In questa, come in tante altre campagne elettorali, l’attenzione ai programmi di governo proposti dai diversi contendenti sta scemando e il tutto si sta giocando su principi generalissimi etico-morali, a volte di difesa di razza ed etnia, di appartenenza fideistica ad alleanze internazionali. In altre parole più che una campagna per conquistare il più alto numero di seggi in Parlamento, si tenta di reclutare crociati, cittadini pronti a confermare dichiarazioni di fede, di appartenenza, disponibili ad arruolarsi in un esercito della salvezza contro il pericolo incarnato nell’avversario. Guardando un qualsiasi programma televisivo dedicato alle elezioni, sembra di ascoltare le vecchiette in chiesa quando le messe erano celebrate in latino che ripetevano litanie in un gergo inventato. È questo che accomuna tutti gli schieramenti, dall’estrema destra all’estrema sinistra passando tra i due centri e dal centro-centro, salvo alcune rarissime eccezioni.
Osservando i leader in competizione in questa campagna elettorale è indubbio che Giorgia Meloni, Matteo Salvini, Silvio Berlusconi – per quello che dicono, promettono o che hanno dimostrato di essere capaci di fare quando al governo – non possono che inquietare chi ha una cultura e una intelligenza politica basate su principi democratici. Non meno inquietanti sono però gli esponenti degli altri partiti e schieramenti. Ormai tutti sono stati al governo e, giudicando le loro azioni, la confusione aumenta. Quando il PD ha governato con Matteo Renzi, le scelte politiche hanno travalicato ogni schema e schieramento. Quel governo ha raggiunto dei risultati invidiati dal centro destra. Quando il torbido Salvini è stato al governo con il M5S ha messo in atto azioni per contrastare l’immigrazione farcite da una veemenza ideologica spropositata, ma perfettamente in linea con un percorso iniziato da altri, legge Napolitano-del Turco e gli accordi sottoscritti da Marco Minniti, ministro dell’interno nel governo di centrosinistra guidato da Gentiloni, con uno dei tanti gruppi o governi della Libia post Gheddafi per fermare sulle coste africane i migranti. Un patto che, come più volte drammaticamente documentato, ha reso complice il nostro Paese di un vero e proprio genocidio.
Che dire delle recenti prese di posizione del centro sinistra in occasione della guerra in Ucraina? La destra si è dimostrata ambigua nel condannare Putin ma nel centro sinistra in molti, pur richiamandosi ai principi del diritto all’autodeterminazione dei popoli, si sono proposti come strenui difensori della subalternità dell’Italia alla superpotenza americana e al Patto Atlantico, la NATO. Letta è arrivato al punto di invocare l’intervento dei servizi segreti per isolare, condannare, magari arrestare, chi manifestava dubbi e dissenso sulle azioni da intraprendere per fermare Putin e la sua guerra. Il M5S si è mostrato ondeggiante e in soli quattro anni ha cambiato per tre volte alleati. Quando organizzava le sue crociate, i V-Day, ha vinto le elezioni ma è stato incapace di ripresentarsi agli elettori con il proprio bagaglio di vittorie e sconfitte, di successi ed errori, continuando così a perdere dirigenti, consenso e voti.
Molto probabilmente anche alle prossime elezioni la quota di cittadini che si asterranno dal voto continuerà ad aumentare, così come continua ad aumentare in tutti i paesi democratici con sistemi parlamentari. Astensioni cui andrebbero aggiunte le schede bianche e nulle. Di questo però si preoccupa soprattutto chi presume di perdere o chi perderà il confronto elettorale. Se ne parlerà dopo in fase di “commento dei risultati”. Chi perde tenderà ad accaparrarsi potenzialmente una quota degli astensionisti, addebitandogli i propri risultati negativi. Sicuramente sentiremo pronunciare la classica frase: “siamo stati penalizzati dal forte astensionismo, molti dei nostri elettori non si sono recati alle urne”.
Una ulteriore considerazione. Il sistema vigente per eleggere i parlamentari, che nessuna forza politica ha voluto cambiare, porterà in Parlamento persone nominate dai vertici dei partiti, messi in lista in un ordine prestabilito. Il cittadino elettore continuerà a non poter esprimere un proprio voto di preferenza, non potrà influire sull’indirizzo politico del Parlamento e dei partiti. La battaglia vera è ormai circoscritta all’interno dei gruppi dirigenti e, non a caso, a destra come a sinistra, fioccano le candidature di mogli e mariti, figli e nipoti di potenti ministri, ex ministri e così via, in quei collegi considerati sicuri.
Sarebbe invece importante preoccuparsi per tempo dei motivi che porteranno moltissimi a disertare le urne. Un riferimento letterario può aiutarci in questo percorso. Era il lontano 2004 quando José Saramago inviò alle stampe il suo romanzo Saggio sulla lucidità (Ensaio sobre a Lucidez). Nel romanzo si descrive la nevrotica, sconsiderata e folle reazione degli apparati di potere al fatto che, in occasione di una elezione nazionale, ben il 75% degli abitanti di una grande città decidono di depositare nelle urne schede bianche, senza cioè indicare nessun partito o gruppo politico. Nonostante la drammatizzazione dell’evento, i cittadini continuano a svolgere le loro normali attività. I possibili diversi risultati elettorali non li turbano più di tanto e, contrariamente a quanto credono gli esponenti delle istituzioni, hanno votato scheda bianca come scelta individuale, non organizzata e senza nessuna ambizione rivoluzionaria o sovversiva. Una scelta inammissibile e incomprensibile per chi si è tanto dato da fare per accaparrarsi fino all’ultimo voto.
È forse il momento che in Italia si giunga a una laicizzazione del voto. Basta con questo clima da battaglia cruciale e finale. Nel vocabolario di lingua inglese esistono due termini, policy e politics, non distinguibili in italiano se non con l’artifizio di usare la lettera minuscola e maiuscola, Politica e politica. In inglese con il termine policy si intende la politica pubblica, “reale”, intesa come soluzioni concrete ai problemi comuni, contrapposta a politics, che invece fa riferimento a meri rapporti di forza, su base ideologica, tra forze politiche e leader.
Da noi si punta continuamente sull’ambiguità, si scambia policy per politics, politica per Politica, battaglie di valori per battaglie per stabilire quali obiettivi raggiungere e in che modo, facendo cosa. Forse i tanti elettori che non si recano alle urne non stanno che aspettando questo. Anche le nuove generazioni, come le vecchie, crediamo siano pronte e disponibili a scendere in campo ma fuori da schemi ideologici. In Italia esiste uno straordinario patrimonio di donne, uomini, idee e progetti, che sono rintanati, nascosti, mortificati. Sta crescendo una generazione che, pur sentendosi impotente, studia, si specializza, si impegna professionalmente, ma è come se accettasse inconsciamente che c’è un inevitabile limite invalicabile alla propria crescita: l’occupazione da parte di politici e politicanti di ogni spazio disponibile o inventato. Sono e si rintanano ai margini della società, non tentano nemmeno di scalzare dirigenti incompetenti e corrotti. Rinunciano a immaginarsi come la nuova e futura classe dirigente del Paese. Ecco il risultato atteso di una laicizzazione del voto è proprio questo: rendere possibile un impegno concreto, reale e di lungo periodo in chi di cose da dire e da fare ne ha tante. Non si può più andare a votare turandosi sempre il naso, anche perché non basterebbe, bisognerebbe tapparsi le orecchie e la bocca e chiudere gli occhi, per evitare il peggio. Forse bisognerebbe incominciare a credere che la partecipazione, l’attenzione alla cosa pubblica, alla convivenza civile e democratica non può esaurirsi segnando con una x una scheda elettorale. Nessuna rinuncia quindi ma un tentativo di far nascere una nuova coscienza civile. Oggi bisogna sconfiggere i nemici della democrazia, la destra intesa come occupazione del potere da parte di una oligarchia, come una pratica che esclude dalla partecipazione che blocca la crescita civile, culturale, scientifica e politica del Paese. Una oligarchia che evita in tutti i modi di sottoporre alla valutazione degli elettori il proprio fare, il proprio amministrare. Siamo chiamati a scelte difficili ma quella elettorale è ormai diventata una bolla, un artificioso modo di alzare i toni per nascondere magagne e incapacità. Bisogna rimanere lucidi e non farsi confondere da ipocriti bandi di chiamata alle armi da parte dei tanti fronti politici.
L’esperenza del Governo Conte 2 è quella che ha realizzato più proposte per il Paese. Dai 209 MILD di euro del PNRR, al 110% dell’ecobonus, alla gestione della pandemia. Questa esperienza di governo poteva rappresentare, non ideologicamente, ma programmaticamente una partenza per rinnovare l’Italia. Così non è stato! Le elite internazionali hanno determinato la rottura di quella esperienza che a differenza del Conte 1, come scrivi, aveva al suo interno delle politiche regressive e razziste. Il problema resta. Al pari di come scrivevo in un’altro commento, sono convinto che la società italiana abbia bisogno di un grande sommovimento sociale che incida sulla politica. Intanto la scelta di stare alla finestra non mi convince, voterò in coscienza per il programma politico e per il gruppo politico che riterrò i più avanzati per l’Italia.