La vita è fatta di scelte.
Si comincia a scegliere sin da piccoli, decidendo quale sarà la prima parola da pronunciare, ma in quel caso, fra mamma e papà, non c’è partita!
I papà possono solo sperare di arrivare secondi, se non addirittura terzi, dopo cacca, o peggio ancora quarti, dopo nonna, con inevitabile risentimento che si ripercuote sulle già complesse relazioni fra suocera e genero.
Ma, tant’è, la scelta va rispettata.
Con il passare degli anni, dai compagni di giochi scelti dai genitori nella cerchia dei figli degli amici, si passa alla scelta autonoma di chi frequentare; e dall’abbigliamento precisino scelto da mamma, si precipita, attraverso un sessantotto del guardaroba, verso i jeans strappati, modello post-apocalittico.
Alla rivoluzione del vestiario, segue la scelta d’improbabili tagli di capelli, buchi nei lobi delle orecchie, piercing e tatuaggi, che sancisce l’autodeterminazione tipica di chi si avvia a divenire adulto.
Più complessa è invece la scelta degli studi universitari per accedere al mondo del lavoro: una scelta in cui genitori trepidanti invocano l’intercessione divina per l’illuminazione delle menti dei propri figli, con relativa accensione di un cero votivo, dalle dimensioni inversamente proporzionali alla volontà di studiare della futura matricola.
Ma se la possibilità di scegliere un lavoro resta più un augurio che una concreta possibilità, la madre di tutte le scelte è quella più irrazionale e imprevedibile di tutte: quella del cuore.
Innamorarsi, scegliendo proprio quella persona fra tutte le altre, può capitare una o più volte nel corso della vita, perché si sa che al cuor non si comanda e in amore non ci sono ricette o tanto meno regole che valgano in assoluto.
Tranne una.
E guarda caso è anch’essa una scelta: la scelta di scegliersi, reciprocamente, ogni giorno.