Ulteriori commenti ai ballottaggi del 26 giugno scorso possono ritenersi superflui. Sull’affermazione del centro-sinistra non ci sono dubbi, bisogna solo sperare che i suoi sindaci neoeletti non si lascino trascinare, alla maniera dei 5 stelle, dall’entusiasmo per il “nuovo” a tutti i costi, e che nella formazione delle giunte facciano entrare persone esperte e non degli sprovveduti. Tommasi, neosindaco di Verona, stia quindi ben attento a non chiamare Totti, Montella e Cassano, tutti suoi colleghi e grandi campioni del calcio. Metterli alla prova sarebbe un grave rischio. Cassano ha notoriamente un carattere estroverso ed irascibile e non si sa se abbia mai letto un libro dopo l’età scolare. Di Totti corse un giorno notizia che la sua biblioteca aveva preso fuoco e che a stento erano riusciti a sottrarre alle fiamme uno dei due volumi che la componevano.
Insospettisce, nel giovane sindaco di Verona, il fatto che abbia scelto per le magliette dei suoi più stretti sostenitori il colore giallo, come quello dei gilet francesi corteggiati da Di Battista e dal poi pentitissimo Di Maio: fa temere la persistenza di atteggiamenti piazzaioli. Oggi Verona ha bisogno di tutt’altro e Tommasi può essere, proprio in virtù dei suoi trascorsi da calciatore e da sindacalista della categoria, l’uomo giusto per combattere la tifoseria calcistica che da decenni colloca la cittadina veneta ai vertici del razzismo e dell’estremismo, allontanando così dagli spalti dello stadio quel pubblico fatto di famiglie tranquille che se ne tengono oggi a distanza e che probabilmente hanno dato il proprio voto a Tommasi anche con questa speranza.
In prospettiva però le manifestazioni di piazza sono dietro l’angolo. In autunno ci attende la tempesta perfetta: crisi energetica dovuta alla guerra e alla siccità, inflazione, probabile ripresa del Covid. Ci sarà un mare di proteste. Auguriamoci che l’acqua, sin qui evocata come acqua salata, possa venir giù come acqua dolce nelle settimane estive. Tutto è possibile alla luce del mutamento climatico in atto. Diversamente il governo Draghi si troverà alle prese con un’emergenza senza precedenti anche sul piano della giustizia sociale, ulteriormente compromessa dall’aumento dei prezzi e dalla probabile perdita di migliaia di posti di lavoro.
In questa situazione si innesteranno, come per tradizione, le sollevazioni aizzate dai partiti di opposizione, cioè parte della Lega, se ancora sotto la guida di Salvini, la quota dei 5 Stelle che non si riconoscerà più nemmeno in Conte il cui appoggio al governo è assicurato fino al termine della legislatura, e, naturalmente, da Fratelli di Italia. Denominazione questa che appare sempre più inadeguata ai tempi, non tanto per la sua connotazione sessista, quanto perché gli ultimi filmati che ci giungono dalla TV autorizzerebbero a cambiarla in “Sorelle d’Italia” vista frequenza con cui la Meloni è affiancata spesso dalla Santanchè, eterna silhouette che divide il suo tempo tra la sua impresa, il suo partito, le sue comparsate televisive, il suo chirurgo plastico, il Billionaire e ultimamente anche la pizzeria in Piazza Duomo a Milano “Da Flavio, la vera pizza da asporto”, che asporta infatti la bellezza di 65 euro dalle tasche di quelli che, beati loro, vivono di sola apparenza. Ecco, dovesse diventare dopo le prossime elezioni premier (o premieressa?) la Meloni, la Santanchè avrebbe sicuramente un posto nel suo governo. Ma dove? Allo Sviluppo Economico? Alle Telecomunicazioni? Alla Sanità? Al Turismo e allo Spettacolo? Ecco perché, nel dubbio amletico, sarà meglio tenere la Meloni a distanza di sicurezza dal governo.