Riceviamo da Nicola Vetrano e volentieri pubblichiamo
Stamattina molti pensieri e ricordi si sono affollati nella mente.
Ho ascoltato un commento finalmente umano di Nico Piro, della Rai, da Rostov sul Don, gloriosa città russa a ridosso della Novorossya, città che, come giustamente lui ricordava, per due volte è caduta nelle mani dei nazisti durante la II Guerra Mondiale. Descriveva la sensazione di smarrimento e dolore della popolazione, a prescindere dalle opinioni diversificate che si avevano sulla guerra e mentre la popolazione della città era soprattutto preoccupata per l’aumento del costo della vita, in campagna, vicino al fronte, i rumori della guerra facevano pensare, a chi non l’aveva vissuta, al terribile ricordo della guerra in casa propria, all’Operazione Barbarossa, della quale noi italiani fummo indegni coautori.
Ho ripensato a Pietro Mennea, alla sua vittoria olimpica allo Stadio Lenin, alla sua amicizia con Borzov che, nei fatti, fu il vero patto di pace popolare tra Italia e Unione Sovietica.
So bene cosa abbia incontrato il corrispondente RAI: 15 anni fa ho ascoltato il racconto della nonnina di Alena in Bielorussia pieno di terribili ricordi. Quando si raccontano cose così, ci si capisce sull’essenziale, come quando si chiama la mamma…
E poi queste cose le ho riviste in Ucraina, a Žytomyr, nelle tante memorie dolorose della guerra, come i settantamila ebrei uccisi sul fiume dentro Kiev anche dal “prode” Stepan Bandera.
Alla fine, in URSS come da noi, nel lungo dopoguerra, battaglie, invasioni, lutti ci sono stati ma lontani dal territorio nazionale ed io, che in Ucraina assistetti ad una straordinaria rappresentazione teatrale su un amore impossibile, nato tra una ragazza del posto ed un soldato tedesco, ho pensato a quanto siamo inadeguati a capire il dolore quando riguarda popoli lontani e qui mi risuonano in mente le parole in francese di Paolo VI all’assemblea ONU, «jamais la guerre», ed invece…
Un’altra immagine vi è venuta a mente, proprio perché ho pensato a come quelle popolazioni davvero ripudino dal profondo la guerra il dispiacere per tutte le persone, ucraine e russe, coinvolte in guerra, che è sempre schifosa, il ricordo di Lena in Belarus che, durante la trasmissione di una gara di pattinaggio o di ginnastica (credo da Sochi 2014, o forse dalle Olimpiadi londinesi del 2012), si entusiasmava per il successo di un’atleta dell’ex URSS, ma non bielorussa… e poi mi disse: «quando vince una di loro, siamo noi, li chiamiamo Nasci, i Nostri, non importa se siano bielorussi, ucraini, kirgizi od altro.» Ecco, Dio fulmini chi questi Nasci ha scientemente diviso, facendoli stare a contatto con il male tremendo fatto.
Per quanto mi riguarda, io sosterrò sempre e solo forze politiche ed azioni pratiche che vadano oltre i blocchi militari e gli schieramenti. Ora la priorità è arrivare al superamento della NATO ed al disarmo nucleare accelerato.
Nicola Vetrano