E così la parabola dei 5 Stelle imbocca decisamente la fase discendente. Non stiamo parlando del pessimo risultato delle amministrative né dei sondaggi che li davano fino a qualche giorno fa intorno a un modesto 13%. Ci riferiamo invece alla scissione prodotta da Di Maio finalmente consapevole che senza piegarsi a fare “politica” non si può governare: una presa di coscienza forse un po’ tardiva rispetto a quella analoga assunta da numerosi fuoriusciti ma, tant’è, meglio tardi che mai.
Intanto Conte continua a fare il lavoro sporco, cioè a rinverdire lo spirito delle origini, nel quale forse è il primo a non credere, pur di rintuzzare il rientro di Di Battista astutamente pronto ad incassare il secondo mandato parlamentare dopo un quinquennio di profondissima riflessione. Come si può credere a Conte che, a nome dei 5 stelle, si dichiara dalla parte dell’Ucraina ma è contrario a sostenerla militarmente? Sarà evidente anche a lui che, se non mandi armi all’Ucraina, sei dalla parte della Russia, alla quale continui a pagare profumatamente petrolio e gas. Non è neppure credibile quando si dice contrario all’aumento dello stanziamento di bilancio per le spese militari: in un mondo sempre più turbolento è necessario che l’Europa pensi a un esercito comunitario la cui organizzazione richiede adeguati finanziamenti. Queste posizioni pacifiste ad oltranza sembrano più vicine a Di Battista che a Conte e, men che mai, a Di Maio.
Quanto al divieto del terzo mandato, sarà stato certamente un fattore essenziale della scissione e c’è da scommettere che il nuovo partito di Di Maio, denominato, in uno slancio di fantasia, “Insieme per il futuro” (insieme a chi e per quale futuro? ma già ci dicono che il nome è provvisorio), lo abolirà prima delle prossime elezioni. La caducazione di questo divieto, che è la ridicola negazione della validità dell’esperienza, aprirà forse la strada alla rielezione di chi nei 5 Stelle ha ricoperto senza demerito, il che è già tanto, qualche incarico di governo.
Cosa succederà di ciò che rimane del Movimento dopo la scissione? Di Maio viene accusato di un vero e proprio tradimento degli “ideali” del Movimento. Ma Conte, che ha affrontato decentemente la pandemia e ottenuto i cospicui finanziamenti europei del PNRR, sembra rispettarli al solo scopo di trattenere la base più insofferente alla trasformazione dei 5 Stelle, forse in vista della costituzione di un suo partito personale da aggiungere agli altri partiti personali che affollano il centro dell’arco politico.
Il problema di Conte sarà: con quale programma politico? Certamente non potrebbe presentarsi come alfiere dei principi sbandierati dal Movimento al suo esordio perché stridono con il prestigio e il consenso, tuttora notevole, che si è guadagnato governando, non protestando.
Quei principi si sono dimostrati, come molti prevedevano, politicamente impraticabili per il semplice motivo che erano espressione dell’antipolitica più radicale e cioè: negazione della democrazia parlamentare per sostituirla, secondo la visione del “mitico” Roberto Casaleggio, con la democrazia diretta via web; riduzione del ruolo dei parlamentari, sia nel numero che nella remunerazione; introduzione del vincolo di mandato per cui i parlamentari risponderebbero delle loro scelte soltanto ai vertici dei partiti; ripulsa di tutti i partiti presenti in Parlamento perché complici di un sistema corrotto; opposizione, di conseguenza, a tutte le attività deliberate dalla vecchia e sporca politica e quindi niente TAV, niente TAP, niente Olimpiadi a Roma; negazione del valore della competenza tecnica e dell’esperienza politica perché entrambe cresciute in un sistema affetto da sindrome corruttiva, dando invece fiducia a chi dimostrava di essersi tenuto il più lontano possibile dalla vita politica e sempreché dopo due mandati se ne stesse buono buono a mondarsi di ogni possibile contaminazione. In una siffatta impostazione ideologica era già presente il gene dell’autodistruzione che è puntualmente scattato nel momento in cui i 5 stelle sono andati al governo.
Sì, qualcosa di accettabile è stato realizzato, come il reddito di cittadinanza inteso come sussidio alle fasce più deboli (ma senza controllare gli scandalosi abusi poi riscontrati), non certo come leva per creare nuova occupazione: gli 8.000 navigatori hanno ammainato da subito le vele e percepiscono il loro stipendio comodamente ormeggiati in rada. E poi il sostegno a quell’obbrobrio leghista che si chiama quota 100, costata decine di milioni di euro, che Salvini faceva passare come “abolizione della legge Fornero” che è invece tutt’ora vigente. Ricordare altri meriti non è facile: forse la levata di scudi dopo il crollo del ponte Morandi e un atteggiamento responsabile durante la crisi pandemica. Ma per il resto solo errori ed ingenuità portati avanti anche sotto la guida di Draghi come il bonus edilizia che si è rivelato un regalo alle fasce di popolazione più abbienti, ai furbi ed alla criminalità sotto specie di imprese edili nate per l’occasione.
Conte, che ha dimostrato di essere intelligente e coraggioso (come nel licenziamento di Salvini), dovrà costruire una sua personale identità che lo collochi, nei confronti dell’elettorato, a metà strada tra Di Maio e Di Battista sperando di catalizzare, almeno in parte, il consenso personale di cui ancora gode. Farà bene, nell’occasione, a rinunciare al suo comprensibile rancore nei confronti di Renzi, di Draghi e dello stesso Di Maio. Naturalmente andrà anche lui ad occupare il centro dello schieramento in coabitazione con molti concorrenti e nemici, ai quali potrebbero aggiungersi anche Forza Italia e la parte governista della Lega se si dissocerà da Salvini, tutte neoformazioni partitiche che andranno a collocarsi, insieme al PD, sotto l’ombrello protettivo di Draghi, l’unico che possa gestire questo drammatico momento storico. Forse Letta non riuscirà a realizzare il suo “campo largo”, ma la Meloni sarà condannata all’opposizione anche se il suo partito sarà il più votato. Spetterà poi ai sondaggi, prima ancora che alle elezioni, dirci se i frammenti del Movimento 5 Stelle saranno stelle cadenti o polvere di stelle.