In uno degli ultimi giorni dell’anno appena trascorso ho ricevuto la telefonata di una persona che lamentava il fatto che stava girovagando tra centri vaccinali della sua città per praticare la terza dose (booster) di vaccino. Le ho chiesto le ragioni di questo girovagare e lei mi ha riferito che in nessuno dei centri contattati praticavano il Pfizer e, siccome voleva fare solo quello, ha dovuto girare da un capo all’altro della città. Le ho fatto notare che, con una circolare di fine novembre, il Ministero della Salute aveva precisato che per la dose di richiamo si potevano adoperare i vaccini a m-RNA in dosaggi differenti a seconda che si tratti del Comirnaty di Pfizer/BioNTech o dello Spikevax di Moderna; tuttavia lei ha insistito che si sarebbe fatto somministrare solo il Pfizer.
Lo stesso giorno, rientrando a casa, ho ascoltato una conversazione di due donne che per strada camminavano davanti a me: una raccontava all’altra che, pur in presenza di positivi al Covid in famiglia, lei aveva fatto comunque frequentare la scuola al figlio “perché non aveva la febbre e, tanto, chi ti controlla?”
Due episodi che evidenziano, l’uno, la mancanza di puntuale informazione sulle modalità di somministrazione dei vaccini, l’altro, le macroscopiche falle presenti nelle procedure di tracciamento. Al netto della disinformazione e del colpevole disinteresse individuali per le misure essenziali di contenimento della pandemia, episodi del genere dimostrano di quanta poca attenzione e scarso rispetto la Scienza ha goduto in Italia. È abbastanza evidente che la pandemia da Sars-CoV-2 ha mostrato la diffusa e profonda ignoranza di cosa sia la Scienza e di come essa operi. A riprova di questa amara constatazione registriamo il fatto che l’analfabetismo funzionale in Italia rimane a livelli altissimi; lo confermano i dati più attendibili, quelli dell’indagine Piaac-Ocse del 2019, l’ultima disponibile in materia. Il Piaac (Programme for the International Assessment of Adult Competencies) è un programma internazionale finalizzato alla valutazione delle competenze della popolazione adulta, ideato dall’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), che vede la partecipazione di molti Paesi del mondo, tra cui l’Italia. Secondo la classifica, in Italia poco meno del 28% della popolazione tra i 16 e i 65 anni è analfabeta funzionale: uno dei dati peggiori d’Europa, siamo secondi solo alla Turchia.
Ma in cosa consiste l’analfabetismo funzionale? La definizione di analfabetismo funzionale fu formalizzata nel 1984 dall’Unesco e descrive “la condizione di una persona incapace di comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere da testi scritti per intervenire attivamente nella società, per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità”. Quindi, non si tratta tanto di non saper leggere e scrivere, come si intende normalmente; l’analfabetismo funzionale consiste nell’incapacità di comprendere e usare le informazioni che si incontrano nella vita quotidiana, a causa delle non sufficienti abilità nella lettura e comprensione del testo, e nel calcolo. Questi dati sono pure collegati: 1) a quelli, particolarmente elevati in Italia, di quanti non studiano e non lavorano (i cosiddetti NEET – Not in Education, Employment or Training -la quota di popolazione di età compresa tra i 15 e i 29 anni che non è né occupata né inserita in un percorso di istruzione o di formazione); 2) a quelli sull’abbandono scolastico e 3) a quelli sulla scarsità di laureati. Tutti fattori sui quali è urgente agire per ritornare con pieno diritto tra le nazioni più sviluppate.
Infatti, la presenza di un’alta percentuale di analfabeti funzionali tra i lavoratori condiziona negativamente la possibilità di innovazione e la competitività del sistema Paese, perché una persona che non riesce a fare proprie le informazioni che riceve non è neanche capace di elaborarle e migliorare così le proprie capacità. L’analfabeta funzionale ha enormi problemi anche con la tecnologia, al punto da non riuscire a comprendere il testo scritto su una pagina web o ad assimilare le informazioni su come utilizzare internet e le sue potenzialità; un analfabeta funzionale è, quindi, spettatore “passivo” di internet: usa i social, ma non li sa maneggiare a proprio vantaggio, perciò è un utilizzatore passivo.
Purtroppo, per un’autentica inversione di tendenza, non basta il succedersi di autorevoli appelli a “dare ascolto alla Scienza”; da ultimo, il Presidente Mattarella nel suo messaggio di fine anno ha ribadito: «Dobbiamo ricordare … i meriti di chi, fidandosi della scienza e delle istituzioni, ha adottato le precauzioni raccomandate e ha scelto di vaccinarsi … La ricerca e la scienza ci hanno consegnato, molto prima di quanto si potesse sperare, questa opportunità [di avere il vaccino]. Sprecarla è anche un’offesa a chi non l’ha avuta e a chi non riesce oggi ad averla. I vaccini hanno salvato tante migliaia di vite, hanno ridotto di molto – ripeto – la pericolosità della malattia.»
Quanto incide l’analfabetismo funzionale sull’espressione di posizioni no-vax e no green-pass? Rispondere con dati concreti a questa domanda consentirebbe di evidenziare come il nostro sistema educativo nazionale sia da adeguare e rafforzare particolarmente nelle materie scientifiche.
Grazie per gli interessanti spunti di riflessione. L’articolo tocca temi che non definirei attuali ma atavici: affondano le radici nel nostro passato evolutivo. L’inquisizione e la caccia alle streghe e a ogni idea che metteva in discussione l’ordine delle cose, gli untori di manzoniana memoria le scie chimiche e tutti i pittoreschi complotti che circolano nei nostri giorni ci confermano la nostra natura di creduloni e a volte di spietati forcaioli La scienza è giovane le credenze sono nate con noi. Ad aggravare la situazione purtroppo sono anche quelle posizioni contro la scienza, spacciate per difesa della democrazia, anche da chi non può essere considerato un analfabeta funzionale con l’intento, a mio avviso, di screditare la scienza a vantaggio di idee e schemi non facilmente verificabili ma carichi di suggestioni e qui il gioco si fa facile per gli imbonitori e difficile per chi si prodiga per il benessere e la salute degli altri. Come afferma e dimostra S. Pinker nel suo ultimo libro (Razionalità. Una bussola per orientarsi nel mondo) “Intelligenza non significa razionalità”.