Il teatro dell’assurdo

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La guerra in Ucraina va, di giorno in giorno, mettendo a nudo tutte le contraddizioni che attraversano il confronto, ormai planetario, tra i regimi totalitari e le cosiddette democrazie.

Prendiamo, ad esempio, la richiesta di adesione alla Nato della Finlandia e della Svezia, causata, con tutta evidenza, dalla paura che la Russia non intenda limitare alla sola Ucraina le sue mire espansionistiche ma che voglia, in un futuro non proprio lontano, allargare ulteriormente i suoi confini: preoccupazione più che legittima alla luce di quanto, un giorno sì e l’altro pure, vanno propagandando i corifei di Putin, Lavrov e Medvedev, e cioè che le democrazie occidentali hanno fatto il loro tempo e che è giunto il momento di unificare tutti i russi in un’unica grande nazione come ai bei tempi andati.

Per ottenere il placet della Turchia, paese membro della Nato, che aveva posto un veto all’ingresso dei due paesi nordeuropei, le due nazioni baltiche hanno dovuto impegnarsi a fare dei passi concreti per l’estradizione dei curdi che meritoriamente ospitano: la Nato ha dunque sacrificato proprio il popolo curdo, uno dei più disgraziati al mondo, che si era distinto nella lotta all’ISIS sottraendo l’Occidente alla sua terribile e sanguinaria minaccia. Questa contraddizione si aggiunge all’anomala presenza della Turchia nella Nato, organizzazione atlantica che rappresenta le democrazie occidentali. La Turchia è forse democratica e occidentale?

E, visto che parliamo di democrazia, non è assurdo che organizzazioni sovranazionali, come la Nato, ma anche l’Unione Europea e finanche il consiglio di Sicurezza dell’ONU, ammettano che un paese membro possa bloccarne ogni iniziativa avvalendosi del potere di veto? Le democrazie poggiano sul ragionevole concetto che le decisioni sono legittime purché prese a maggioranza, semplice o qualificata che si voglia. Ma la Turchia intende entrare anche nell’Unione Europea: non bastano a Erdogan gli svariati miliardi che riceve dall’Europa per tenere a freno i migranti. D’altronde l’Unione Europea ospita anche l’Ungheria di Orban e i paesi del patto di Visegrad, tutti connotati da scarso rispetto per i diritti civili.

In perfetta sintonia con la Russia, anche la Cina esprime il desiderio di ricondurre tutta l’etnia cinese sotto il medesimo tetto nazionale. Ci lascia interdetti il fatto che il comune anelito di Russia e Cina all’unificazione dei rispettivi popoli debba contemplare anche quei russi e quei cinesi che non ne hanno alcuna intenzione, come nel caso dell’Ucraina ed in quello prossimo di Taiwan: l’autodeterminazione dei popoli evidentemente non è per questi regimi autocratici un principio necessario alla pacifica convivenza sul nostro pianeta.

E tuttavia la Cina, mettendosi sotto i piedi la propria ideologia, ha concluso con Hong Kong un compromesso in virtù del quale la ex colonia britannica sarà politicamente sottomessa alla Cina ma manterrà l’impostazione liberista dei servizi finanziari, del turismo e del commercio: un bel caso di opportunismo levantino.

In un articolo pubblicato qualche tempo fa su “la Repubblica” il costituzionalista Michele Ainis ricordava ai lettori che i paesi democratici coprono appena un quinto della superficie mondiale. Bisognerebbe chiedergli se in questa già squilibrata distribuzione gli Stati Uniti d’America siano stati inclusi o meno nell’area democratica. La domanda non è per niente oziosa. Senza scomodare gli scempi militari compiuti negli scorsi decenni, a partire dalle atomiche su Hiroshima e Nagasaki, è lecito chiedersi se il presidenzialismo sia il migliore dei sistemi democratici possibili, se la legge elettorale degli USA sia realmente democratica e se non sia assurdo che il massimo organo di giustizia federale, la Corte Suprema degli USA, sia formata da membri scelti dal Presidente, cioè da chi ha vinto le elezioni presidenziali. Come se non bastasse, questi signori ricevono una nomina “a vita”, vengono cioè sostituiti solo in caso di morte. Supponiamo, ma non ne abbiamo certezza, che se un componente centenario comincia a manifestare segni di demenza senile, possa essere in qualche modo sostituito, cioè messo in condizioni di non nuocere: oggi neppure è scontato che il Papa, massima autorità della chiesa cattolica, resti in carica “vita natural durante”.

E se è vero che fa ridere il limite dei due mandati parlamentari del Movimento 5 Stelle, fa piangere, per motivi opposti, la durata della carica di componente della Corte Suprema statunitense. Se si considera poi la prevalenza “trumpiana” della sua attuale composizione ed il contenuto micidiale delle sue ultime pronunce, che si ispirano senza ritegno all’oscurantismo e al negazionismo di Donald Trump sia in termini di diritti umani che di lotta al cambiamento climatico, c’è da allarmarsi. Come se non bastasse, In entrambe queste pronunce la Corte Suprema ha calpestato, come leggiamo sulla stampa più attendibile, lo “Stare decisis” (incipit della frase latina “Stare decisis et non quieta movere”), principio generale dei sistemi di “Common Law”, come quello americano, in forza del quale il giudice è obbligato ad attenersi alla decisione adottata in una precedente sentenza quando la fattispecie a lui sottoposta sia identica a quella già trattata nel caso che ne fu oggetto.

A tutto questo si aggiungano poi alcuni interrogativi che dànno da pensare: perché l’Ucraina, che non è ancora membro della Nato, non lancia missili sul territorio russo, tanto per ricambiare le attenzioni che i russi stanno riservando alla popolazione ucraina? E poi, che credibilità può avere un’Europa che continua ad acquistare petrolio e gas dalla Russia che si sta macchiando, senza alcun dubbio, di crimini contro l’umanità?

In questo mare di contraddizioni, in questo intreccio perverso e incomprensibile di interessi economici e di sete di potere personale che causa conflitti sanguinosi, fatti passare dalla propaganda come inevitabili risposte ad immaginarie minacce incombenti, è veramente difficile orientarsi. E pure, in qualche maniera, anche noi semplici spettatori siamo tenuti a fare la nostra scelta di campo pensando che un giorno potremmo esserne direttamente coinvolti. Chiudendo necessariamente un occhio su tutte le assurdità presenti nella politica dei paesi democratici ma opponendoci fermamente all’aggressività manifestata costantemente dai paesi totalitari.

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