Si eviterà il voto anticipato?

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Palazzo Chigi, sede del Consiglio dei ministri

Il premier Draghi è sostenuto da una maggioranza di governo all’apparenza schiacciante, ma sostenuta da forze politiche pronte a scontrarsi con durezza tra poco più di un anno, alle prossime elezioni, e che ormai sono in piena campagna elettorale, dunque in più o meno aperto conflitto. Può, una tale maggioranza, reggere fino al 2023?

Il rischio di voto anticipato si fonda sulla fragilità dell’attuale scenario presente nei partiti italiani, che esprimono capi politici per conservare il potere, senza una vita democratica interna; per giunta, c’è la partita che riguarda la selezione dei candidati per la prossima legislatura, nominati dai capi con l’attuale legge elettorale: ciò contribuisce a spiegare la lotta senza esclusione di colpi Conte-Di Maio, Salvini-Giorgetti, Letta-correnti del Pd.

Altro evidente segnale di instabilità dell’attuale quadro politico è stato offerto da Berlusconi e dai suoi “centralinisti” che si sono cimentati in una sorta di “campagna elettorale” per il Quirinale, assolutamente indebita in quanto in Italia non esiste il presidenzialismo; siamo ancora una Repubblica parlamentare e il capo dello Stato viene scelto dai rappresentati del popolo. L’azione di Berlusconi è servita, in ultima analisi, a spaccare il fronte politico di Destra e a ridare respiro ai partitini di Centro, ammaliati dal miraggio di un protagonismo d’altri tempi.

In occasione della trascorsa elezione del Presidente della Repubblica, i leader dei partiti hanno dimostrato con i loro indugi e dietrofront di controllare a fatica i gruppi parlamentari, formati da deputati e senatori che, a loro volta, non sono stati scelti dagli elettori ma nominati nelle liste bloccate dai leader che c’erano nel 2018, e che – in buona parte – non saranno rieletti, quindi aspirano ad arrivare al naturale termine della legislatura con gli agognati vitalizi. Ormai i parlamentari non rispondono più agli elettori, che non li scelgono, e non rispondono ai capi politici senza la garanzia di essere ricandidati.

La stessa autocandidatura di Draghi al Quirinale è stato un segnale di forte incertezza nel Governo e si è usciti dall’impasse solo grazie alla rielezione del presidente Mattarella, l’unica scelta capace di congelare lo status quo almeno fino alle elezioni del 2023. La stessa rielezione di Mattarella viene sbandierata da quasi tutti i leader politici come una vittoria, mentre a noi pare un palmare default del sistema politico che non è stato capace di tirare fuori un nome all’altezza della più alta carica dello Stato.

Per giunta, c’è da riflettere su quanto ha scritto Michele Martelli su MicroMega: “Mattarella, certo, non è un pericolo per la Repubblica. Anzi! Ma se tra uno o più anni prevalesse una maggioranza di Cd o di una nuova destra, il vulnus costituzionale non potrebbe allargarsi, e il bis diventare un tris, o un quater, o un quinquies, insomma una nomina a vita? Il primo bis di Napolitano e il secondo di Mattarella potrebbero fare scuola, ma a destra. E la democrazia in crisi degenerare in aperta demokratura. Segnali ce ne sono: dal crescente astensionismo elettorale, segno della sfiducia nell’attuale indecorosa partitocrazia di capi, capetti, nominati e portaborse, alla proposta di FdI sull’elezione diretta del Capo dello Stato”.

Insomma, per dirla con Ennio Flaiano, “la situazione politica in Italia non è seria, ma grave”.

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