Se avessimo intervistato la popolazione cilena nell’ottobre del 2019, chiedendo se si aspettassero di ottenere cambiamenti significativi nella politica del Paese con l’estallido social, probabilmente la maggioranza avrebbe dato una risposta affermativa. E proprio quella caparbietà e quella determinazione ha portato il Paese andino a vivere e a partecipare ad un cambio storico della propria politica, come attore protagonista e non più come mero spettatore.
Venerdì 11 marzo 2022 Gabriel Boric è diventato ufficialmente il 36° Presidente della Repubblica del Cile. Il suo predecessore Sebastian Piñera lascia il palazzo della Moneda con un enorme calo di consensi e spinose questioni legate alla repressione e alle violazioni dei diritti umani avvenute durante l’estallido social del 2019.
Gabriel Boric sfila con la fascia della bandiera cilena e china il capo in segno di rispetto di fronte alla statua di Allende. Senza cravatta, senza la consueta cena di gala, senza fronzoli. “Non saremmo qui senza le vostre mobilitazioni”, ha detto alla popolazione cilena nel discorso di apertura della sua Presidenza.
Quello di Boric sarà un mandato ambizioso e non facile. Il neopresidente eletto, appena 36 anni ed il più giovane nella storia del Paese, eredita infatti un tessuto sociale lacerato, centinaia di prigionieri politici nelle carceri, estrazioni di litio nel deserto di Atacama (Salar de Atacama) ed una grave crisi migratoria alla frontiera nord del Paese. Senza contare il lavoro interno di riforma da attuare in tutti i campi: sanitario, educativo e lavorativo.
Senza dubbio, però, con Boric inizia una nuova fase della storia cilena. Gli anni ‘70 sembrano lontanissimi, tenuti vivi solo dalla musica degli Inti Illimani, lo storico gruppo cileno che continua a fare da colonna sonora alle manifestazioni e ai concerti organizzati per festaggiare l’inizio di questo nuovo capitolo della storia sociale e politica del Cile. “El pueblo unido jamás serà vencido”, sembra essere oggi più che mai attuale.
Il cambio generazionale è avvenuto e la scelta dei ministri del governo di Boric lo dimostra: giovani attivisti e con voglia di giustizia sociale. Un governo composto in maggioranza da donne, con un’età media di 49 anni e con la nipote di Salvador Allende nominata ministro della Difesa. Un gesto simbolico che vuole indicare una continuità ideale e di valori con l’ex Presidente socialista. É questo il manifesto politico del nuovo governo e del nuovo Presidente. La scrittura della nuova Costituzione, che sarà approvata a luglio 2022, è poi la ciliegina sulla torta per una nuova epoca. Femminismo, ambientalismo, comunità indigene, educazione di qualità sono i nuovi temi dell’agenda politica e sembra che saranno questi a guidare i prossimi anni di lavoro presidenziale.
Va sottolineato che Gabriel Boric è non solo il Presidente più giovane della storia del Paese ma anche quello che ha avuto il maggior numero di voti: ben 4,6 milioni nella seconda tornata elettorale. “Camminiamo insieme in questo percorso di speranza e costruiamo il cambiamento verso un Paese che sia giusto e degno”, ha continuato nel suo discorso.
Per quanto riguarda il consenso interno al Parlamento ed al Senato, il nuovo Presidente dovrà impegnarsi per cercare un dialogo e un’alleanza con i partiti di centro poichè nel Parlamento non ha una vera e propria maggioranza mentre nel Senato resta quella del Partito di centro-destra dell’ex Presidente Sebastian Piñera: Chile Vamos. Da qui forse la sua decisione di nominare ministro delle finanze il socialista Mario Marcel, ex presidente della Banca Centrale, nominato dal governo di Michelle Bachelet. Questo per arginare il rischio di paralizzare i lavori nelle due Camere o creare instabilità economica nel Paese. É stato proprio Marcel a dichiarare: “Non vogliamo che accada, come è successo in alcuni momenti del nostro passato o ad altri Paesi, che la popolazione abbia grandi speranze di cambiamento, ma poichè l’economia fallisce o mancano le risorse, non si possono mettere in atto o renderle sostenibili nel tempo”.
Ma i primi segnali di rottura con il passato sono già arrivati: Boric ha infatti annunciato nel suo discorso che una delle prime iniziative dei ministeri dell’interno e della giustizia sarà quella di ritirare le 139 accuse ai prigionieri politici, presentate dal Presidente uscente in seguito all’estallido social. Questo infatti aveva consentito l’arresto e la detenzione di centinaia di prigionieri politici della rivolta grazie alla Ley de Seguridad del Estado. Sebbene importante, questa misura non avrà come effetto immediato la liberazione degli accusati, nè un indulto poichè il problema principale che resta è quello di avere l’approvazione del Parlamento, ma senza dubbio segna già un primo passo.
Tra mediazione e progressismo, quello di Boric si prospetta come un mandato presidenziale non facile ma carico di aspettative sia da parte della popolazione cilena che degli attori internazionali che osservano il Paese.
Dal 2019 ad oggi la strada percorsa dal popolo cileno è stata ardua, ma sembra aver generato quel cambiamento tanto atteso dalla fine della dittatura.
Hasta que la dignidad se haga costumbre, si leggeva sui cartelli alle manifestazioni di 3 anni fa: “Finchè la dignità non diventerà abitudine”. E forse quel traguardo sembra essere arrivato o, almeno, non è più così lontano.