È noto che nella maggioranza dei casi il mandatario va ben oltre il mandato conferitogli. Ciò avviene nella vita quotidiana, nelle relazioni tra individui, ma quando ciò avviene nelle relazioni sociali e politiche, nazionali e internazionali, le conseguenze possono essere drammatiche.
L’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo per volontà del presidente Putin, con le notizie ampiamente corredate da immagini sulla morte e distruzione che sta disseminando in quel territorio, ha scosso le coscienze principalmente dei cittadini europei, di quell’occidente politico, ancor prima che geografico. I governi, i gruppi politici che li sostengono, stanno facendo a gara per accaparrarsi il primato agli occhi dell’opinione pubblica nazionale e a quelli degli alleati tra chi è più o meno anti Putin, anti russo, anti invasione, ma ben pochi si stanno seriamente impegnando perché le ostilità si fermino e si ricominci a trattare le controversie internazionale con gli strumenti della politica e della diplomazia, non escludendo la possibilità di utilizzare la leva della pressione economica e finanziaria.
Una cospicua parte degli attuali leader politici non pare ambire al riconoscimento di una loro autorevolezza, altrimenti si impegnerebbero a mostrare indipedenza politica magari mostrando di avere un autonomo e originale pensiero. Ciò è particolarmente vero in Italia, causa la strutturale subalternità al grande alleato americano e per la insufficienza politica e culturale di chi occupa posizioni direttive nei gruppi politici e nelle istituzioni. Non a caso si è presto giunti ad adottare comportamenti eccessivamente zelanti nel mostrare il proprio anti-putinismo. Si è tentato di censurare Dostoevskij, di sospendere spettacoli e funzioni religiose che in qualche modo coinvolgessero autori, artisti o credenti russi (anche il Papa ha dovuto battersi perché nella cerimonia della via Crucis fossero convolti anche fedeli di nazionalità russa).
A questo esercizio di miopia politica non hanno saputo sottrarsi neppure Enrico Letta e Matteo Renzi, che hanno invece lottato per assicurarsi la pole position. Con spropositata veemenza si sono espressi contro Rete 4, che ha osato mandare in onda un’intervista al Ministro degli esteri della Federazione Russa. Anche grazie a Letta e a Renzi è probabile che il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (COPASIR) giunga alla decisone di vietare la partecipazione di giornalisti e di commentatori russi alle trasmissioni delle reti televisive pubbliche e private.
Quello dei due leader politici italiani è classificabile come un eccesso di zelo nei confronti dell’alleato americano o come espressione di una autonoma e originale superficialità? Forse la seconda, visto che proprio negli USA le potenti reti televisive vanno a caccia di interviste esclusive tanto che probabilmente avranno invidiato il giornalista e il direttore della rete televisiva italiana. Il maccartismo, l’isterica ricerca di spie comuniste, una visione del mondo dove da una parte ci sono i buoni e dall’altra i comunisti, che è costato ai cittadini americani tante inutili sofferenze, mettendo a dura prova il sistema democratico, il suo apparato giuridico e giudiziario, la tutela dei diritti inalienabili dell’uomo, nel suo Paese d’origine è storia sepolta, ma qui da noi riappare in forme nuove ed inaspettate.
Ascoltare in diretta il Ministro degli esteri del Paese che ha iniziato la guerra è stato importante per tutti. Il suo parlare, il suo mischiare posizioni politiche con posizioni ideologiche, le sue ricostruzioni storiche approssimative, più che propaganda ci sono sembrate le dichiarazioni di un paranoico poco prima del suicidio. Paradossalmente l’intervista, se smontata e rimontata, offre nuove ragioni a chi in Occidente farnetica sulla necessità di proseguire la guerra in Ucraina fino alla sconfitta del pericoloso nemico russo.
Le parole di Sergej Lavrov sono state un regalo inaspettato anche per gli USA, o almeno per chi in quel Paese ha etichettato la posizione italiana come incerta e pericolosa, visto che proprio il Ministro russo si è detto meravigliato del repentino schierarsi dell’Italia. Letta e Renzi, sono talmente presi dal loro tentativo di mostrarsi affidabili, più atlantisti della stessa NATO, che da scolaretti zelanti non sembrano aver colto la possibilità propagandistica antirussa offerta proprio dalle parole di Lavrov. Il sospetto è che le loro prese di posizione mirino ad offuscare i se pur timidi tentativi politici e diplomatici che provano a farsi strada anche in Italia per costringere i paesi in guerra a trovare un accordo per il cessate il fuoco. Grazie anche a simili uomini politici l’Italia rischia un irreversibile declino e la perdita di ogni possibilità di giocare un ruolo a livello internazionale. C’è da augurarsi che la non belligeranza, che non osiamo definire pace, torni al più presto al centro della discussione politica nel nostro Paese.