Riceviamo dal sig. Antonio Sacco e volentieri pubblichiamo.
Ho sempre guardato per mia passione il cielo e l’orizzonte quando cammino, scrutando il disegnare delle nuvole o i colori che si mischiano sul mare verso il tramonto. Ancora una volta è Kiku, il mio amico cane, che mi induce ad indirizzare lo sguardo verso la mia più immediata prossimità. Guardo in terra e scorgo sul ciglio della strada una sigaretta fumante ancora intera, lanciata e abbandonata a sé stessa. Il fumo, aiutato dalla luce filtrata dalle chiome di un albero, nel suo movimento fluttuante prende forma di paesaggi, di figure umane.
Non uso sostanze psicotrope, anche se nutro costantemente la mia immaginazione con processi creativi, ma mi rendo conto che in quel fumo stanno prendendo forma i desideri, le ansie, le paure o i sogni della persona che li ha imprigionati in quella frettolosa boccata di fumo e, come per incanto, si stanno liberando, ascendendo come una preghiera verso le chiome dell’albero. Non sono un fumatore quindi non posso raccontare in prima persona cosa rappresenti quello spazio di sospensione, di pausa o attesa che è il rito di fumare una sigaretta. Il mio amico Giuseppe alla domanda: cosa è per te il tempo di una sigaretta? mi ha risposto che rappresenta un tempo lungo, rilassato, piacevole, oppure rapido, insidioso o perfino violento. Un fantasmagorico accadimento ha cambiato la mia prospettiva visiva nel camminare. Ho cominciato a guardare con interesse e curiosità verso il basso. Inimmaginabile la quantità di mozziconi, cicche di sigarette, abbandonate per strada, milioni, tanti che non si possono contare. Una quantità infinita di frammenti, residui di esistenza che tentano di resistere al passare del tempo, al calpestio, alle puliture delle strade, tanto da sembrare aggrappate, rifugiate negli interstizi dei porfidi quarziferi della pavimentazione stradale.
Ogni giorno ognuno di noi calpesta migliaia di quel che resta dei desideri in fumo e relative ansie. Ho la particolare propensione a ripercorre all’indietro il corso di un rifiuto il che mi ha portato ad immaginare quel mondo invisibile di esistenza che ogni cicca porta con sé fino alla sua scomparsa, un vero patrimonio inestimabile di umanità, senza distinzione di genere, classe, religione ed età. Per capirci, se tali testimonianze le avessero ritrovate a Pompei durante la sua scoperta, avrebbero forse dato luogo a indagini di ogni tipo, per ricostruirne gli usi, i costumi, le economie, la provenienza del tabacco, le produzioni, i marchi, le etichette e chi ne ha più ne metta. Ma la testimonianza di tale patrimonio umano lasciato accessibile e fruibile a tutti fotografa anche un altro aspetto che riguarda la sua impronta ecologica, ovvero il suo impatto sull’ambiente.
Secondo quanto emerge da un report di MareVivo pubblicato sul Sole24ore dal titolo “Piccoli gesti, grandi crimini 2020”, ogni anno, in Italia 14 miliardi di mozziconi di sigarette finiscono nell’ambiente. In pochi sanno che il filtro è composto da acetato di cellulosa e per ciò impiega in media 10 anni a decomporsi. I mozziconi contengono oltre 4.000 sostanze chimiche, molte delle quali sono tossiche e cancerogene, compresi arsenico, formaldeide, ammoniaca, acido cianidrico e nicotina. Queste sostanze tossiche danneggiano gravemente gli ecosistemi marini. Inoltre secondo tale report circa il 65% dei fumatori non smaltisce correttamente i mozziconi delle sigarette e così ogni giorno una gran quantità di essi invade fiumi, coste e spiagge, finendo in mare. Nel suo ciclo di eco-esistenza i mozziconi, scambiati per cibo, vengono inghiottiti da uccelli, pesci, tartarughe e altri animali marini, che possono arrivare anche a morire a causa di avvelenamento da tossine o da soffocamento.
Da oltre 30 anni i mozziconi di sigaretta sono il rifiuto più comune al mondo: costituiscono fino al 90% dei rifiuti e sono indicati come uno dei principali inquinanti di strade urbane e spiagge. E cosi quelli che sono i nostri desideri più intimi condivisi o non, attimi di sospensione vitali, sogni, ansie, attese, liberazioni, scene memorabili del cinema, insomma l’invisibile vita umana che rappresentano, sono un potente veleno per tutto l’ecosistema del pianeta! Urge fare qualcosa, attuare nuovi paradigmi di eco-esistenza e provare a trasformare le criticità catastrofiche in nuove e vitali opportunità. Chiudete per un attimo gli occhi e immaginate. La soluzione sembra banale ma non lo è e c’è di mezzo la volontà ed il tornaconto economico. Basterebbe semplicemente che i mozziconi fossero realizzati con altre sostanze, in questo caso benefiche per tutti che respirandole o disperdendosi nell’ambiente porterebbero vantaggi per tutte le specie del pianeta: incorporare semi di piante nei filtri. Realizzare cioè dei semi di fumo, in tal modo rendendo possibile migliorare il nostro ambiente e trasformare al contempo un prodotto in un altro semplicemente disseminandolo.
Diventeremmo tutti fumatori di semi per l’ambiente e coltivatori diretti della speranza del pianeta. Già immagino lo spot del Ministero della Salute e del Ministero dell’Ambiente: Per contrastare gli effetti del tabagismo e creare un mondo più verde. Ma nell’attesa di avere un seme di fumo capace di restituire umana dignità all’uomo, nel suo ruolo di specie evoluta e creatrice di cambiamenti benefici e di grande impatto sulla biodiversità del pianeta, continuo però a guardare verso il basso: la strada da fare è ancora lunga e la nuda terra assorbe meglio come l’acqua la mia speranza, anziché il cielo, troppo instabile. L’invisibile humus fertile delle nostre esistenze e dei nostri desideri sta come un giacimento prezioso, proprio sotto i nostri piedi e aspetta solo di ritornare ad essere vita.
bellissimissimo scritto, poetico e pratico: lavorare per essete “coltivatori diretti della speranza del pianeta”, fumatori di semi, sfusi e a pacchetti.