Il diario dell’inquietudine: 9 febbraio 2022

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Superati in qualche maniera gli stress test dell’elezione di Mattarella e del Festival di Sanremo, abbiamo avuto, grazie a Fabio Fazio, l’opportunità di disintossicarci ascoltando per quasi un’ora il nostro Papa preferito.

Abbiamo assistito ad un colloquio sereno, gestito con intelligenza e garbo da Fazio, che ci ha offerto l’occasione, ove ce ne fosse ancora bisogno, di constatare quanto Bergoglio sia un uomo straordinario, sensibile ed acuto aldilà della missione religiosa cui è stato chiamato. Le sue risposte, la sua apertura totale verso il sociale, la sua tolleranza sono peraltro ormai note a tutti.

Non ci ha dunque sorpresi più di tanto la sua ferma condanna del clericalismo. Sai che piacere per i vescovi e i cardinali in ascolto! Quanti di loro si saranno preoccupati che la messa in stato d’accusa del clericalismo potesse comportare un ridimensionamento delle strutture e delle gerarchie ecclesiastiche, esponendoli al rischio della cassa integrazione? È vero che solo qualche minuto prima il Santo Padre aveva decantato l’importanza del senso dell’umorismo, ma solo pochi prelati si saranno cullati nell’illusione che la sua uscita sul clericalismo fosse solo una battuta.

Soddisfatto per l’attacco al clericalismo ed entusiasta per l’elogio dell’umorismo, sono invece trasalito quando, rientrando in salotto dopo una brevissima assenza, ho sentito Bergoglio pronunciare un convinto invito a “giocare con i bambini”. Ho guardato sconvolto mia moglie che mi ha subito tranquillizzato dicendomi che il Papa si rivolgeva ai genitori e ai loro figli.

Altra piacevole scoperta è stata sapere che Papa Francesco ha imparato molto dalla lettura di Dostoevskij: chi se lo sarebbe mai aspettato! Siamo restati a bocca aperta, ancora più aperta di quando abbiamo appreso, qualche giorno fa, che Vasco Rossi, nel corso di un’intervista concessa al Venerdì di Repubblica, ha confessato di aver letto da giovane tutto Proust, molto Dostoevskij e tanta altra grande letteratura dell’Otto-Novecento. C’è poco da fare: la realtà supera spesso la fantasia.

E, come se non bastasse, il Pontefice ha confermato che, sì, aveva effettivamente ballato il tango. Prudentemente Fazio si è trattenuto dal chiedergli dove, quando, con chi e, soprattutto, “Quante volte figliolo?”, domanda d’obbligo dei confessori nei riguardi degli adolescenti che ammettevano la propria “colpa” e necessaria ai fini della quantificazione della penitenza da comminare.

Alla fine di un’intervista così sincera e spiazzante non ci saremmo sorpresi se Fazio avesse chiesto a Papa Francesco: “Santità, ma lei, in fin dei conti, che ci fa in Vaticano, lì nel Palazzo Apostolico?” Bergoglio gli avrebbe probabilmente risposto con quella punta di benevola malizia che accompagna molte delle sue espressioni: “E infatti ci vado solo quando necessario. Mi sento molto più tranquillo nella Residenza di Santa Marta.”

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