I radicali e i referendum

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Inserimento di una scheda nell’urna (Immagine di www.unsplash.com).

Alcune considerazioni a margine delle recenti pronunce della Corte Costituzionale sull’ammissibilità degli otto referendum abrogativi proposti dai leghisti e dai radicali si rendono necessarie per tentare di fare chiarezza soprattutto tra noi semplici spettatori della vita politica nazionale. Il clamore suscitato dalle pronunce, i commenti di opinionisti che sembrano avere conoscenze e competenze sconfinate non fanno che aggiungere confusione in uno scenario già di per sé poco decifrabile.

Particolare attenzione merita il ruolo che i radicali hanno avuto in tutta la vicenda. Partendo dalla fine, le loro accuse alla Corte per aver dichiarato inammissibili i quesiti referendari di maggior interesse popolare, suicidio assistito e cannabis, appaiono pretestuose anche se comprensibili. Le argomentazioni esposte in conferenza stampa dal neo-presidente Amato (che, avendo assunto questa funzione da pochi giorni, non sarà certamente il responsabile unico di scelte tanto contestate) non sono infondate agli occhi di chi è munito di un minimo di coscienza democratica, anche se deludono le aspettative di chi è sensibile alle istanze umanitarie: i due quesiti erano infatti posti in termini imprecisi e la loro ammissione avrebbe caducato, in caso di esito favorevole, norme estranee alle richieste dei proponenti.

L’imperizia nella formulazione dei testi referendari mostra, ancora una volta, una sottovalutazione del quadro normativo su cui regge il nostro pur vacillante assetto democratico, attitudine alla quale i radicali ci hanno abituato da tempo. Vero è che in una recente intervista Emma Bonino e Fabio Cappato hanno attribuito la stesura finale del testo, e quindi le imprecisioni che ne hanno determinato la non ammissione, alla Corte di Cassazione cui la legge demanda il compito di verificare la legittimità della raccolta delle firme e delle delibere regionali, nonché quello di mettere a punto un testo più chiaro possibile. Non le compete invece alcun giudizio di costituzionalità né ha il potere di correggere nella sostanza il quesito referendario: se avesse questa facoltà, dovrebbe restituire il testo rettificato ai proponenti perché raccogliessero nuovamente le firme, visto che il quesito non sarebbe più lo stesso.

Ma i radicali sono stati altrettanto imprudenti sottoscrivendo tutti gli otto quesiti referendari insieme alla Lega, accettando forse di sostenerne anche alcuni poco digeribili. Se poi li condividevano tutti, c’è da essere grati alla Bonino di essersi tirata fuori dalla competizione per il Quirinale: una presidente della Repubblica favorevole alla responsabilità diretta dei magistrati o all’abrogazione della legge Severino e alla separazione delle carriere non rappresenta il primo baluardo a difesa della Costituzione. Non solo: unendosi ai leghisti, i radicali si sono prestati, con i due quesiti di maggiore impatto sull’opinione pubblica, a fare da traino anche a quelli, meno sentiti, sulla giustizia aprendoli alla possibilità di raggiungere un quorum altrimenti remoto. Il tutto, come se non bastasse, ad un prezzo molto alto in termini di coerenza, se si pensa all’entroterra culturale di un Salvini o di un Pillon. 

D’altra parte i radicali, Bonino compresa, non hanno dato l’impressione di possedere sempre l’equilibrio necessario a svolgere funzioni istituzionali: già a partire da Pannella i radicali sono stati un partito “contro”, un antipartito la cui principale aspirazione era ed è rimasta quella di marcare una netta distanza dagli altri partiti. Ben lontani dall’affrontare tematiche economiche, fiscali e occupazionali, rappresentano in qualche maniera gli antenati snob dei grillini. L’istrionismo infatti caratterizza sia la figura di Giacinto Pannella, detto “Marco”, che quella di Beppe Grillo, uniti entrambi dal disprezzo per la partitocrazia ma anche per i partiti tradizionali. Un gesto provocatorio condusse i radicali di Pannella a fare eleggere in Parlamento nel 1987 l’allora celebre pornodiva Ilona Staller, in arte Cicciolina: provocazione che determinò in effetti un’ulteriore caduta di immagine dell’istituzione agli occhi dei cittadini e specialmente di quelli dotati di una più morbosa immaginazione. Tra l’altro la Staller fu una sorpresa perché Nilde Iotti, allora presidente della Camera, ebbe a dire che ii discorso da lei pronunciato era stato uno dei migliori che lei avesse mai ascoltato in aula durante la sua presidenza. Uscita di scena Cicciolina, le cose non sono andate meglio: abbiamo assistito a ben altre manifestazioni di volgarità nelle Camere parlamentari. Non mancarono negli anni successivi, sulla spinta del protagonismo spinto di Pannella, altri gravi sbandamenti da parte dei radicali. Alle elezioni politiche del 1994 i radicali entrarono nelle liste del Polo delle Libertà: vi furono eletti in sei, tra cui Emma Bonino, e sostennero il governo Berlusconi che, a sua volta, propose con successo la Bonino come commissario europeo. Pannella, non eletto, avrebbe avuto un posto nel governo, se non si fossero opposti il Centro Cristiano Democratico e Alleanza Nazionale. Alle politiche del 1996 Pannella non ebbe esitazioni a formare la Lista Pannella-Sgarbi, che puntava sul presidenzialismo e sulla riforma della giustizia.

Insomma la vicenda politica dei radicali è sempre stata ondivaga. Ma anche la sua attività prevalente, la promozione di referendum, non è stata da meno: alcuni di essi sono stati proposti insieme alla Lega Nord, altri con Forza Italia, raramente in cordate che includessero i partiti di sinistra. Tra quelli promossi da soli e quelli in compagnia, i radicali hanno proposto dal 1974 al 2016 ben 42 referendum abrogativi vedendosene confermati dal voto appena 12, mentre i restanti 30 sono stati bocciati o non hanno raggiunto il quorum. Quanto basta per giudicarla una formazione dal bilancio politico in rosso, probabilmente corresponsabile del depotenziamento dello strumento democratico del referendum: se non ne avessero promossi tanti, forse la gente non li diserterebbe. Resta da vedere il livello di disinteresse popolare anche per i cinque quesiti referendari miracolosamente sfuggiti alla scure affilata del Dottor Sottile, sui quali avremo modo di tornare.

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