Quel sorriso, con cui lo accoglieva ogni mattina al risveglio, gli metteva addosso un po’ di malinconia.
Anche se gli anni trascorsi insieme erano ormai tanti, continuava a guardarla con quel misto di tristezza e rassegnazione che accompagna tutte le relazioni che si trascinano per inerzia.
Accettarla non era stato facile; poi, con il trascorrere del tempo, ci aveva fatto l’abitudine.
All’inizio c’era stato qualche problema di assestamento, ma l’avevano superato con la reciproca disponibilità ad adattarsi alla situazione.
Avevano dovuto sforzarsi e insieme erano riusciti anche a recuperare la capacità di comunicare chiaramente con gli altri, fino ad allora compromessa dal pudore di parole mal pronunciate.
Più che un rapporto, il loro poteva definirsi un sodalizio, un legame necessario, creatosi quando ormai lui era già anziano.
Tuttavia, l’inesorabile avanzare degli anni continuava a lasciare segni indelebili sull’uno, mentre l’altra manteneva inalterato lo smalto di quando si erano conosciuti; il che costringeva l’uomo a riflettere su quanto stesse diventando vecchio.
Cosi, ancora disteso nel letto, si ritrovava a spiarla, immersa in un’effervescenza che aveva il potere di rigenerarla e restituirle quella freschezza che tanto strideva, invece, con il suo decadimento fisico.
Certo il vantaggio di averla lì, a sua disposizione, gli aveva fatto recuperare il gusto di tante cose di cui, senza il suo aiuto, avrebbe dovuto fare a meno.
Non che volesse tornare a prendere a morsi la vita, non aveva più l’età per farlo, ma qualche piccolo piacere, insieme a lei, poteva ancora assaporarlo.
E non erano mancati i momenti in cui l’aveva sfoggiata per far colpo sui tanti suoi coetanei che gliela invidiavano.
Grazie a lei aveva ritrovato la capacità di sorridere e non perdeva mai l’occasione di farlo in pubblico.
Ma la sera, a casa, prima di andare a letto, quella risata si spegneva ogni volta che, sciolta nell’acqua la pastiglia effervescente, riponeva nel contenitore di vetro la sua dentiera.
Bentornata l’immaginifica ironia di Giovanni Renella