L’articolo 87 della Costituzione italiana ci dice, al primo comma, che “Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale”. La funzione di rappresentare l’unità nazionale (che va intesa sia nel senso dell’unitarietà dei poteri dello Stato – legislativo, giudiziario ed esecutivo – che in quello dell’intero popolo sovrano e quindi anche delle minoranze) è dunque di primaria importanza. Ciò è confermato dalla particolare ampiezza del consesso che elegge il Presidente, al quale concorrono l’intero Parlamento in seduta comune nonché i delegati delle regioni. L’esigenza di rappresentare al massimo grado possibile l’unità nazionale è poi al centro della procedura elettorale, che richiede una maggioranza qualificata costituita cioè da due terzi dell’assemblea per i primi tre turni mentre soltanto dal quarto turno è sufficiente la maggioranza semplice.
Questo preambolo si rende necessario per chi volesse cimentarsi con un minimo di oggettività nel pronosticare l’esito delle ormai imminenti elezioni presidenziali. La prima domanda da porsi è: ci sono candidati in grado di ottenere il consenso dei due terzi dei votanti? Nella storia repubblicana ce ne sono stati parecchi a partire da De Nicola, Cossiga e Ciampi, eletti già al primo turno. La maggioranza qualificata premiò anche Gronchi, Saragat, Pertini, Scalfaro e Napolitano al suo secondo mandato, ma tutti ben oltre il terzo turno (Scalfaro addirittura al sedicesimo). Lo stesso Mattarella sfiorò la maggioranza dei due terzi ma solo al quarto turno. Segni e Leone, eletti entrambi con poco più del 51%, rappresentavano realmente l’unità del popolo sovrano dal momento che quasi la metà dei suoi rappresentanti non li votarono?
Ma esistono oggi candidati in grado di ottenere già al primo turno questa investitura? Su Draghi sembrerebbe non ci siano dubbi, vista l’ampia ma inedita maggioranza che sostiene il suo governo. All’interno di questa composita maggioranza sappiamo però che esistono disegni politici divergenti: c’è chi lo vuole presidente della Repubblica per far cadere il suo governo e andare ad elezioni anticipate né più e né meno di ciò che chiede l’opposizione, e chi invece lo vorrebbe premier fino al termine della legislatura: gettiamo un velo pietoso sull’ipotesi dilettantesca e incostituzionale lanciata dal bocconiano Giorgetti, che prevedeva un esecutivo “guidato” dal Quirinale. Possiamo dirci dunque sicuri che “nel segreto delle urne” la convergenza proclamata da tutti non venga meno?
Ci sono altri candidati in condizione di raccogliere un consenso qualificato? Al momento c’è chi fa il nome di Emma Bonino benché nella sua lunga carriera politica non abbia dato prova di grande attenzione all’unità nazionale, visto che il suo partito ha quasi sempre cercato l’isolamento: più che “super partes” la Bonino sarebbe “extra partes”, una posizione dalla quale potrebbe tuttavia garantire l’imparzialità. Ma siamo certi che la destra la voterebbe conoscendo la sua conclamata, e benemerita, difesa dei diritti della persona. delle donne e dei migranti? Si fa con una certa insistenza il nome di Casini: sembrerebbe a molti che il suo consenso potrebbe essere molto ampio avendo a lungo militato nelle alleanze di centro destra ed essendo attualmente in Parlamento perché eletto nelle liste del PD. È però alquanto improbabile che i pentastellati possano dare fiducia nella terza repubblica a un personaggio che è l’incarnazione vivente, forse l’unica, sia della prima che della seconda. Tra i papabili si è inserito anche Berlusconi. Anche lui non riuscirebbe però ad ottenere la maggioranza qualificata non potendo neanche lontanamente contare sul consenso dei 5 stelle e delle sinistre. Certo non gli mancano i mezzi di persuasione per arruolare alla sua causa quei parlamentari che temono lo scioglimento anticipato delle Camere e il loro ritorno prematuro alla vita ordinaria. Potrebbe quindi diventare presidente dalla quarta votazione in poi, ma troppi sono i motivi che lo rendono improbabile.
Salvo imprevisti (altre supercandidate o supercandidati tirati fuori come conigli dal cilindro del prestigiatore) è dunque molto probabile che il nuovo presidente venga fuori dopo la terza votazione, grazie a una maggioranza semplice, ben lungi dal farne il rappresentante dell’unità di tutti gli italiani.
Secondo una recente analisi dell’ANSA la situazione è infatti la seguente: «Ai 630 deputati e 320 senatori della XVIII legislatura si aggiungono per comporre il plenum dell’assemblea 58 delegati locali: in ogni Regione saranno scelti due esponenti per la maggioranza e uno per la minoranza, tranne in Valle d’Aosta dove ne sarà scelto soltanto uno. I delegati regionali non sono ancora stati eletti ma, stando a chi ha vinto le elezioni regionali, dovrebbero essere 33 al centrodestra e 24 al centrosinistra. L’elezione del prossimo presidente della Repubblica non si annuncia per niente semplice visto che nessuno dei due schieramenti ha la maggioranza assoluta per eleggere al quarto scrutinio il proprio candidato … Un gran numero di eletti non risponde ad alcuna indicazione di partito ed è difficile darli per certi in un calcolo di maggioranze. Ecco i rapporti di forza, sulla carta, delle varie forze politiche:
CENTRODESTRA: può contare su 451 grandi elettori che fanno riferimento ai partiti dentro la coalizione: 197 sono della Lega, 127 di Fi, 58 di Fdi, 31 di Coraggio Italia-Cambiamo-Idea, 5 di Noi con l’Italia, ai quali si aggiungono i 33 delegati regionali.
CENTROSINISTRA CON M5S: Può contare su 420 voti se si esclude Iv, su 463 se si conteggia anche il partito di Renzi. Il Pd conta 133 grandi elettori (Gualtieri neo sindaco di Roma dovrà optare e quindi forse il suo seggio sarà vacante al momento dell’elezione del Colle), M5s ne ha 233, Leu 18, Azione-+Europa 5, Centro democratico di Bruno Tabacci ha 6 deputati. Questo blocco, ai quali si aggiungono i 24 delegati regionali, più Gianclaudio Bressa, iscritto al gruppo per le Autonomie ma eletto con il Pd, fa quota 420 che diventerebbe 463 se Italia Viva di Matteo Renzi con 43 elettori sostenesse il candidato di centrosinistra.
SENATORI A VITA: Per questa elezione del presidente della Repubblica sono 6.
AUTONOMIE: Il gruppo delle autonomie-minoranze linguistiche conta 4 deputati e 5 senatori, al cui gruppo a Palazzo Madama sono iscritti anche Gianclaudio Bressa (Pd), Pier Ferdinando Casini (Centristi per l’Europa) e i senatori a vita Cattaneo e Napolitano.
GRUPPO MISTO: In questa legislatura il gruppo Misto di Camera e Senato è lievitato e mutato a secondo della nascita di nuove componenti: il gruppo più nutrito è la pattuglia ex M5s di Alternativa C’è che per le votazioni del Quirinale ha 19 grandi elettori, Azione-+Europa-Radicali (5), Centro Democratico (6 deputati), Maie (3 deputati, 3 senatori), FacciamoEco (3 deputati), Nci (5 deputati). Nel Misto al Senato c’è poi LeU (6) e tanti fuoriusciti M5s (24 alla Camera che risultano non iscritti a nessuna componente insieme all’ex Leu Michela Rostan mentre a Palazzo Madama sono nel misto 15 ex M5s, i 3 ex 5s ora Italexit e 1 ex 5s ora Potere al Popolo).»
Secondo molti commentatori politici questa situazione evolverebbe più probabilmente verso l’elezione di un presidente sostenuto principalmente dal centrodestra e dai suoi occasionali alleati. Chi ci possiamo attendere? Molto dipende dal condizionamento proveniente dal “sistema paese” o, se volete, dall’“establishment” che potrebbe pretendere un Capo dello Stato accettabile dall’Unione Europea anche e soprattutto in funzione del PNRR. Ma, ben sapendo che a destra si può diventare europeisti nel giro di 24 ore o, in vista della gestione dei fondi europei, anche in sole 12 ore, possiamo attenderci personaggi come Gianni Letta o la Casellati che, in quanto berlusconiani della prima ora, sono un po’ più europeisti degli esponenti di Lega e FdI. Quanto alla piena rappresentanza dell’unità nazionale, dovremmo in questa ipotesi rinunciarvi. Per quanto attiene all’unità delle istituzioni non possiamo dimenticare che Gianni Letta, già mezzobusto della TV democristiana con riconosciute capacità diplomatiche è rimasto al fianco di Berlusconi durante tutta la sua vicenda politica e giudiziaria senza battere ciglio, mentre la Casellati, ex magistrato, è da sempre una fiera sostenitrice della sua innocenza a prescindere. Quanto al popolo sovrano dovrà accettare un Presidente espressione di parte, eletto peraltro da poco più di una metà di un Parlamento eletto a sua volta dal 73% degli italiani. Non si sentirà, di fatto, rappresentato circa il 75% degli italiani. Certo, l’esercizio della funzione di rappresentanza si sviluppa e si protrae per l’intero settennato e quindi ci sarà tutto il tempo per dimostrare di averla correttamente interpretata. Auguriamocelo qualunque sia l’esito elettorale.