28 ottobre 1943, è quasi l’alba. Il convoglio viaggia lentamente sulle rotaie ghiacciate. I carri merci sono stipati all’inverosimile di uomini, donne e bambini. Tutti in piedi, intorno nemmeno lo spazio per girarsi; come animali condotti al macello appaiono miti e rassegnati. Degli animali hanno assunto anche l’afrore perché la tradotta viaggia da 18 giorni senza mai fermarsi. Nel vagone di testa Charlotte, una ragazza ebrea ventiseienne, pensa alla sua vita d’artista: s’immagina mentre lavora sulla veranda della casa di Nizza, persa tra l’aria sulla quarta corda di Bach ed i colori sparsi sul pavimento. Charlotte ha da poco incontrato l’amore, quel sentimento per cui vale la pena sperare che possa esserci un futuro. È incinta di pochi mesi e scherma il grembo con le braccia quasi a voler proteggere la sua creatura dalla barbarie in cui è precipitato il mondo. Il treno scarta su di un binario secondario, lo scossone fa inclinare paurosamente il carro merci, sballottando i tradotti l’uno contro l’altro. La locomotiva rallenta fino a fermarsi, il frastuono delle caldaie non riesce a coprire le urla dei soldati ed il latrare feroce dei cani. Un uomo spia tra le fessure degli assi: sotto una neve sottile s’intravede un cancello sormontato da una scritta in ferro: ARBEIT MACHT FREI ed oltre fabbricati in mattoni a perdita d’occhio sovrastati da ciminiere fumanti. Charlotte Salomon, pittrice berlinese, non sa che tra poche ore finirà per alimentare, con il proprio corpo, quelle fornaci fumanti.
Questo triste epilogo per raccontare di una giovane donna ebrea che impiegò il suo talento artistico per illustrare la degenerazione politica ed umana della Germania dopo l’ascesa del nazismo al potere. Charlotte Salomon come prototipo della meglio gioventù mitteleuropea: colta, raffinata, versata nelle arti ma pervasa da profonda malinconia e insoddisfazione, da quel malefico spleen definito superbamente nelle poesie di Charles Baudelaire.
Nel 1933, appena sedicenne, subisce sulla sua pelle le leggi razziali emanate da Hitler, la sua famiglia si disgrega con la partenza dei nonni verso la Francia, nel 1935 al padre, chirurgo e professore universitario, viene proibito l’esercizio della professione, nello stesso anno la Salomon viene ammessa all’accademia di belle arti, unica 100% Juden a poter frequentare i corsi. Nel 1938, durante la famigerata “notte dei cristalli” il padre viene arrestato insieme ad altri trentamila ebrei, le sinagoghe distrutte, le attività commerciali non ariane date alle fiamme. L’inferno ha spalancato le sue porte sulla terra e Charlotte fugge verso la Provenza in cerca dei nonni.
L’esperienza stravolge la vita di Charlotte, ammalata di depressione pensa quasi di impazzire, il dottor George Moridis, psichiatra amico di famiglia, le consiglia di usare la sua arte come terapia. La pittura diventa un’ancora di salvezza e la Salomon vi si aggrappa con rinnovata energia, decisa a creare “qualcosa di veramente folle e singolare”.
In meno di due anni (1940-42) dipinge almeno 800 grafiche e gouache che formeranno l’impianto della sua opera principale: Vita? O Teatro? Questa opera d’arte totale è concepita come una composizione lirica suddivisa in atti. Il lettore è rapito da un vortice di immagini dove le lettere alfabetiche e le parole si rincorrono per tessere insieme ritornelli, timbri ritmici e cromatici, accordi e raccordi sonori.
Come in una moderna graphic novel, ma senza soluzione di continuità, esistenza e drammi privati si confondono con la situazione politica: l’infanzia e le molestie sessuali del padre, il suicidio della madre. Ma anche l’ascesa del nazismo in Germania le violenze perpetrate in nome di Adolf Hitler, la costrizione a lasciare Berlino in quanto ebrea e la sua diaspora personale. Il tutto condito dalla musica di Johann Sebastian Bach e dalle arie della Carmen di Bizet.
Lo Joods Historisch Museum di Amsterdam ha digitalizzato e reso disponibile online l’opera Vita? O Teatro? Vi posto il link per un meritato approfondimento: Charlotte Salomon (jck.nl)
Un’opera monumentale ispirata alla corrente artistica dell’espressionismo. Un omaggio a March Chagal, Ernst Ludwig Kirchner, Otto Dix, Franz Marc e tanti altri maestri bollati dal regime nazista come “artisti degenerati” che avevano visto i loro lavori letteralmente bruciare sui roghi appiccati dai fanatici nazisti. Gli stessi uomini che, dopo aver incendiato i libri e i quadri, non ancora ebbri di barbarie, iniziarono a bruciare le persone.