, passando per Piazza della Loggia e l’Italicus, totalizzando (ci si perdoni la brutalità aritmetica) centinaia di vittime innocenti al solo scopo di generare paura e preparare l’arrivo salvifico dell’uomo solo al comando, cioè del dittatore. Anche il codice penale, che rappresenta la forma tecnicamente più attendibile nella commisurazione delle pene ai reati commessi, distingue tra un semplice omicidio premeditato e una strage. Bisognerebbe spiegarlo a tutti, specie in momenti come quello che stiamo vivendo dopo l’affermazione elettorale della destra post-fascista.