Non so quanti lettori di zonagrigia.it siano amanti della musica lirica. Qualcuno di loro avrà certamente seguito la diretta televisiva dell’inaugurazione della stagione del Teatro alla Scala lo scorso 7 dicembre. L’edizione di quest’anno sarà ricordata, più che per la messa in scena discutibile, per i sei minuti di applausi al Presidente Mattarella che, anche nell’occasione, ha negato il bis che gli viene richiesto da mezza Italia. Cessata la marea di applausi ha avuto inizio la rappresentazione del Macbeth di Verdi il quarto atto del quale si apre col coro “O patria oppressa”, intonato dai profughi scozzesi. Citiamo questo brano, abbastanza noto, per ricordare che il concetto di “patria” ricorre più volte nelle opere verdiane: nel celeberrimo coro “Va pensiero” del Nabucco troviamo “o mia patria sì bella e perduta”, rivolto alla Giudea dagli ebrei deportati. Anche nell’Aida la protagonista intona un’aria “O patria mia” che evoca la sua terra d’origine, la lontana Etiopia. Per la verità tutto il melodramma italiano, che si colloca in larga parte anteriormente alla nascita del Regno d’Italia, trabocca di invocazione alla patria o al “patrio suol” che, specialmente nelle intenzioni di Verdi, ma anche di altri autori, aveva un chiaro valore simbolico: si cantava della Giudea, della Scozia, dell’Etiopia ma si pensava alla liberazione dell’Italia dallo “straniero” ed alla sua unificazione.
La “Patria” è dunque un’espressione che ben si attaglia a tutti i casi in cui un popolo, una nazione, subiscono l’affronto di una dominazione o di un’occupazione straniera. Ed altrettanto appropriata risulta nei conflitti bellici come parola d’ordine per animare e motivare le truppe contro il nemico. I conflitti nei quali è stato coinvolto il nostro Paese, dal Risorgimento alla grande guerra e fino al secondo conflitto mondiale, hanno consegnato alla storia schiere di “patrioti”, cioè di eroi caduti in battaglia o sopravvissuti a lunghi anni di prigionia. Altra cosa è invece l’amor di patria che ci accomuna tutti, si spera, ma che non ci promuove allo status di “patrioti”.
La stagione della pace che, miracolosamente, dura da settant’anni, si aprì con la proclamazione della Repubblica fondata sulla Carta Costituzionale nella quale, giustamente, la parola “patria” figura solo due volte: nell’art. 52 (La difesa della patria è sacro dovere dei cittadini) e nell’art. 59 (Il presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cittadini che hanno illustrato la patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario). Questa parsimonia non è accidentale perché, come tutti sanno, la nostra Costituzione democratica privilegia i concetti di nazione, di popolo e di cittadinanza.
Questo lungo ma inevitabile preambolo porta a chiedersi che senso possa avere l’uso della parola “patriota” in un Paese che non soffre da decenni sotto il tallone di un’invasione, che non è minacciato di aggressione e che per giunta ripudia la guerra. Eppure la Meloni va dichiarando che il suo partito darà il voto per la presidenza della repubblica solo a un “patriota”. Cronisti ed intervistatori vari si sono ben guardati dal chiederle cosa intendesse con questo appellativo. Da una sua risposta avremmo potuto innanzitutto sapere se la Meloni ritiene che nessuno dei nostri presidenti emeriti lo sia stato e cosa pensa al riguardo di Sandro Pertini. Hanno poi chiesto alla Meloni come si trova oggi un candidato “patriota” e come si fa a riconoscerlo. Per la Meloni patriota è Berlusconi, con la seguente, irrefutabile motivazione: “Berlusconi è stato mandato a casa dalle consorterie europee perché non firmava trattati poi firmati da Mario Monti, quindi ha difeso l’interesse nazionale assolutamente.” Atto eroico di grande coraggio e di rara generosità!
Ai nostri occhi sono “patrioti” soltanto gli aderenti alle organizzazioni di estrema destra come Forza Nuova, Fiamma tricolore e CasaPound che si autodefiniscono tali, cercando forse un collegamento ideale con i “patrioti” che assaltarono Capitol Hill e che si sarebbero iscritti al Patriot Party immaginato e non ancora costituito da Trump. Altri patrioti non ne vediamo in giro a meno che sotto questa denominazione non si nasconda quella di sovranista, che più corrisponde agli obiettivi strategici della Meloni e di Salvini, ma che è poco opportuno spendere in prossimità delle elezioni presidenziali. Siamo quindi in presenza delle solite astuzie di bassa tattica elettorale: fatto il presidente non ci vorrà molto alla Meloni per dichiarare che il tempo ci dirà se e quanto sarà stato patriota. Naturalmente ci sarà un buon numero non di patrioti ma di italioti [non nel senso storico riferito ai greci residenti nelle antiche colonie italiane ma nel senso dispregiativo che li definisce come italiani che interpretano i difetti nazionali (Corriere della Sera – Dizionario italiano)] ad abboccare entusiasti al nobile ideale della patria.